Vigentino
La Rete italiana di cultura popolare opera in tre zone della città di Milano in con il contributo di Fondazione Cariplo.
Progetto
Uno dei territori interessati nel lavoro di attivazione di comunità riguarda il quartiere di Vigentino nel Municipio 5 di Milano. L'indagine del Portale ha sviluppato un dialogo tra gli abitanti dell'Housing sociale 5Square, in collaborazione con Fondazione Housing sociale, e il territorio dell'intero quartiere. Coinvolgendo commercianti, enti pubblici, soggetti del terzo settore, tessuto produttivo, scuole si riattivano le comunità e si mettono in luce le specificità dei luoghi.
Le storie
Ass. Shukran Somalia Onlus
Ass. Shukran Somalia Onlus
Nuurta è nata in Somalia ma vive in Italia da moltissimi anni. Quando è arrivata aveva ventuno anni ed ha subito trovato lavoro in un albergo: “erano tempi diversi anche in Italia – ci dice, era più facile trovare lavoro”. Ha poi sperimentato diversi impieghi, tra cui babysitter, badante e operatrice sanitaria in una casa di cura. Ora lavora come mediatrice culturale e interprete e traduttrice per il tribunale, per cui fa da mediatrice ad alcuni ragazzi rifugiati che non conoscono la lingua, oltre a lavorare come volontaria in un centro di accoglienza.
Da qualche anno Nuurta ha fondato l’associazione “Shukran Somalia Onlus”, che ha partecipato a diversi progetti nazionali con enti no profit come Fondazione Ismu oppure l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, per l’inserimento lavorativo di giovani somali e somale. L’associazione è nata per fornire un sostegno ai rifugiati somali in Italia, sia linguistico che burocratico (ad es. per il disbrigo di pratiche legate al permesso di soggiorno). L’associazione organizza anche delle attività culturali volte a far conoscere la cultura somala, come la Milan Somali Week, che affronta ogni anno un tema di attualità differente e che coinvolge istituzioni pubbliche, scrittori ed altre personalità di rilievo somale – tra cui molte donne- e notiziari internazionali.
Il desiderio di Nuurta è però quello di ampliare il raggio d’azione dell’associazione e promuovere delle iniziative anche in Somalia. La Somalia è un paese devastato da trent’anni di guerra civile. Lei è potuta tornare per la prima volta nel 2013, diciassette anni dopo esser partita per l’Italia, ed ha visto molta povertà: chi non ha soldi non può mandare i figli a scuola e difficilmente può pagare le cure mediche. Così l’associazione ha promosso l’iniziativa “adotta un insegnante”: pagando lo stipendio degli insegnanti, possono garantire la scuola gratuita per una trentina di famiglie povere. Ora Nuurta vorrebbe acquistare un terreno ad una sessantina di kilometri da Mogadiscio, per costruirvi un ospedale con anche un reparto per donne incinte: a differenza della capitale, molti villaggi non hanno infatti né ospedali né scuole.
A Milano l’associazione opera in diversi municipi, anche se è basata alla Casa delle Associazioni in Municipio 5. Si tratta di una bellissima iniziativa – ci dice- perché molte piccole associazioni non possono permettersi di pagare l’affitto e la scarsità di spazi per le attività ricreative e culturali è un problema molto sentito. Il fatto di condividere i locali favorisce inoltre il lavoro in rete e la nascita di iniziative comuni. E’ poi importante riuscire a coinvolgere i giovani nelle iniziative e far vivere il quartiere, un po’ come all’occasione della festa delle associazioni che si tiene ogni anno al parco di Chiesa Rossa. L’associazione Shukran promuove quindi anche diversi momenti di incontro e socializzazione, in cui le persone ballano, cantano, condividono un pasto. Se pensa ad una comunità, Nuurta pensa al paese dove abita, Baranzate: un piccolo paese dove sono presenti oltre settanta etnie. Per creare comunità ci vuole impegno, richiede essere presenti nel quartiere, organizzare delle attività coinvolgendo le persone, anche piccole iniziative di socializzazione. Sempre a Baranzate, l’associazione ha organizzato dei laboratori di cucito per donne che sono stati molto apprezzati e in molte le chiedono quando ne verranno organizzati altri.
Per concludere chiediamo quale consiglio si sentirebbe di dare ai giovani stranieri che arrivano in Italia. “Innanzitutto imparare la lingua e i tuoi diritti”: conoscere la lingua facilita molto, anche nella ricerca del lavoro, e conoscere i propri diritti è importante perché questi non vengano calpestati. Il consiglio è anche quello di mettersi a studiare: lei quando è arrivata ha preso il diploma di operatrice turistica. Avrebbe poi voluto iscriversi all’università ma non era conciliabile con gli impegni lavorativi. Per il futuro, oltre all’impegno per la costruzione di un ospedale in Somalia, Nuurta vorrebbe fare avviare delle iniziative nelle carceri. Ce n’è infatti un gran bisogno, perché molti migranti detenuti non hanno modo di contattare il proprio paese di origine, per cui è fondamentale prendere contatto con i consolati per informare le famiglie, che spesso non hanno notizie di dove si trovino i loro ragazzi.
Raffaella e Ida, referenti del Progetto "Differente non da meno"
Raffaella e Ida, referenti del Progetto "Differente non da meno"
- Vigentino
- IT
- Via dei Guarneri, 21, 20141 Milano MI, Italia
- 02-2024
Raffaella e Ida sono docenti di scuola secondaria di primo grado all’istituto Fabio Filzi e sono referenti di plesso del sostegno e della funzione strumentale dell’inclusione. Hanno scelto questo istituto perché qui viene sperimentato un progetto innovativo per l’inserimento di alunni con autismo e altri disturbi del comportamento, per cui alunni che altrimenti sarebbero difficilmente scolarizzabili altrove, qui possono frequentare l’orario scolastico completo come i compagni. Il progetto si chiama “Differente non da meno” e nasce nel 1999 grazie all’impegno di una loro collega della scuola primaria, per favorire l’inserimento di un bimbo autistico nella scuola primaria dell’Istituto Filzi sito in Via Ravenna.
Il progetto nella scuola secondaria di primo grado dove Raffaella e Ida insegnano, nasce per creare una continuità e garantire che i ragazzi della scuola primaria potessero proseguire il loro percorso di apprendimento con il passaggio alla secondaria.
I ragazzi frequentano la scuola come i compagni, ma dispongono di aule dedicate, in quanto partecipano a diverse attività laboratoriali, di musica, motoria, arte e attività manuali, e nei processi di apprendimento viene favorito l’utilizzo di immagini e supporti tecnologici come delle applicazioni. Gli alunni beneficiano anche di momenti di apprendimento uno a uno, oltre a percorsi volti a stimolare le loro autonomie. Si tratta di un progetto molto ricercato, che poche scuola hanno in Italia. Per questo ricevono molte richieste dalle famiglie, provenienti da tutte le zone di Milano e hinterland , che però non sono in misura di soddisfare, in quanto le classi non possono essere troppo numerose. In molti docenti hanno scelto l’istituto e questo ha permesso di garantire continuità ai ragazzi, per i quali è importante avere figure di riferimento stabili.
L’istituto è anche capofila della una rete “Differente non da meno” volta a condividere le buone prassi: fare rete quando si lavora con le disabilità è infatti fondamentale. Oltre a collaborare con altri istituti, i docenti e gli educatori hanno instaurato una relazione proficua con le famiglie dei ragazzi e gli istituti sportivi e ricreativi da loro frequentati nel doposcuola, perché quando una strategia si rivela funzionale, è importante che venga applicata dall’insieme delle persone che si interfacciano con i ragazzi.
Negli anni l’istituto ha saputo tessere legami con il territorio in cui è situato: in seno al progetto è nata ad esempio l’associazione Fabula Onlus che si è radicata nel quartiere e che può contare su educatori ben formati. Il Comitato Genitori è anche molto attivo – organizza infatti una festa di fine anno che coinvolge tutto il quartiere- e attento ai bambini più fragili, sostenendo ad esempio l’acquisto di materiali. I ragazzi che Raffaella e Ida seguono hanno bisogno di fare molto movimento, per cui attualmente stanno cercando chi possa donare tapis roulant e cyclette, attrezzi a circuito e da palestra. La Dirigente e il consiglio d’istituto sono molto ricettivi rispetto alle istanze da loro portate, motivo per cui preoccupa il ridimensionamento dell’istituto ed un possibile cambio di Dirigenza. E’ infatti previsto che l’istituto venga scorporato e che il plesso dove ci troviamo di Via dei Guarneri venga accorpato ad un altro istituto più piccolo, con conseguenze sul progetto che vede una continuità tra la scuola primaria e quella secondaria, permettendo di seguire i ragazzi con fragilità fino alle superiori. Immaginare di creare il progetto ex novo in un altro istituto non è scontato, perché richiede tempo, risorse umane ed economiche e spazi fisici dove poter svolgere i laboratori dei ragazzi. L’auspicio è quindi che il progetto possa continuare e che arrivino risorse e persone che abbiano voglia di dedicarvisi.
Chiedendo infine come dovrebbe essere la comunità secondo la loro esperienza: “inclusiva, trasparente … e pronta all’ascolto”.
Sbarluccico Laboratorio Artigiano
Sbarluccico Laboratorio Artigiano
- Vigentino
- IT
- Via dei Guarneri, 24, 20141 Milano MI, Italia
- 12-2023
Silvia ha aperto il negozio Sbarluccico in Via dei Guarneri da poco più di un anno. Ha scelto questo posto perché vicino casa -non deve quindi fare lunghi viaggi per andare e tornare da lavoro- e perché è una zona tranquilla, con belle persone. Precedentemente ha fatto diversi lavori: ha lavorato in ufficio come tecnica al merchandising e, dopo una pausa dovuta alla nascita dei suoi figli, ha iniziato a lavorare in un negozio che vendeva componentistica per bigiotteria, dove si è specializzata nelle diverse tecniche e dove teneva dei laboratori.
La bigiotteria è da sempre stata la sua passione, da quando era ragazza. Ora, all’alba dei cinquant’anni, ha coronato il sogno di aprire una sua attività. Oltre ad avere dimestichezza con la gran parte delle tecniche di bigiotteria, ultimamente si è data al cucito da autodidatta: passione che le sta dando delle grandi soddisfazioni con la realizzare di borse artigianali. Oltre a trovare le componenti sfuse per la realizzazione di gioielli, in negozio si può partecipare a dei laboratori di bigiotteria che Silvia tiene su richiesta, come le è capitato recentemente con una mamma e una figlia che hanno realizzato un gioiello assieme. Oltre a ciò, Silvia realizza gioielli su misura, fa restyling di bigiotteria e riparazioni. In occasione delle festività -come Natale, Halloween e Pasqua- ha tenuto diversi corsi per i bambini.
Prima di aprire il negozio qui, Silvia ha frequentato un po’ il quartiere grazie ad un’amica che lavora a scuola e l’ha colpita subito la bella atmosfera. Ora le molte ore passate a lavoro, non le consentono di vivere a pieno il quartiere, anche se le è capitato di fare degli aperitivi nei bar della zona e l’anno scorso ha partecipato alla festa di fine anno della scuola antistante al negozio donando un pacco regalo per la lotteria. La festa ha rappresentato un bel momento che ha coinvolto l’intero quartiere. A parte ciò, apprezza la tranquillità, anche se dove si trova lei non è un punto di passaggio e per il futuro auspica che ci siano più negozi a rallegrare la via. Tuttavia il passaparola sta funzionando molto bene, ed è è stata ben accolta sia dai commercianti vicini che dai clienti, che si sono mostrati contenti che in quartiere abbia aperto un’attività un po’ diversa dal solito.
Il desiderio è che le persone vengano ad acquistare in negozio, che il quartiere rimanga com’è - bello e con persone gentili- e che gli abitanti dei palazzi nuovi si integrino con il resto del quartiere. Che sia quindi una comunità in cui regna l’armonia e unita.
Tiziana
Tiziana
- Vigentino
- IT
- Via Ermanno Wolf Ferrari, 20141 Milano MI, Italia
- 12-2023
Tiziana ha tre figli ed è maestra di scuola primaria. Fin da piccola ha sempre desiderato fare la maestra ed ha iniziato ad insegnare appena finite le superiori. Da studentessa non amava particolarmente l’Italiano, la materia che ora insegna, motivo per cui con i bambini ha un approccio di insegnamento differente ed è contenta che loro non debbano sentire lo stesso imbarazzo che sentiva lei di fronte ad un foglio bianco. Le piace molto insegnare ai bambini e nel suo lavoro si diverte, anche se riconosce che è un mestiere impegnativo, in quanto ci si porta a casa le storie dei bambini e delle loro famiglie, motivo per cui suo marito, scherzando, spesso la rimprovera di avere la testa altrove. Quando ha iniziato, non aveva molta fiducia nelle proprie capacità, mentre ora riconosce il contributo importante che in quanto insegnante può dare alla sua comunità. Da insegnante per lei è importante stimolare le capacità intellettive dei bambini ed accettarli così come sono, nelle loro diverse sfaccettature.
Tiziana abita nel Vigentino dal novanta e del quartiere apprezza il verde e la dimensione da grande paese dove in poco tempo si possono conoscere molte persone. Venire a vivere qui ha quindi capovolto lo stereotipo che descrive Milano come una città chiusa e poco accogliente: specialmente grazie al lavoro a scuola, ha infatti conosciuto molte persone, stretto legami importanti ed è entrata a far parte dell’associazione di genitori della Wolf Ferrari con la compagnia dei “Geniattori”, anche se per poco tempo. Questo è un posto dove, chi vuol dare il proprio contributo, ha l’occasione di farlo e di attivarsi: attualmente stanno infatti organizzando le ramazzate, occasioni in cui si puliscono gli spazi pubblici con sponsor che forniscono gadget ai bambini che partecipano. C’è poi la festa di fine anno della scuola con moltissimi giochi e laboratori che coinvolgono gli abitanti ed i commercianti del quartiere. Ha poi partecipato alla firma del patto di collaborazione sul sentiero della biodiversità, in cui i bambini si sono fatti protagonisti nel reinventare gli spazi in cui vivono. A tal proposito, la principale necessità che era emersa da queste coprogettazioni con i bambini è stata quella di disporre di spazi di ritrovo all’aperto come al chiuso, per quando fa freddo o c’è brutto tempo. Purtroppo, specialmente dopo il Covid, gli spazi della scuola non sono di facile accesso fuori dall’orario scolastico, per cui mancano dei luoghi di aggregazione per i giovanissimi ed i giovani, al di là della scuola, dell’oratorio e dei centri sportivi. Ad esempio, i suoi figli che sono adolescenti si ritrovano sotto i portici del palazzo, generando il malcontento dei condomini. I bar del quartiere infatti ad una certa ora chiudono, per cui gli unici posti in cui ritrovarsi sono gli spazi all’aperto.
Per Tiziana ci vorrebbero quindi degli spazi di aggregazione al chiuso, come una biblioteca, una ludoteca, oppure uno spazio come quello dove ci troviamo, lo spazio comune Living, dove gli adolescenti possano passare del tempo tra di loro sotto la supervisione degli adulti. Guardando questo grande spazio comune, Tiziana immagina anche delle attività ludiche di educazione all’utilizzo degli strumenti grafici per i più o meno piccoli, essendo lei specializzata in educazione al gesto grafico.
Quando invece chiediamo come dovrebbe essere una comunità, Tiziana ci risponde accogliente, empatica e positiva, ovvero capace di valorizzare le proprie risorse. L’augurio per il futuro è perciò che le persone siano più partecipi e capaci di lavorare assieme, in quanto ognuno può fare qualcosa nel suo piccolo. Rispetto invece alle esigenze più sentite, oltre alla mancanza di spazi di aggregazione, Tiziana ritiene che il Vigentino abbia un po’ perso la sua identità: prima vi era infatti la festa del tartufo che si teneva in autunno e primavera in via Ripamonti ed era molto partecipata. L’impressione è quindi che il quartiere stia diventando un po’ un dormitorio, in cui si costruiscono nuovi palazzi ma per fare delle attività bisogna spostarsi altrove. A tal proposito questo grande spazio comune per le attività fa molto ben sperare.
Casa delle Associazioni e del Volontariato
Casa delle Associazioni e del Volontariato
Andiamo alla Casa delle Associazioni e del Volontariato situata a Gratosoglio, nel Municipio 5. Troviamo un ambiente familiare ed accogliente, con una biblioteca, un salottino e diverse sale polifunzionali.
Le Case delle Associazioni sono realtà aperte a tutta la cittadinanza, luoghi dove incontrarsi, fare rete e sviluppare progettualità condivise. Nella loro idea originaria, le Case sono state pensate per fornire degli spazi gratuiti per le tante associazioni di quartiere che non dispongono di una sede fisica e non hanno luoghi dove incontrarsi. Nel tempo, le Case sono diventate luoghi dove anche i cittadini attivi possono mettersi a disposizione della cittadinanza, valorizzando i loro saperi. E’ il caso di molti pensionati che si sono proposti di tenere attività e laboratori gratuiti, fornendo un servizio agli altri e a loro stessi, in quanto si sa che il volontariato fa bene innanzitutto a chi lo fa! Attualmente sono ottantasette le associazioni iscritte alla Casa e che a rotazione usufruiscono degli spazi. Tra le attività a cui è possibile partecipare, ci vengono menzionati corsi di ballo (liscio, mazurca, tango, balli caraibici e balli etnici), corsi sportivi (yoga, ginnastica dolce), corsi di arte terapia, corsi di informatica, doposcuola per ragazzi provenienti da famiglie fragili e laboratori di lingua italiana dove poter fare pratica per le situazioni del quotidiano. Diverse sono poi le iniziative volte a creare integrazione, come i laboratori di cucina dal mondo, in cui si prepara il cibo e poi, una volta cotto, lo si consuma assieme. Tra i servizi offerti, vi è il sostegno ad adulti con fragilità psichiatrica ed uno sportello di sostegno psicologico per familiari e persone affetti da Alzheimer.
La Casa è aperta tutti i giorni, anche al di fuori degli orari d’ufficio, in quanto viene data la possibilità alle associazioni che firmano il patto di collaborazione di usufruire in autonomia degli spazi, nel rispetto delle regole del condominio dove ci troviamo. Chiediamo perché la Casa sia situata qui a Gratosoglio e ci viene detto che lo spazio era ideale e, diversamente da altri che necessitavano di ristrutturazioni per essere fruibili, questo è potuto essere attivato in breve tempo. Diverse iniziative, come Prendiamoci cura della Casa, coinvolgono i cittadini e le associazioni nel prendersi cura del luogo, ritinteggiando i locali e personalizzando gli spazi.
Rispetto al quartiere, Gratosoglio è molto popoloso, quasi una piccola città nella città. Tra le criticità, ci vengono menzionate la mancanza di spazi di aggregazione come questo e la difficoltà nel coinvolgere le persone in periferie come questa, dove alcune famiglie vivono in una situazione di disagio economico e “non hanno tempo” per partecipare alle attività. Fortunatamente loro possono contare su di un numero cospicuo di associazioni con un forte legame con il territorio e con le molteplici comunità straniere presenti in quartiere. L’auspicio per il futuro sarebbe quello di farsi maggiormente conoscere: il Comune investe già delle risorse nella comunicazione ma il passaparola rimane la migliore pubblicità.
Samuele
Samuele
- Vigentino
- IT
- Via Ermanno Wolf Ferrari, 20141 Milano MI, Italia
- 12-2023
Samuele è stato un quadro funzionario per Regione Lombardia. Attualmente in pensione, è attivo con diverse associazioni di volontariato, tra cui Quei del Tredesin, Auser e Anteas. Con Quei del Tredesin ha curato un progetto, in convenzione con il Comune, per la realizzazione di orti all’interno delle scuole, tra le quali anche quelle del quartier Vigentino. Si tratta di un momento laboratoriale all’area aperta molto apprezzato dai bambini, un momento di educazione ambientale a contatto con la natura. Con Anteas e Auser invece partecipa ad un’iniziativa di pedibus per cui lui e quella che definisce “una banda di nonni e nonne” accompagnano i bambini all’ingresso di scuola e li vanno a prendere all’uscita. In questo modo offrono alle famiglie un servizio sociale completamente gratuito, oltre a trarne beneficio loro stessi. Molti sono infatti i nonni che si sono mostrati grati di questa esperienza perché permette loro di essere a contatto con i più giovani e di tenersi aggiornati sui tempi che cambiano. Con Anteas hanno anche un’attività nelle scuole in cui raccontano delle favole ai bambini in occasione delle feste natalizie e pasquali, secondo un tema che viene scelto annualmente: quest’anno il tema era quello della diversità e delle disuguaglianze.
Nel Vigentino Samuele frequenta le scuole per l’attività degli orti ed ha tenuto degli incontri nelle classi di sensibilizzazione sulla raccolta differenziata. Sorridendo ci dice di avere poi avuto un feedback da un genitore che si è lamentato scherzando in quanto i bambini adesso sono molto ligi nel fare la raccolta differenziata a casa. Quest’esperienza gli ha dato quindi la convinzione che se si fa educazione ambientale con i bambini, questi assimilano facilmente i contenuti.
Il quartiere Vigentino sta molto cambiando, con progetti di riqualificazione come quello di scalo romana o come quello che prevede il rifacimento dello spazio antestante alla chiesa di Sant’Andrea, con un giardino dove zia Carla potrà sedersi a “ciacolare” con le amiche finita la messa. Samuele ritiene che l’esigenza più grande per il quartiere sia quella di avere delle strutture ricreative e formative per i giovani, oltre alle scuole e agli oratori.
Rispetto alla comunità, Samuele ritiene che debba innanzitutto saper integrare. I bambini di adesso crescono in ambienti multiculturali e con una mentalità diversa dagli adulti della sua generazione. Samuele ricorda anche con piacere un evento in Via Bligny in cui, all’interno di un condominio, è stata organizzata una festa in cui ognuno portava un piatto del proprio paese e tutti i continenti erano rappresentati. Si è trattato di un bel momento ricreativo di incontro tra culture. In questa comunità inclusiva anche i nonni come lui possono dare un loro contributo, trasmettendo i loro saperi ai più giovani. Tuttavia, dice Samuele, non tutti i nonni hanno le energie per dare, in quanto i più han bisogno di assistenza perché con l’età si diventa fragili.
L’augurio per il futuro è che si intensifichino i momenti di dialogo, integrazione e accoglienza, “perché ne abbiamo bisogno tutti, per sentirci più umani”. Il desiderio è anche quello di vivere una vita piena al di là dell’affanno per il lavoro e dei problemi economici che attanagliano le molte famiglie che non arrivano a fine mese.
Leclò Style Parrucchiere & Bar Angolo 24
Leclò Style Parrucchiere & Bar Angolo 24
- Vigentino
- IT
- Via dei Guarneri, 24, 20141 Milano MI, Italia
- 12-2023
Salvatore e Letizia sono proprietari del bar Angolo 24 e del parrucchiere e centro estetico Leclò Style, situati in Via dei Guarneri. Salvatore è arrivato in quartiere nel 2001 mentre Letizia è nata e cresciuta nel Vigentino, motivo per cui hanno deciso di stabilire la loro attività qui. Il quartiere è cambiato moltissimo negli anni: quando è arrivato Salvatore qui era tutta campagna, non c’erano questi palazzi e anche attorno alla chiesa c’era solo prato. Tempo fa questo era un quartiere non molto sicuro, poi negli anni la zona si è molto rivalutata, anche se recentemente è tornato un po’ di degrado.
Nonostante le nuove costruzioni, è rimasta la dimensione da grande paese ed è quello che a Salvatore piace di più: ci si conosce un po’ tutti e anche lui che vive qui da pochi anni, in poco tempo ha conosciuto molte persone. Non è quindi un quartiere dormitorio, ma un quartiere di persone che vivono i luoghi anche di giorno, forse in ragione dell’età media degli abitanti che è abbastanza elevata. E’ anche un posto ricco di servizi: molte sono le scuole – nidi, asili, elementari e medie, ci sono supermercati, ed in poche fermate di tram si arriva in centro. Più che immaginare cose nuove, ci sarebbe quindi da migliorare quello che già c’è nel quartiere: le aree giochi per bambini e le aree cani, un po’ trascurate, le piste ciclabili, … sarebbe bello tornassero anche i vigili di quartiere che ora non girano più e che contribuirebbero a migliorare la sicurezza.
Salvatore ricorda con nostalgia le vecchie sagre del tartufo che si facevano in Via Ripamonti: momenti di convivialità, occasioni di incontro in cui si scambiavano due chiacchiere anche con i vicini di casa con cui generalmente si parla poco. Fare comunità è questo: divertirsi assieme, organizzare dei momenti ludici in cui si mette da parte la politica, che invece divide le persone.
Per il futuro Salvatore auspica la salute ed il lavoro. I negozi di quartiere come il suo sono fondamentali in una comunità, in quanto svolgono un ruolo sociale che le grandi superfici commerciali, per quanto ricche di offerta a buon prezzo, non fanno. Un esempio è stato durante il Covid, quando i suoi clienti, con cui ha instaurato un rapporto personale, gli inviavano le ordinazioni su WhatsApp che lui, munito di mascherina, andava a consegnare a domicilio.
Cooperativa Lo Scrigno & QuBì Gratosoglio
Cooperativa Lo Scrigno & QuBì Gratosoglio
Elena è educatrice e coordinatrice socio-pedagogica per la Cooperativa Lo Scrigno, che da oltre vent’anni opera nel quartiere di Gratosoglio con progetti per giovani, bambini, adulti ed anziani. Tra le iniziative della cooperativa, vi sono infatti dei centri di aggregazione per ragazzi delle medie e delle superiori, progetti di socializzazione per mamme con bambini, attività di doposcuola, progetti di assistenza domiciliare per minori, oltre ad attività di assistenza sanitaria e sociale domiciliare per anziani e disabili. Recentemente la sede della Cooperativa ospita al suo interno uno Spazio WeMi: uno sportello attivo quindici ore a settimana che rappresenta un interfaccia del Comune sul territorio, in quanto fornisce supporto nel disbrigo di pratiche amministrative ed orientamento ai servizi del territorio. Oltre al presidio fisico, uno spazio accogliente allestito visivamente secondo il format degli spazi WeMi, il servizio è attivo anche con uno sportello online. Gli spazi WeMi offrono inoltre la possibilità di sviluppare dei servizi condivisi sulla base delle esigenze della cittadinanza, come ad esempio dei doposcuola a prezzo calmierato.
La Cooperativa Lo Scrigno fa anche parte della rete QuBì, un’iniziativa nata qualche anno fa con il contributo di Fondazione Cariplo ed algtre Fondazioni del territorio, per fornire sostegno ai minori in situazione di povertà con proposte educative e socializzanti, oltre a promuovere sistemi integrati di presa in carico dei beneficiari e realizzare azioni specifiche di contrasto alla povertà alimentare. Elena è la referente per la rete QuBì Gratosoglio da cinque anni e si occupa quindi di promuovere le sinergie tra le diverse realtà che si occupano di contrasto alla povertà infantile, come i centri di ascolto, le società sportive, gli enti del terzo settore, i comitati genitori, gli operatori sociali.
Il Municipio 5 tiene da diversi anni dei momenti di confronto tra associazioni e gruppi informali di cittadini, con un Tavolo Territoriale che si svolge una volta al mese e che si organizza in diversi sottotavoli tematici, come il tavolo minori, il tavolo disabilità, il tavolo lavoro, il tavolo delle pari opportunità ed il tavolo povertà che Elena coordina. Il tavolo povertà , tavolo storico del Municipio, si riunisce anch’esso con cadenza mensile, al fine di scambiarsi informazioni sulle risorse del territorio, condividere delle chiavi di lettura sulla povertà e far nascere nuove progettualità condivise. Il Municipio mette inoltre in campo delle risorse materiali, come delle tessere cultura e delle tessere per la spesa, che le realtà aderenti al tavolo distribuiscono poi sul territorio a seconda dei bisogni.
Rispetto al quartiere, Elena apprezza la presenza di servizi e scuole, le aree pedonali e le aree verdi, oltre alla ricchezza di iniziative locali. Vi sono ad esempio diversi presidi educativi e sociali, come un centro per anziani, mentre ci sarebbe bisogno di maggiori proposte per i giovani: il doposcuola ad esempio, è un bisogno molto sentito e per il quale ci sono lunghe liste d’attesa. Nonostante la ricchezza di proposte, quello di Gratosoglio è un quartiere in cui il decoro urbano è peggiorato negli ultimi anni e in cui la percezione della sicurezza ha portato le famiglie a chiudersi negli spazi privati. E’ un quartiere molto popoloso, con un buon numero di case popolari di edilizia pubblica e con una parte della popolazione che vive una situazione di fragilità. Per questo diventa ancor più fondamentale saper lavorare in rete, ottimizzare le risorse evitando sovrapposizioni di proposte e, soprattutto, costruire delle progettualità che abbiano una continuità nel tempo.
Secondo Elena, in una comunità è importante che ci siano dei riferimenti anche informali, come dei professionisti che possano ascoltare e orientare le persone più fragili, e che questi riferimenti garantiscano una continuità, cosa non sempre possibile nel settore sociale.
Chiudiamo la nostra chiacchierata con un auspicio: quello che rimanga tra i cittadini e le associazioni una sensibilità per le fragilità e che si continui a lavorare in rete, in quanto l’unione fa la forza e soltanto assieme si può superare il sentimento di solitudine e impotenza di fronte alle tante difficoltà portate dai cittadini. Rispetto al luogo in cui ci troviamo, si tratta di uno spazio molto amplio e polifunzionale, che potrebbe offrire molte possibilità alle diverse fasce d’età.
Roberta
Roberta
- Vigentino
- IT
- Via Ermanno Wolf Ferrari, 20141 Milano MI, Italia
- 12-2023
Roberta è insegnante di religione nei tre plessi scolastici di Via Wolf Ferrari, Via Toscanini e Via Ravenna. Negli anni passati lei ed altre maestre sono state molto attive in iniziative di contrasto alla dispersione scolastica a Vaiano Valle, dove erano presenti famiglie in condizione di grande fragilità, senza patente o macchina, che avevano difficoltà ad accompagnare i loro bambini a scuola con percorsi in sicurezza. L’iniziativa “costruiamo un ponte” si riproponeva quindi di costruire un “ponte” per far arrivare i bambini a scuola attraverso il parco della Vettabbia. L’idea di costruire un percorso attraverso il parco, che collegasse anche i tre plessi scolastici, è nata dal progetto del “giardino dei desideri”, co-creato con Spazio Pensiero nell’ambito dell’iniziativa La città intorno finanziato da Fondazione Cariplo. Questo progetto prevedeva uscite didattiche nel quartiere e l’individuazione di luoghi che necessitavano di cura, luoghi da rigenerare. I bambini hanno scelto il parchetto antistante al plesso di Via Ravenna, molto frequentato, provando a re-immaginarlo. Con la scuola sono stati fatti dei piccoli interventi nel giardino, che poi però sono stati oggetto di diversi atti vandalici volti a danneggiare i giochi, il canestro, i murales, la recinzione … ed ogni volta i bambini venivano coinvolti in azioni collettive volte a risistemare i danni, accompagnati dagli adulti. Si è trattato di una vera prova di educazione alla non violenza, in cui i bambini hanno appreso a reagire in modo costruttivo, lavorando assieme. Rispetto invece alla seconda iniziativa ideata dai bambini, l’idea di un percorso nel verde che unisse i plessi attraverso la Vettabbia, si è arrivati alla firma di un patto di collaborazione con diverse associazioni ed il Comune, che si impegnava ad aprire una recinzione perché i bambini non dovessero camminare sul ciglio della strada e mettere sicurezza un vecchio ponte: azioni che necessitano di un finanziamento e per cui si sta cercando uno sponsor che abbia interesse per la cura del verde pubblico. Con alcune classi pilota hanno iniziato a fare eventi con altre associazioni volti a vivere il parco, con iniziative come la piantumazione di fiori e di grano, la costituzione di un pollaio sociale che permette di adottare delle galline e azioni di pulizia.
L’idea del percorso era nata anche dalla necessità di facilitare l’accesso a scuola delle famiglie del campo rom di Vaiano Valle, col fine di contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, problema molto sentito in questa zona. In pandemia è poi caduto un ulteriore filtro tra le famiglie e la scuola, in quanto Roberta ed altre insegnanti si son trovate a recarsi fisicamente al campo, facendo porta a porta per distribuire tablet ed altro materiale didattico. In quell’occasione, caffè dopo caffè, hanno avuto modo di conoscere meglio le famiglie ed instaurare un rapporto di fiducia con loro. Così si sono accorte di altri bisogni che necessitavano di risposte, come la necessità di una mediazione linguistica e culturale, per cui loro insegnanti si sono trovate a leggere insieme dei documenti che allora riguardavano la possibilità, offerta dal Ministero, di un ricollocamento dei bambini con i loro nuclei familiari in delle case, cosa che poi è avvenuta. Roberta è stata poi referente per l’intercultura e la dispersione scolastica per diverse anni e, lavorando in molte classi, ha avuto modo di ricompattare il corpo docenti e fare gruppo, per cui, nell’affrontare i temi della grave marginalità, si è sentita supportata dalla scuola, oltre che dalle istituzioni e dalla Caritas per cui è volontaria.
Da questa esperienza Roberta ha appreso l’importanza che i bambini si approprino del proprio quartiere, conoscendolo e vivendolo. L’istituto scolastico ha poi il vantaggio di essere situato in prossimità del verde, un luogo di frontiera fra città e campagna. Rispetto al parco della Vettabbia, è un luogo di cui la cittadinanza si sta riappropriando pian piano, con le famiglie che ora portano qui i bambini e diverse associazioni che presidiano il territorio. Questo ha fatto sì che siano calati in questi ultimi tempi gli sversamenti di rifiuti.
Rispetto all’idea di comunità che ha Roberta, questa dovrebbe essere formata da adulti autorevoli ed educanti, oltre ad essere aperta, interculturale e sufficientemente eterogenea, perché nella diversità si possono trovare soluzioni innovative a problemi complessi. Nella comunità la scuola ha un ruolo centrale, in quanto unisce le persone attorno ad un interesse comune, quale il bene supremo del bambino, e rappresenta il primo presidio educativo e di legalità. L’auspicio per il futuro è che possa essere completato il percorso nel parco e che si trovi una soluzione creativa che tenga uniti i tre plessi di Wolf Ferrari, Toscanini e Ravenna in seguito alla recente riorganizzazione scolastica che prevede la separazione dei tre plessi con l’accorpamento a due istituti scolastici differenti.
Consigliera Delegata alle Pari opportunità per il Municipio 5
Consigliera Delegata alle Pari opportunità per il Municipio 5
- Vigentino
- IT
- Viale Tibaldi, 20136 Milano MI, Italia
- 11-2023
Stefania è nata e cresciuta nel Quartiere Vigentino e da due anni è Consigliera Delegata alle Pari Opportunità per il Municipio 5. Segue quindi il Centro Milano Donna sito in Via Savoia, che definisce un presidio di empowerment femminile, un luogo per le donne e delle donne, una “casa” aperta alle donne che propone servizi di accoglienza e orientamento, occasioni di incontro e socializzazione, iniziative, corsi di formazione rivolti a donne di tutte le età. Per quanto riguarda il reinserimento nel mercato del lavoro, il Municipio 5 ha attivo anche lo Sportello Rete Lavoro Cinque, che si rivolge a quanti, donne e non, abbiano difficoltà ad orientarsi nella ricerca del lavoro, rappresentando un punto di accoglienza in grado di seguire le persone e riorientarle sul territorio con l’organizzazione di diversi colloqui individuali. Presso la sede del Municipio in Viale Tibaldi è anche attivo lo Sportello Aiuto Donna, uno sportello che si rivolge alle donne vittime di violenza e che lavora in rete con i diversi Centri Antiviolenza della rete antiviolenza del Comune di Milano.
Il Municipio 5 è quindi un territorio ricco di iniziative volte a promuovere il lavoro in rete con i diversi servizi e associazioni del territorio. Ne è un esempio il Tavolo Territoriale, un tavolo di politiche sociali a cui afferiscono tutte le associazioni del Municipio 5 che si occupano di diverse fragilità: dalle povertà, agli anziani, ai minori, alle persone con disabilità e problemi di salute mentale, alle pari opportunità. In questo il Municipio 5 rappresenta un modello: per la ricchezza di associazioni, ma anche per la collaborazione instaurata tra associazioni e istituzioni, di cui l’efficacia del Tavolo Territoriale ne è un esempio. Nel tempo il Tavolo Territoriale si è poi suddiviso in diversi sotto-tavoli che trattano tematiche specifiche, come la salute mentale, il lavoro, i disturbi del comportamento alimentare, etc. I Tavoli rappresentano quindi un luogo dove far rete e far nascere delle nuove idee e dei nuovi progetti condivisi.
Il Vigentino è un quartiere in forte evoluzione ed espansione, anche chiamato “South Pra”, il quartiere a Sud di Fondazione Prada. Stanno nascendo infatti nuovi insediamenti, come quelli in Via Antegnati e in Via Amidani: delle concezioni di urbanistica comunitaria dove si condividono esperienze e competenze. Trattandosi però di un quartiere in espansione, bisognerà pensare a nuovi servizi: come scuole, centri di aggregazione e centri polifunzionali. Del Vigentino Stefania ha sempre apprezzato l’abbondanza degli spazi verdi e la sua vicinanza al centro, qualità che lo rendono un quartiere vivibile e perciò abitato da molte famiglie: qui infatti è meno sentito che altrove il problema del calo delle nascite. E’ anche un quartiere abitato dai tanti nonni che si occupano dei propri nipoti e si attivano anche nelle attività extrascolastiche organizzate dalle scuole dell’infanzia, elementari e medie, presenti qui. E’ quindi un quartiere residenziale, abitato da lavoratori e lavoratrici, e questo spiega forse perché il Vigentino sia meno ricco di associazioni di altri quartieri del Municipio 5, in quanto le associazioni nascono laddove vi sono delle fragilità con l’obiettivo di rispondere a determinati problemi. Nel Vigentino gravitano diverse associazioni legate al mondo della scuola ed associazioni sportive, oltre all’oratorio della Madonna di Fatima che è molto attivo in quartiere e organizza diverse attività di doposcuola.
Chiudendo con un auspicio per il futuro, Stefania si augura che le persone si investano maggiormente per migliorare il proprio quartiere e che emerga ancora di più la cittadinanza attiva che è in noi.
Lavanderia e Sartoria Maria
Lavanderia e Sartoria Maria
- Vigentino
- RO
- Via dei Guarneri, 24, 20141 Milano MI, Italia
- 11-2023
Maria gestisce una lavanderia e sartoria situata in Via dei Guarneri, nel Vigentino, da otto anni. Tuttavia Maria abita nel Vigentino da molto più tempo: nata in Romania e poi arrivata in Italia dal 2004, è sempre vissuta in questa zona. Qualche mese fa ha avuto la possibilità di avere un appartamento a canone concordato nel complesso residenziale di 5Square, dove si è trasferita ed abita attualmente. Maria è a conoscenza delle diverse iniziative promosse dagli abitanti – si tratta infatti di un complesso dove si promuovono forme di abitare collaborativo- anche se ha avuto modo di partecipare solo ad un’attività sportiva nella palestra comune. E’ tuttavia inserita in una chat di condominio e questa settimana parteciperà ad un aperitivo di scala per conoscere i suoi vicini. Alcuni dei suoi vicini li ha conosciuti qui in lavanderia: il suo è infatti un negozio conosciuto in quartiere ed abbastanza frequentato.
In questi anni il Vigentino si è ampliato con nuovi stabilimenti, pur avendo mantenuto una dimensione da piccolo paese. E’ infatti rimasto un posto tranquillo e la tranquillità è un aspetto che Maria apprezza molto del quartiere e che lo contraddistingue, ad esempio, da quello in cui viveva prima di venire qui e che invece definisce molto affollato. Vede poi che ci sono diverse iniziative promosse in zona (di fronte a noi c’è infatti la scuola media), anche se, essendo sola in negozio, lavora molto e non ha tempo per partecipare. Quando ha del tempo libero preferisce poi spostarsi in altre zone per fare nuove conoscenze, vivendo ed abitando nello stesso quartiere.
Rispetto alla sua attività, le piace la relazione personale che ha instaurato con i suoi clienti: li chiama infatti per nome e li conosce tutti, diversamente da quanto succede ad esempio nelle grandi superfici commerciali. L’auspicio per la sua attività è quello di poter sviluppare il suo progetto personale, ampliando la parte di sartoria, e di pubblicizzare meglio la sua attività. Spera anche che gli affitti della zona si abbassino: sono infatti molto alti, per cui diventa difficile sopravvivere per i piccoli commercianti. Fortunatamente dove vive beneficia di un canone calmierato, per cui spera che lì il costo degli affitti rimanga lo stesso in futuro. Per quanto riguarda la comunità che si sta creando a 5Square invece, vede che gli abitanti sono molto propositivi ed apprezza molto questa idea di abitare collaborativo che per lei rappresenta una novità.
Bruno
Bruno
- Vigentino
- IT
- Via Antegnati, 7, 20141 Milano MI, Italia
- 11-2023
Bruno ha 50 anni e vive all’interno della Comunità di Progetto Persona da più di un anno. L’impatto con il nuovo contesto di 5Square è stato per Bruno positivo e piacevole, e anche con gli altri membri della comunità dice di trovarsi bene.
Bruno è originario del Vigentino quindi conosce bene il quartiere, di cui apprezza la ricchezza di servizi di prossimità. Dopo che il papà è mancato e la mamma ha cambiato casa si è trasferito nella comunità di Via Bazzi. Prima dell’invio in comunità, racconta Bruno, usciva e si muoveva in autonomia: esperienza questa che gli piacerebbe riprendere.
In passato ha svolto corsi da elettricista, percorsi formativi specializzati nel restauro di mobili e un tirocinio presso il Bar Micrò vicino alla Biblioteca Chiesa Rossa. Accanto alla passione per attività manuali e artigianali, Bruno custodisce svariati interessi: ama uscire, passeggiare e ogni tanto fare un salto in qualche bar di Via Ripamonti. È un grande fruitore di cinema e musica. Tra i suoi attori preferiti ci sono Lino Banfi (nel commissario Logatto), Renato Pozzetto, Carlo Verdone, Paolo Villaggio, Gerry Calà, Bud Spencer e Terrence Hill. Per quanto riguarda la musica, è molto affezionato ai dispositivi analogici che conserva in cantina, come dischi, cassette e compact disc: il suo cantante preferito è Celentano.
Per Bruno il senso di comunità si esprime nello stare insieme ad altre persone: interessante e complesso l’equilibrio tra condivisione con gli altri e autonomia individuale.
Nello Spazio Living di via Antegnati 7 Bruno immagina che parteciperebbe volentieri ad eventi e laboratori centrati sulla musica e sul ballo.
Per il futuro desidera un lavoro, una casa propria e un maggiore senso di libertà.
Ass. Baia del Re
Ass. Baia del Re
Andrea ha 58 anni ed è un maestro elementare. Specializzato in filosofia e da sempre impegnato nel mondo del volontariato, si occupa di immigrazione, lotte e diritti attraverso il lavoro con adulti e bambini. Vive da più di vent’anni nel quartiere Stadera e circa sei anni fa, dopo diverse esperienze all’estero, rientrando a Milano ha conosciuto e collabora tutt'oggi con il collettivo che sarebbe poi diventato l’Associazione Baia del Re.
La Baia del Re nel quartiere Stadera è un’associazione che, attraverso il lavoro dei volontari, offre alla zona una vasta proposta di attività e che (a partire anche da un tesseramento annuale di 10 euro, oltre ad altre iniziative) cerca di autofinanziarsi. Tra le attività:
- Il lunedì mattina il SICET seguito da Veronica, un importante riferimento del quartiere che aiuta gli abitanti con burocrazia, Isee e liste d’attesa per le case popolari
- Il martedì e il venerdì il DOPOSCUOLA con ragazzini delle medie e delle elementari
- Il lunedì e il giovedì SCUOLA DI ITALIANO per stranieri
- Il martedì mattina SCUOLA DI ITALIANO solo per donne
Durante l’anno vengono organizzate e proposte feste, uscite e attività non solo con i ragazzi ma anche con le loro famiglie e con gli istituti scolastici del quartiere, per garantire un lavoro di continuità educativa e relazionale che favorisca partecipazione, accoglienza ed inclusività. Un esempio riuscito di questo lavoro di rete con il quartiere è il rapporto ormai consolidatosi con un gruppo della comunità filippina che spesso utilizza lo spazio della sede e si è prodigato anche per la sua ristrutturazione, diventando un esempio positivo di mutuo scambio e condivisione.
Il quartiere Stadera si caratterizza come un contesto multiculturale, con numerose famiglie provenienti da Egitto, Bangladesh, Tunisia, Marocco, etc. In linea generale Andrea rintraccia tra gli abitanti grande solarità, disponibilità e gratitudine, insieme anche ad un bagaglio di ansie burocratiche spesso imperanti nelle istanze quotidiane delle famiglie.
Tra gli aspetti di fragilità identifica la mancanza di spazi aggregativi e condominiali (che consentano ai bambini del quartiere di giocare con sicurezza e spontaneità), un diffuso atteggiamento di trascuratezza e abbandono degli spazi comuni urbanistici e una parziale povertà culturale. In questo senso assume un valore ancora più significativo il tentativo dell’Associazione di coinvolgere i ragazzi e le famiglie in attività culturali e didattiche dentro e fuori dalla città perché, dice Andrea, <<uscire dal quartiere è salute>>, incentivando un’appartenenza al mondo e non solo ai propri confini personali. Alimentare quindi il senso di comunità sfidando le iniziali resistenze e timidezze, con la consapevolezza che si tratta di un processo in cui più che i luoghi, sono i tempi a fare la differenza. Già in passato la comunità di Stadera ha dimostrato vicinanza e solidarietà all’Associazione, stringendosi intorno a valori comuni e attivandosi con affetto <<come (si trattasse) di una casa da difendere>>.
Per Andrea il senso di comunità è mettersi in cerchio, disporre e disporsi nell’ottica dello scambio e della qualità relazionale. Comunità è la partecipazione attiva di tutti, è rispetto e ascolto reciproco. Costruire il senso di comunità significa scardinare i luoghi comuni e le aspettative, provando a sorprendere e a sorprendersi. Il contrario della comunità è la rigidità dei ruoli.
Sono tanti gli auspici e i desideri per il prossimo futuro: in primis che gli utenti dell’associazione (soprattutto i giovani) diventino a loro volta prosumer, fornitori cioè di servizi e risorse all’interno di un processo di reciprocità. In secondo luogo che si allarghino e si infoltiscano le fila di volontari presenti sul campo e durante le attività proposte. Ma anche che la sede si apra e si connetta sempre di più al contesto circostante. Infine, ma non per minor importanza, c’è il desiderio particolarmente sentito che l’Associazione riceva maggiore riconoscimento e sostegno da parte delle istituzioni.
Un sogno per il futuro è anche la creazione di un documento, un passaporto, che sia uguale per tutti. Un gesto che ricordi la necessità di prendersi cura della libertà.
Nexteria
Nexteria
Gabriele è innovation manager in Nexteria e si occupa quindi di tutte quelle innovazioni tecnologiche e di processo che possono essere inserite dai loro committenti nella relazione con i clienti in ambito customer care. Daria invece è psicologa del lavoro e delle organizzazioni e collabora stabilmente con l’azienda nell’ambito delle risorse umane.
Più che un’azienda, Nexteria potrebbe essere definita una “fabbrica di sinapsi”. Nasce nel 2011, un periodo difficile in ragione della crisi economica, in cui, per le aziende che si occupano di customer care, la tentazione di andare fuori dall’Italia era forte. La scommessa è stata quindi quella di aprire un’azienda basata in Italia, nello specifico a Milano, in grado di offrire ai clienti la qualità e la vicinanza come alternativa all’outsourcing a basso costo. Attualmente contano di tre sedi - a Milano, Verona e Roma- ed hanno committenti sia italiani che internazionali di diversi settori, quali quello finanziario, energetico, sanitario e dell’automotive. In questi anni l’azienda è cresciuta molto ed è stata inserita tra le aziende che crescono maggiormente in Italia e in Europa in diverse classifiche pubblicate su Financial Times e Sole24Ore, essendo riuscita a creare un modello italiano virtuoso di creazione di business congiunto, capace di creare valore anche dalla rete e dalle relazioni instaurate tra i diversi committenti.
Il poter offrire una continuità nel tempo nella relazione professionale con i clienti è uno dei valori di Nexteria, che per questo investe nelle risorse umane con dei percorsi di crescita che vanno dalla possibilità di tirocini per chi si affaccia sul mondo del lavoro alla stabilizzazione a tempo indeterminato per quanti hanno invece maggiore esperienza. E’ quindi un’azienda fatta a misura di persona, che considera il numero di nascite tra i collaboratori come un KPI – un indicatore di performance- fondamentale. Ad oggi sono sessanta i nuovi nati in azienda, dato di cui Nexteria va molto fiera perché riflette la dimensione umana dell’azienda che è interamente di proprietà di soci fondatori e non di fondi, diversamente da altre.
L’azienda si è sempre trovata nel quartiere Vigentino, anche se nel 2022 si è trasferita in una nuova sede in prossimità del complesso residenziale di 5Square. Si sono quindi stabiliti qui, apprezzando le aree verdi di cui il quartiere è ricco, trovandosi al limitare del Parco Agricolo Sud, così come il tessuto sociale tipico del piccolo paese, in cui ci si conosce ed è possibile creare delle relazioni. E’ quindi un posto che è rimasto vivibile e che si rivaluterà nei prossimi anni, con grandi investimenti dovuti alle Olimpiadi del 2026. Un quartiere nel pieno di un percorso di cambiamento in cui l’azienda vuole essere presente, inserendosi in progetti di rigenerazione urbana e continuando il lavoro già intrapreso di tessitura di relazioni con gli enti locali, quali il Municipio 5, e con le associazioni di quartiere. A tal proposito, Nexteria ha recentemente sponsorizzato la festa delle associazioni del Municipio 5 che si è tenuta in Ottobre al Parco Chiesa Rossa e che ha visto la partecipazione di moltissimi enti del terzo settore. In tale occasione l’azienda ha anche aperto le proprie porte alla cittadinanza, ospitando un evento nella sua biblioteca al pian terreno. Nexteria ha inoltre avviato una collaborazione con la Rete Lavoro del Municipio 5 oltre che con le scuole del territorio, al fine di farsi promotrice di percorsi formativi e di orientamento professionale aprendosi ancor di più al territorio.
Rispetto alle esigenze del quartiere, l’impressione è che manchino dei presidi di socialità e dei luoghi di aggregazione, problematica comune ad altri quartieri della città. E’ stato inoltre segnalato un impoverimento del tessuto delle attività commerciali e artigianali dovuto alla difficoltà di questi ultimi a sopravvivere. Rimane poi un problema maggiore di viabilità e di mobilità che rende il quartiere ancora oggi meno accessibile di altri. Trattandosi di un quartiere dalla memoria storica -essendo stato un borgo indipendente da Milano fino a cento anni fa- ma in forte espansione edilizia, l’auspicio è che non diventi un quartiere dormitorio ma che sia invece un luogo in cui si vive e si lavora, un posto ricco di servizi, dove abitanti e tessuto produttivo vivono in osmosi, un luogo ibrido dove realtà aziendali e sociali sono in costante dialogo … tematiche che sono oggi alla base della scommessa di una città come Milano che deve poter essere a misura di tutti.
Centro Comunitario Puecher
Centro Comunitario Puecher
L’associazione Puecher prende il nome da Giancarlo Puecher, personaggio legato alla storia della resistenza in Italia. La famiglia Puecher era una famiglia milanese poi sfollata a Lambrugo quando la loro palazzina milanese di Via Broletto è stata colpita dai bombardamenti americani. Il padre di Giancarlo era di origine triestina, un territorio che all’epoca faceva parte dell’Impero Asburgico, ed è morto di stenti al campo di concentramento di Mauthausen dopo essere stato arrestato per futili motivi. Giancarlo aveva vent’anni quando ha creato il gruppo della resistenza di Ponte Lambro, con cui si riuniva in parrocchia con il favore del parroco, arrestato anch’egli e poi liberato grazie all’intercessione dell’Arcivescovo Schuster. Quello di Ponte Lambro è stato il primo gruppo organizzato di giovani della resistenza, a cui Puecher ha dato un grande contributo. Per questo motivo si è procurato l’inimicizia del capo fascista della Provincia di Como e, dopo un processo farsa, il giovane Puecher è stato immediatamente fucilato. Lo stesso processo che segnò la sua morte venne poi annullato dal Ministro della Giustizia della Repubblica Sociale Italiana Piero Pisenti, per cui i compagni di Puecher vennero liberati.
L’associazione Puecher ha oltre sessant’anni ed è stata fondata da persone molto note a Milano, come l’avvocato Luigi Meda. Nel 2008 si è poi rinnovata con un cambio nella direzione. Giuseppe è oggi il presidente dell’associazione ed è stato per oltre trent’anni insegnante al Centro Puecher di Via Dini: il primo centro scolastico onnicomprensivo d’Italia, munito di teatro e di un palazzetto dello sport. Con i suoi studenti si è interessato al personaggio di Puecher a cui era dedicato l’edificio scolastico ed ha poi partecipato con gli alunni ad un concorso indetto dalla Regione Lombardia sul tema della resistenza, vincendo il primo premio. Giuseppe ha poi continuato ad approfondire gli studi su Puecher, pubblicando la terza delle biografie esistenti su Puecher nel 2013.
Andrea invece è il vicepresidente dell’associazione ed ha anch’egli contribuito al suo rilancio degli ultimi anni. A Puecher è legato anche da motivi personali: sua moglie infatti, che non c’è più da diversi anni, è l’architetto che ha progettato l’edificio scolastico di via Dini. Recentemente è andato in pensione ed ha trovato così il tempo da dedicare alle attività culturali della sua zona, il Municipio 5, organizzando presentazioni di libri ed attività cultuali a tema scientifico: grazie a lui, la cultura scientifica ha trovato casa presso l’associazione Puecher. A tal proposito Andrea sottolinea l’importanza della divulgazione scientifica in quanto, diversamente da quanto si pensi, il sapere scientifico è per tutti e quindi non prerogativa esclusiva degli specialisti. A Dicembre Andrea presenterà il suo ultimo libro, intitolato “Matematica per poeti” , in cui dimostra come vi sia molta poesia nella matematica così come vi è molta matematica nella poesia. La presentazione avverrà alla Biblioteca di Chiesa Rossa, dove i “giovedì del Puecher” sono diventati un appuntamento fisso che attrae persone da tutta Milano e provincia.
Rispetto al luogo in cui ci troviamo, raccontano che è stato per tempo abbandonato e che, nelle discussioni sul cosa farne, si fosse pensato di farne un parcheggio sotterraneo. Un comitato di cittadini si è quindi costituito ed ha fatto pressione affinché il luogo fosse restituito alla cittadinanza come lo è oggi, con una biblioteca pubblica, un’area giochi, un bar, un porticato dove organizzare eventi e dove si è recentemente tenuta la festa delle associazioni. In questo luogo c’è anche un monumento ai caduti della resistenza della zona ed effettivamente ci troviamo alle porte del quartiere Stadera, un quartiere popolare creato in epoca fascista dove le resistenza ha avuto però uno sviluppo enorme, tant’è vero che si tratta di uno dei quartieri di Milano con il più alto indice di caduti. L’associazione ha avuto modo negli anni di raccogliere le testimonianze di ex operai ed impiegati che hanno rischiato la loro vita per opporsi al fascismo, storie che altrimenti sarebbero svanite con la scomparsa dei testimoni viventi: “la storia – dicono - dovrebbe essere scritta dal basso, partendo dalle storie delle persone invece che da quelle di generali ed imperatori”.
In questo quartiere ogni anno, per il 25 aprile, viene organizzata una manifestazione partecipatissima, a cui recentemente partecipano sempre più famiglie straniere. Si tratta infatti di un quartiere molto variegato e popolato da diverse comunità, che l’associazione ha voluto coinvolgere con il progetto “la resistenza degli altri”, in cui chiedono ai cittadini stranieri di raccontare la storia della resistenza del loro paese di origine.
Quando chiediamo di salutarci con il loro auspicio per il futuro, Giuseppe ed Andrea ci dicono con orgoglio che questo è un quartiere molto vivace, ricco di associazioni e di iniziative cittadine … difficile quindi desiderare di più! L’augurio riguarda quindi il valore della resistenza, affinché venga fatto proprio anche dalle nuove generazioni in quanto pilastro della vita repubblicana, senza di cui il rischio di sconfinare in valori opposti è molto elevato. Il desiderio è inoltre che la cultura sia sempre più partecipazione e inclusione.
Biblioteca Chiesa Rossa
Biblioteca Chiesa Rossa
Laura è la responsabile della Biblioteca Chiesa Rossa dal 2016. La biblioteca, sita all’interno del Parco di Chiesa Rossa, fa parte di un complesso monumentale, comprendente un’antica cascina del 1600, un portico con abbeveratoio utilizzato attualmente come spazio eventi ed il complesso di Santa Maria alla Fonte, una chiesa antica ora abitata dai Frati Cappuccini che durante un recente restauro ha svelato dei reperti di epoca romana. Questo sito ha versato in uno stato di degrado ed abbandono fino agli anni novanta, quando un comitato di cittadini molto attivo ha insistito fortemente con le autorità pubbliche perché questo luogo fosse restituito alla cittadinanza ed ospitasse una biblioteca, inaugurata poi nel 2004. Questa biblioteca è quindi stata fortemente voluta dai cittadini e per questo è da sempre molto partecipata, dai cittadini e dalle associazioni locali, che qui hanno la possibilità di organizzare eventi, come il Centro Comunitario Puecher che organizza presentazioni di libri ed incontri culturali.
In ragione della sua ubicazione all’interno di un parco, la Biblioteca Chiesa Rossa ha caratteristiche stagionali, per cui tra aprile e ottobre si intensificano gli eventi all’aperto, comprensivi di festival che coinvolgono tutte le aree del parco, mentre in inverno è molto attivo lo spazio centrale della biblioteca adibito agli eventi e che è fruibile in orari diurni come serali, così come nei weekend su richiesta. Tra gli eventi di maggior rilievo, Laura menziona la festa delle associazioni, la festa dello sport e la festa delle abilità, a cui partecipano artisti con diverse abilità e che sottende l’idea che tutti abbiamo dei limiti che l’arte ci permette di valorizzare. La biblioteca fa anche parte della rete QuBì, che si occupa di contrasto alla dispersione scolastica, con la quale ha organizzato delle distribuzioni di libri in periodo Covid. Infatti, grazie alle distribuzione dei pacchi alimentari, è stato possibile raggiungere delle fasce di popolazione che frequentano poco la biblioteca, aggiungendo ai pacchi alimentari dei libri nuovi per bambini a seconda delle fasce d’età. Con la Cooperativa Zero5 la biblioteca ha inoltre organizzato delle distribuzioni di libri nei cortili delle case, per poi portare le famiglie in biblioteca con le feste di QuBì che ogni volta vedono la partecipazione di circa duecento persone. Attualmente la biblioteca ha attivo un altro progetto con la rete QuBì per la valorizzazione dell’area giochi interna al parco, area che è accessibile ai bambini con disabilità. A tal proposito, la biblioteca si sta specializzando nell’area dell’inclusività, anche con dei libri specifici per bambini con diverse abilità.
Oltre all’area eventi e all’area studio, la biblioteca ha allestito al suo interno uno spazio morbido, libero e accessibile, per genitori con bambini 0-18 mesi, promuovendo anche delle letture per bambini grazie alla collaborazione con la Cooperativa La Dea. Si tratta di un’iniziativa che hanno portato anche nei consultori e nei nidi e che ha avuto un riscontro importantissimo, in quanto la maternità porta spesso con sé una grande solitudine per le mamme, che hanno bisogno di luoghi di confronto libero con altre mamme. Assieme ad alcune scuole della zona ed al Centro Comunitario Puecher, la biblioteca si è fatta promotrice del progetto della Biblioteca dei Giusti, che vorrebbe creare un presidio fisico in memoria dei giusti anche nell’area Sud di Milano, oltre al giardino dei giusti già esistente situato in Zona Otto. Hanno quindi promosso delle attività nelle scuole in cui i ragazzi hanno modo di riflettere e discutere su cosa sia giusto, producendo degli elaborati visivi e letterari. La biblioteca aveva anche allestito nei suoi spazi esterni un giardino dei giusti con dei pannelli creati da una giovane grafica che però sono stati smantellati con un atto vandalico. Negli spazi esterni come anche nell’area studio sono anche presenti dei murales, prodotti di un progetto di arte partecipata che ha coinvolto diverse fasce d’età: dai bambini, ai giovani, agli adulti, e persone con diverse abilità, tra cui dei pannelli multisensoriali in braille. Vi è anche un’insegna al neon che recita “giorno dopo giorno”, ad indicare che la cultura si costruisce giorno dopo giorno con la partecipazione di tutti. Il neon rimanda invece a quella fragilità di cui sta a tutti noi prenderci cura.
A tal proposito Laura ci piega la sua idea di biblioteca pubblica, che deve essere di tutti e per tutti: un luogo in cui ognuno possa trovare degli strumenti di conoscenza e informazione accessibili e che deve riflettere le esigenze del territorio, proponendo del materiale anche per le comunità straniere laddove presenti. In quest’ottica inclusiva della cultura, la biblioteca ha attualmente attivi quattro gruppi di lettura corrispondenti a diversi livelli. Nell’esperienza di Laura la biblioteca, in quanto presidio culturale accessibile, è in grado di cambiare la qualità del territorio, con un forte impatto di prevenzione anche di quelle malattie psicologiche che possono nascere o aggravarsi da profondi stati di solitudine. Questo in quanto la biblioteca, diversamente da altri sportelli in cui vi è una barriera all’ingresso, è un luogo aperto e di libero accesso, in cui è possibile scambiare due parole con i bibliotecari oppure leggere in autonomia, e non necessita quindi di dover arrivare con un bisogno precostituito. La biblioteca è inoltre un luogo di integrazione di famiglie straniere e con fragilità, che crea comunità e che rappresenta un presidio di sicurezza, essendo illuminata anche la notte e spesso aperta in orari serali. Laura ci racconta che per molti stranieri la tessera della biblioteca è motivo di orgoglio, in quanto per loro è un simbolo che li riconosce a pieno titolo come facenti parte di quella comunità.
Ci vorrebbe quindi una biblioteca in ogni quartiere della città e a tal proposito molte iniziative dal basso sono nate in quei quartieri dove non c’è una biblioteca, come le biblioteche condominiali dove si svolgono delle iniziative di bookcrossing e di prestito libri per cui il sistema bibliotecario fornisce delle consulenze gratuite su come organizzare i libri. Per il futuro l’auspicio è che le biblioteche riescano a mantenersi come un presidio sociale, grazie al sempre maggior coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni come parte attiva della biblioteca. Senza il contributo attivo della cittadinanza infatti, la biblioteca riuscirebbe solo a garantire un servizio base di prestito libri, motivo per cui coprogettare con i cittadini e con la rete di realtà del territorio è quanto permette alle biblioteche di mantenere quel ruolo sociale fondamentale che ancora oggi hanno.
Cooperativa Zero5 - ProgettoTeencity
Cooperativa Zero5 - ProgettoTeencity
Francesca ed Erica lavorano per la Cooperativa Zero5. Francesca è educatrice professionale di formazione ed è oggi responsabile della comunicazione e coordinatrice delle équipes operative, Erica invece è teatro terapeuta e lavora per la cooperativa come progettista e amministratrice dei progetti per adolescenti e pre-adolescenti. Al momento dell’intervista ci troviamo al “Nebula Space”, uno spazio che si trova all’interno della scuola media Toscanini e a cui la cooperativa ha ridato vita grazie al progetto Teencity. Lo spazio funge da centro contro la dispersione scolastica, con progetti per ragazzi e famiglie di accompagnamento allo studio, laboratori e percorsi con i genitori. In particolare, il centro è frequentato da un gruppo di ragazzi delle medie e un gruppo di adolescenti tra i quattordici e i vent’anni che sono accompagnati in un percorso di autonomia.
La cooperativa nasce e cresce nel Municipio 5, tra Chiesa Rossa e Gratosoglio, anche se in questi anni ha saputo tessere una rete di nuove relazioni anche nel quartiere Vigentino. A tal proposito, il Vigentino è un quartiere ricco in cui però si fatica a mettersi in rete e costruire collaborazioni di amplio respiro e strutturali. Vi è poi, come negli altri quartieri a Milano, il tema della sicurezza nelle strade legata alla questione di genere e la mancanza di spazi liberi dagli adulti, ma protetti, dove i giovani possano relazionarsi in sicurezza. Rispetto all’importanza di una riappropriazione, da parte dei ragazzi, di spazi liberi e destrutturati, in cui quindi non serve necessariamente fare o attivare qualcosa, essa risiede nel restituire ai ragazzi la capacità di immaginare partendo dai loro desideri, obiettivi e bisogni e nel dare loro la possibilità di esprimerli, muovendo con processi partecipati che partono da azioni di ascolto per realizzare ciò che loro stessi hanno immaginato. A tal proposito lo spazio condiviso di 5Square, che è amplio e protetto, potrebbe essere un luogo di iniziative per i ragazzi, con attività leggere e non di presa in carico, uno spazio di autonomia per gruppi di cittadini, tra cui i giovani, in quanto la sfida è oggi quella di accompagnarli all’autonomia e all’autogestione con l’appropriazione degli spazi in contesti e situazioni protette.
Rispetto al tema della riqualificazione delle periferie anche con iniziative culturali, si tratta di un tema molto discusso a Milano. Se infatti sono da accogliere favorevolmente iniziative volte a contrastare le marginalità e restituire ai cittadini, rendendoli fruibili, degli spazi pubblici, dall’altro la gentrificazione, con il conseguente aumento dei prezzi, sposta le popolazioni più fragili ancora più in periferia. Zero5 ha lavorato a dei progetti di riqualificazione, come quello al parco di Via Coari, che è partito da un lavoro fatto con i ragazzi che li ha portati ad identificare il parco come luogo di aggregazione ma lasciato all’incuria, da cui il desiderio di spendersi in un piccolo intervento di rigenerazione urbana alla loro portata, con la creazione di una galleria di sportivi ritratti sulle pareti dei terrapieni come riconoscimento del valore sociale dello sport. In questo, il progetto è stato in grado di restituire ai ragazzi la visione della possibilità, dando loro il potere di fare la differenza, incidendo sulla partecipazione, sul senso civico e sulla responsabilità che hanno in quanto cittadini.
Per il futuro, l’auspicio è quello di vedere costituirsi nel Vigentino una rete di associazioni che riesca ad essere incisiva, riunendosi anche attorno a momenti informali di divertimento, come delle cene sociali, per ritrovare la dimensione di convivenza e comunità. Rispetto a quest’ultima, l’immagine che ci lasciano è quella di una tavolata di cinquanta metri al parco con ragazzi e famiglie, associazioni e commercianti.
Jimmy
Jimmy
- Vigentino
- IT
- Via Antegnati, 20141 Milano MI, Italia
- 11-2023
Jimmy ha ventisei anni e quando lo intervistiamo è arrivato a 5 Square da appena una settimana. Si definisce un “nomade obbligato”, perché nell’arco della sua vita ha dovuto cambiare diverse volte città: nato a Firenze, ha poi vissuto tra Prato, Milano e Poggio Rusco.
La sua grande passione sono la natura e gli animali: sua mamma dice che l’amore per gli animali è nato quando da piccolo ha fatto amicizia con un cagnolino, anche se Jimmy ricorda di essere poi stato morso da un altro cane e di come questo gli abbia causato un piccolo trauma. Lamenta che a Prato c’era più verde, anche se vicino a dove abita c’è il Parco della Vettabbia, dove è stato con la sua educatrice. Piacendogli passeggiare all’aria aperta, vorrebbe scoprire le aree verdi di cui il quartiere è ricco. A Jimmy piacciono anche i giochi di squadra, come la pallavolo, palla prigioniera e palla avvelenata. Ad esempio, questa estate in spiaggia passava volentieri il tempo a guardare i ragazzi giocare a beach volley.
Pur essendo arrivato da poco, Jimmy ha molte aspettative rispetto all’abitare collaborativo promosso nell’Housing. Il giorno dopo il suo arrivo ha partecipato ad una grande cena tra condomini e vorrebbe partecipare anche alle prossime attività. Per lui una comunità è un posto dove persone diverse hanno la possibilità di conoscersi e fare amicizia e, pensando a quale potrebbe essere il suo personale contributo alla comunità, pensa a delle attività rivolte ai bambini per incuriosirli rispetto alla natura, in quanto i bambini sono gli adulti del futuro, coloro che dovranno avere cura della natura e proteggerla. Jimmy fa comunque già educazione ambientale “a modo suo”: ogni tanto gli capita infatti di fermarsi a parlare con le persone sul bus o per strada per sensibilizzarle su temi ambientali. Il suo sogno sarebbe quello di poter viaggiare e visitare dei posti naturali. Rispetto al quartiere, gli va bene così com’è, magari vorrebbe un po’ più di allegria e, perché no, qualche cinese in più!
Jimmy racconta di aver fatto esperienza in una comunità prima del Covid, in un percorso di autonomia in cui dice di aver imparato molte cose. Tornare a vivere a casa ha però significato per lui tornare indietro, o “essere rispedito a zero”. Adesso ha la possibilità di fare un percorso più lungo, della durata di tre anni, in cui spera di poter imparare più cose e di avere il tempo di assimilarle. Sta anche seguendo un percorso di orientamento al lavoro per giovani come lui, ancora un po’ indecisi. Sta quindi “trovando un modo per iniziare a piccoli passi, a modo suo”. Spera comunque di riuscire ad avviare un percorso nell’ambito che lo appassiona, quello della natura: sa che è difficile ma ci vuole comunque provare. “La vita è una sola, non lasciamoci delusioni alle spalle”.
Milano Sospesa
Milano Sospesa
Michela è educatrice di professione e mamma di una bambina di dieci anni. Due anni fa circa ha fondato Milano Sospesa, assieme a Cristina e ad altri volontari. Si sono conosciuti per caso ad una raccolta beni per gli sfollati del palazzo bruciato in Via Antonini e per due mesi hanno assistito le trenta famiglie sfollate con l’allestimento di un charity shop in cui sono confluite moltissime donazioni. Si sono quindi spostati nella parrocchia di Santa Maria Liberatrice, dove hanno organizzato la distribuzione di alimenti alle famiglie e sono poi rimasti lì in quanto nel tempo sono diventati il punto di riferimento per moltissime famiglie del quartiere e non solo. Quando poi è scoppiata la guerra in Ucraina hanno organizzato moltissimi punti di raccolta e, nel Marzo 2022, sono stati i primi ad entrare in Ucraina con diciassette mezzi e sono poi diventati i capofila di diverse “odissee per la pace” in cui organizzavano dei viaggi in Ucraina assieme ad altri gruppi, cosa che continuano a fare tutt’ora.
In questi due anni la voce si è sparsa a macchia d’olio e l’associazione ha avuto moltissimo seguito sui social. Oltre a costituire un riferimento per moltissime famiglie, tra cui molte che vengono fin da fuori Milano, hanno costruito una rete con moltissime associazioni che anche si rivolgono a loro quando necessitano del materiale. Raccolgono principalmente materiale usato ma in buono stato, allungando la vita di cose che altrimenti andrebbero buttate, e raccolgono anche materiale nuovo da aziende che fanno donazioni. Ad esempio in ottobre hanno distribuito oltre duecento kit per la scuola e, dato l’aumento dei prezzi del materiale scolastico, vi era moltissima gente in coda. Li chiamano “i miracoli di Milano Sospesa”, in quanto grazie al passaparola riescono sempre a soddisfare le richieste: ad esempio, nell’ultimo appello sui social per raccogliere dei pannolini, in un’ora sono arrivate oltre venti offerte! Per una migliore organizzazione, chiedono di essere contattati prima su Facebook o Whats App, in modo da organizzare i matching tra domanda e offerta e non far venire le persone a vuoto. Quello che fanno è comunque la prova che c’è moltissima solidarietà e, a tal proposito, una comunità dovrebbe essere per loro innanzitutto solidale, accogliente e aperta.
Cristina è nata nel Vigentino e ci racconta dei suoi primi ricordi del quartiere: negli anni novanta loro ragazzi avevano la compagnia e ci si trovava davanti all’oratorio, che era un punto d’incontro. C’erano ancora dei capannoni industriali che poi sono stati convertiti o demoliti. Oggi andrebbe soprattutto migliorata la viabilità di via Ripamonti e rafforzato il servizio dei mezzi pubblici. Rispetto a 5Square, ritengono che non sia ancora molto conosciuto nelle zone limitrofe, nonostante gli ampli spazi si presterebbero a molte attività, come delle piccole feste, una portineria solidale oppure delle iniziative di raccolta e distribuzione. L’auspicio per il futuro è quello di riuscire a raggiungere ancora più persone nella loro attività e di diventare un punto di riferimento della Milano solidale.
Teatro PimOff
Teatro PimOff
Antonella è vicedirettrice del Teatro PimOff e si occupa della programmazione artistica del teatro. Il PimOff non è solo un teatro che offre spettacoli di danza e teatro, ma si potrebbe definire un incubatore dove si sviluppano progetti artistici durante tutto l’arco dell’anno. E’ infatti stato fondato da Maria Pietroleonardo con l’intento di dare una casa agli artisti, uno spazio dove poter creare e sperimentare senza la necessità di andare immediatamente in scena e negli anni ha ospitato moltissime produzioni nella loro fase iniziale. Per gli operatori del settore, disporre di un luogo per le residenze artistiche è fondamentale e PimOff offre quindi la possibilità di usufruire di un periodo di residenza con uso della sala teatrale e della sua strumentazione, oltre ad un supporto economico, organizzativo e promozionale. Per accedere, è necessario partecipare al bando “Citofonare PimOff” sul loro sito. Il nome del bando è stato ispirato dal fatto che il teatro si trova in una ex cartiera situata all’interno di un condominio, per cui per accedere al teatro è effettivamente necessario citofonare!
Il teatro predilige la drammaturgia contemporanea ed ospita diversi linguaggi, che vanno dalla prosa alla danza ed alle arti visive. Al suo interno ospita anche una collezione privata di opere d’arte provenienti da tutto il mondo. Il teatro aderisce inoltre ad una serie di iniziative come la “Dance Card”, volta a promuovere la danza contemporanea, ed un progetto di affido culturale promosso dall’associazione Mitades, che permette alle famiglie più svantaggiate di usufruire gratuitamente del teatro.
Il PimOff si trova tra il quartiere residenziale di Milano Terrazze e quello più popolare di Gratosoglio, oltre ad essere a ridosso del Parco Agricolo Sud. Il quartiere Gratosoglio si è sviluppato negli anni settanta accogliendo molte famiglie dal sud Italia ed ha recentemente conosciuto un’ondata migratoria di famiglie straniere, mentre Terrazze è un quartiere sorto negli anni ottanta ed è più residenziale. Questi quartieri sono separati dalla lunghissima Via dei Missaglia, solcata dalla linea tramviaria del quindici che porta fino in centro. A mancare è una vera integrazione tra queste due comunità, queste due anime del quartiere. Loro han provato a coinvolgere le famiglie con dei progetti mirati, come quello rivolto alle centottanta nuove famiglie di Via Selvanesco 77. Hanno anche avviato dei progetti nelle scuole, con percorsi di avvicinamento allo spettacolo come quello promosso all’interno di “Milano è viva”, che ha coinvolto quindici ragazzi della zona che andranno in scena in ottobre. A tal proposito Antonella è convinta che il teatro possa avere un ruolo fondamentale in contesti complessi come quello di Gratosoglio, motivo per cui hanno organizzato delle campagne di sensibilizzazione con lo slogan “cosa me ne faccio del teatro”.
In città come Milano l’offerta culturale si concentra prevalentemente in centro, per cui diventa fondamentale mantenere dei presidi culturali nelle periferie. Per loro rimanere nel loro “off” ha rappresentato una risorsa, in quanto ha consentito di usufruire di spazi ampli pur essendo collegati al centro con i mezzi pubblici. Naturalmente la loro offerta si rivolge a tutta Milano e, essendo diventati una realtà conosciuta, attraggono persone provenienti anche dalle province. L’auspicio per il futuro è quindi quello di instaurare un legame più solido con il quartiere in cui sono situati, in quanto, trattandosi di un quartiere popolare, le persone hanno meno l’abitudine di andare a teatro. Il desiderio è quindi che chi abita in zona venga a conoscerli e partecipi maggiormente alle loro iniziative, sapendo di trovare qui uno spazio aperto che organizza anche degli aperitivi serali a prezzi popolari.
Angelo
Angelo
- Vigentino
- IT
- Via dei Guarneri, 20141 Milano MI, Italia
- 11-2023
Conosciamo Angelo un venerdì mattina al mercato settimanale di Via dei Guarneri nel Vigentino quando, colte da un acquazzone, ci ripariamo sotto ad un tendone in attesa che spiova. Iniziamo così a chiacchierare con il Signor Angelo, abitante del Vigentino e frequentatore assiduo del mercato, e gli chiediamo se è disponibile a rispondere a qualche domanda sul quartiere.
Angelo abita nel Vigentino dal novantaquattro: si è trasferito qui da Brugherio dopo essersi sposato. A lavoro si occupa di impianti d’aria condizionata, per cui ci spiega che, per deformazione professionale, prima di acquistare casa verifica sempre che ci sia la predisposizione per l’impianto, in quanto non gli piace vedere le canaline esterne.
Lui abita in una strada chiusa, quindi molto tranquilla. In quartiere si è trovato benissimo: lo definisce infatti uno dei quartieri più belli di Milano, con moltissimo verde. Da quando è arrivata la Fondazione Prada il quartiere è poi migliorato moltissimo e si è molto riqualificato. Si rammarica però che il Vigentino abbia perso quella dimensione da piccolo paese che lo aveva caratterizzato in passato: ora si sente infatti maggiormente la presenza della metropoli. Per lui una comunità dovrebbe essere invece più intima, come nei piccoli paesi per l’appunto. Nel tempo libero, otre a frequentare il mercato di venerdì, gli piace vivere gli amici.
Quando gli chiediamo se sia mai stato a 5Square dove lavoriamo, risponde che si era informato per acquistare casa. Iniziative come queste, che offrono case a prezzi calmierati, sono molto importanti soprattutto per i giovani, che han poche possibilità e dovrebbero essere maggiormente aiutati.
Per il futuro si auspica che apra un supermercato che manca nel quartiere, per cui loro sono costretti a spostarsi all’inizio di via Ripamonti.
Il Sud Milano
Il Sud Milano
Stefano ha iniziato la sua attività da giornalista come volontario per il giornale “Milano Sud”, verso la fine degli anni novanta. Quando poi il direttore ha lasciato il giornale una decina di anni fa, lui ne ha preso la direzione, avviando una collaborazione con un altro giornale del territorio, “La Conca”. I due giornali si sono poi uniti dando vita a “Il Sud Milano”, che nasce lo scorso aprile edito dalla cooperativa di giornalisti “Free media”. Il giornale ha una edizione online ed una cartacea, stampata mensilmente in tredicimila copie e distribuita nell’area sud di Milano, coprendo un vasto territorio che va da Lorenteggio a Porta Romana.
Oltre ad essere animato dalla passione per il suo lavoro (come a noi a Stefano piace infatti raccontare storie), da giornalista è anche consapevole del ruolo importante che i giornali locali come il suo svolgono nelle zone periferiche della città, restituendo loro importanza e contribuendo così allo sviluppo di un’identità e di una appropriazione di quei luoghi da parte degli abitanti. “Il Sud Milano” dà infatti voce a quelle storie di cui difficilmente le grandi testate si occupano, oltre a dar spazio alle iniziative locali ed all’attività delle tante associazioni di quartiere. Quest’anno ad esempio, in occasione della ricorrenza dei cento anni dall’annessione dei borghi milanesi e dei centocinquanta anni dall’annessione dei Corpi Santi, il giornale sta raccontando cosa resta degli antichi borghi milanesi, affinché, attraverso la consapevolezza di un’identità, si sviluppi una maggiore attenzione e cura del territorio.
Stefano è arrivato a Gratosoglio una quindicina di anni fa e come prima impressione è rimasto colpito dalle tante case popolari, alcune delle quali un po’ trasandate. Quando poi ha conosciuto meglio il quartiere, è rimasto colpito anche dalla ricchezza della proposta associativa e dalla voglia di partecipare e di prendersi cura del territorio di una parte di abitanti, seppur minoritaria. Vi sono inoltre ampli spazi verdi, trovandosi al limitare del Parco Agricolo Sud, diversi teatri e associazione culturali presenti in zona, anche se persistono dei problemi oggettivi di cui le associazioni non possono farsi carico e che richiederebbero un maggior coinvolgimento delle istituzioni, come ad esempio la gestione delle case popolari. Come esempio della vivacità del territorio, Stefano menziona la Festa delle Associazioni che si è tenuta nel mese corrente di Ottobre al Parco di Chiesa Rossa e ha rappresentato un bel momento di partecipazione ed aggregazione. Queste iniziative e l’entusiasmo che generano sono una prova di come la qualità della vita sia anche legata alla misura in cui i cittadini vivono e si appropriano del territorio.
Per il futuro del quartiere Stefano auspica che vengano realizzati interventi di cui si parla da anni, come la riapertura del Teatro Ringhiera e del Centro Sportivo Carraro, oltre alla riqualificazione delle fabbriche dismesse e delle cascine abbandonate. Rispetto al giornale invece, il desiderio è che aumenti ancora di più la penetrazione nel territorio e la capacità di raccontarlo, coinvolgendo sempre più persone nella redazione. A questo proposito sta facendo ben sperare un laboratorio di giornalismo recentemente avviato grazie al sostegno di Fondazione Cariplo che sta coinvolgendo molte persone interessate ad impegnarsi nel racconto del territorio.
Ass. Alveare
Ass. Alveare
Luca Maiocchi è il responsabile dell’Associazione Alveare dal 2012. Alveare è una realtà no-profit nata dal consiglio pastorale della Parrocchia in risposta alla crisi economica di quegli anni che ha colpito soprattutto le famiglie mono reddito. I bisogni principali con cui si interfaccia l’associazione sono quindi di carattere economico ma senza ridursi ad un’azione assistenziale: l’idea diventa infatti di offrire nuove occasioni di espressione e di sostentamento per gli abitanti più in difficoltà attraverso un progetto di baratto sociale. Un discreto compenso economico in cambio della cura verso il quartiere. Alveare perché l’idea è che ciascuno con il proprio contributo possa prendersi cura della comunità a cui appartiene.
Il progetto si è avviato e continua anche oggi con, ad esempio, la pulizia dei marciapiedi e delle strade del quartiere Stadera, storicamente svantaggiato e progressivamente trascurato, confessa Luca – nato e cresciuto in questa zona. Dedicarsi a queste attività di manutenzione, in un periodo di profonda crisi, è diventata per le persone un’occasione per sentirsi utili, riconosciuti e partecipi della vita comunitaria. L’ impegno civico viene inteso quindi come strumento di coesione sociale, di valorizzazione della dignità personale e della fiducia in sé stessi. Il lavoro non ha solo una finalità economica ma è un mezzo con cui riappropriarsi della propria autodeterminazione e della propria autostima.
L’arma vincente del quartiere, spiega Luca, è la tendenza a fare rete e sostenersi: se Alveare è <<l’ospedale da campo>> , altre realtà più strutturate (come SIR e L’impronta) si occupano di percorsi più articolati e integrati. La funzione di Alveare è di offrire ascolto e ospitalità, in un momento storico in cui le persone hanno bisogno di raccontarsi. Il dialogo e la cura dell’altro hanno bisogno di tempo e dedizione, racconta Luca.
Il Centro Parrocchiale è da sempre un punto di riferimento per il quartiere. Altre realtà, come il Centro Milano Donna in Via Savoia e il Consorzio SIR, sono fortemente inseriti nel contesto anche se legati soprattutto al servizio e al progetto immediato. Grazie al lavoro di rete, comunque, è possibile abbracciare tutti gli aspetti della vita della persona.
Il senso di comunità per Alveare è radicato nella sua origine religiosa pastorale; comunità è condivisione, fiducia, reciprocità, solidarietà
Per il futuro Luca si augura un radicale cambiamento di cultura trasversale nel quartiere, dove il bene comune venga prima del singolo bisogno personale. Desidera maggiore dialogo e collaborazione ma, soprattutto, che si impari a guardare alla bellezza sapendo che siamo tutti legati.
ICS Fabio Filzi
ICS Fabio Filzi
L’Istituto Comprensivo Statale Fabio Filzi si compone di tre plessi: una scuola primaria ed una scuola secondaria di primo grado nel quartiere Vigentino ed una scuola primaria nel quartiere Corvetto. Il fatto di trovarsi in due quartieri differenti non ha rappresentato un limite, ma è stata anzi occasione per i docenti di confrontarsi con realtà aventi bisogni differenti e sviluppare delle progettualità che stimolassero una maggiore unità delle due comunità scolastiche.
Un esempio è il progetto del sentiero della biodiversità, un percorso nella natura che dovrebbe unire i tre plessi dell’istituto attraverso il Parco della Vettabbia. L’idea del sentiero, come anche quella della riqualificazione del parco adiacente al plesso di Via Ravenna, è partita dai bambini e gli adulti e le istituzioni si sono poi impegnati a dar seguito ai loro desideri con la firma di un patto. Queste iniziative sono state un modo di mettere i bambini al centro, considerandoli dei cittadini attivi a tutti gli effetti.
Claudia è dirigente dell’istituto da cinque anni ed è arrivata nell’anno della pandemia. In questi anni la scuola, che aveva già avviate una serie di collaborazioni con i municipi e le associazioni, si è ulteriormente strutturata, identificando degli ambiti di progettualità aventi delle finalità precise ed intensificando le collaborazioni con le associazioni dei quartieri Corvetto e Vigentino al fine di poter offrire delle attività extrascolastiche, come corsi di sport e teatro. L’apertura della scuola al territorio, l’impegno a valorizzare il quartiere e a stimolare una cittadinanza responsabile è quindi parte integrante della mission dell’istituto.
E’ importante che la scuola rappresenti un riferimento culturale, un presidio di legalità nel quartiere, in quanto i bambini che frequentano l‘istituto devono, attraverso di loro, acquisire fiducia nelle istituzioni così come la speranza nella possibilità di miglioramento del loro contesto sociale di appartenenza. A tal proposito le periferie delle grandi città sono realtà complesse, trattandosi di quartieri in continua trasformazione, con differenze culturali e sociali tra le famiglie e bisogni formativi differenti, a cui la scuola deve saper rispondere, ad esempio, garantendo un sostegno a quei bambini che necessitano di un supporto particolare.
L’auspicio è che la scuola continui a migliorare la propria offerta formativa, grazie alla formazione continua di docenti sempre più preparati e capaci di rispondere alle trasformazioni della società, e che sia davvero inclusiva, realizzando l’articolo 3 della costituzione che conferisce alle istituzioni il compito di rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale, che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impedendo il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Danilo
Danilo
- Vigentino
- IT
- Via dei Guarneri, 20141 Milano MI, Italia
- 11-2023
Danilo è professore associato di economia agraria all’Università degli Studi di Milano. Nato e vissuto in Vigentino, ha avuto la fortuna di crescere in un quartiere circondato dalla campagna. Ricorda infatti di quando andava con sua nonna a vedere le cascine e le tante stalle che ancora c’erano in quartiere e pensa che sia nata così la passione che l’ha poi portato a specializzarsi in economia agraria. Ha avuto quindi la fortuna di conoscere l’agricoltura a Milano, che, diversamente da quanto si pensi, è una città agricola con migliaia di ettari coltivati e moltissime aziende funzionanti ancora oggi e convertite all’agricoltura multifunzionale.
Il padre faceva il negoziante in Via Ripamonti, che allora era un’arteria commerciale vivissima e animata da sagre molto partecipate come quella del tartufo. Spesso passavano in negozio degli anziani a lamentarsi che, al momento del rinnovo della carta d’identità in comune, avevano dovuto indicare di essere nati a Milano, mentre loro erano orgogliosamente nati a Vigentino, che all’epoca faceva comune a sé. Da questa sua capacità di osservazione è nata la seconda passione di Danilo: quella dello studio della storia e del territorio. Per anni infatti Danilo ha cercato di ricostruire la storia del suo quartiere, il Vigentino, portando avanti campagne di divulgazione nelle scuole, nelle parrocchie e nei CAM, con immagini e documenti del quartiere. Quando poi recentemente è stata costituita l’associazione degli Antichi Borghi Milanesi, lui è entrato in qualità di “storico dilettante”, curando alcune iniziative per la commemorazione del centenario di quei comuni autonomi che, come il Vigentino, nel 1923 furono inglobati nel comune di Milano diventando “periferie”. Questa commemorazione vuole essere però innanzitutto un rilancio per il futuro: è dal recupero della nostra identità e dalla conoscenza della storia di un luogo che ne nasce quell’affezione che ci porterà a voler bene a quel posto e valorizzarlo in quanto patrimonio comune.
Chiediamo poi a Danilo di raccontarci qualche elemento saliente della storia del Vigentino, partendo dal suo nome. L’ipotesi più accreditata – ci spiega- è che il nome derivi da “vigenti”, ovvero da un miliare che stesse ad indicare che mancavano venti miglia romane a Pavia, che in epoca medievale era un centro ben più importante di Milano. Il fatto storico più rilevante è poi il passaggio di Federico Barbarossa la notte del tre dicembre del millecentosessantatre, che qui fu implorato dai profughi Milanesi di Porta Ticinese accolti in Vigentino in seguito alla distruzione di Milano da parte del Barbarossa, di poter tornare Milano, cosa che fu loro concessa in cambio del pagamento di una coppa piena d’oro. Rimane poi la leggenda del “Monastero fantasma” di Castellazzo, sito nell’attuale Via Campazzino e luogo di primaria cultura durante l’umanesimo, che scomparve completamente dopo essere stato depredato in seguito alla soppressione dell’ordine dei gerolamini. Dopo essere stato per secoli una zona rurale abitata da soli duemila abitanti, verso la fine dell’Ottocento nel Vigentino si sviluppa la grande industria, fino ad arrivare poi recentemente alla dismissione delle fabbriche negli anni ottanta.
Oggi il quartiere sta vivendo una fase di nuova rivalorizzazione con l’arrivo di grandi marche della moda e con il progetto del villaggio olimpico. Danilo guarda con un po’ di nostalgia alla memoria industriale del quartiere che sta scomparendo, come anche al Vigentino rurale delle stalle di quando era bambino. Del quartiere di oggi apprezza comunque il verde e la vicinanza con la campagna, facilmente raggiungibile in bicicletta. Apprezza anche la dimensione di paese della zona Fatima, con i giardini, le scuole e i negozi di quartiere che si sviluppano attorno alla parrocchia. Gli piace anche il fatto che ci si saluti ancora per strada, cosa di gran valore perché dà il senso di una comunità non ancora caduta nell’anonimato. Vorrebbe tuttavia che il territorio fosse maggiormente valorizzato, con la ristrutturazione delle cascine, lo sviluppo di piste ciclabili e la riqualificazione del Parco della Vettabbia. Se poi da un lato auspica un rafforzamento dei mezzi che colleghino il quartiere al centro, come la metropolitana, dall’altro teme che questo possa accelerare l’urbanizzazione già in corso del quartiere.
Associazione Genitori Wolf Ferrari e Toscanini
Associazione Genitori Wolf Ferrari e Toscanini
Agata è la presidente dell’Associazione Genitori Wolf Ferrari e Toscanini, nata un paio di anni fa con l’obiettivo di promuovere il diritto allo studio e rafforzare il senso comunitario nel quartiere grazie al coinvolgimento delle famiglie. L’associazione nasce dal Comitato Genitori della scuola Fabio Filzi, già molto attivo in quartiere con la compagnia dei Geniattori, una compagnia teatrale di genitori volontari, e l’organizzazione delle biciclettate di fine anno che coinvolgevano fino a mille persone.
L’associazione genitori è stata anche molto attiva nel periodo del Covid, con la creazione della WT Card, una carta pensata per le famiglie della scuola a cui hanno aderito oltre ottanta esercenti del quartiere, offrendo sconti fino al 10%. Nel periodo pandemico, in cui gli acquisti online hanno avuto un’impennata e di grande difficoltà economica per le famiglie, la carta ha avuto il merito di rimettere in contatto gli abitanti con gli esercenti e promuovere il commercio di prossimità.
La principale delle attività dell’associazione rimane però quella di finanziare le quote di solidarietà per garantire il diritto allo studio e al divertimento per i bambini delle famiglie più fragili, ad esempio finanziando una parte delle gite scolastiche che possono essere anche molto dispendiose. Altre attività sono legate alla promozione degli orti scolastici, iniziativa del comune di Milano a cui la scuola ha aderito grazie al sostegno dei nonni di quartiere e a cui loro danno un contributo. Recentemente l’associazione ha introdotto un progetto nella scuola elementare di via Wolf Ferrari che prevede l’introduzione di un corso di lingua inglese con un/a madrelingua, finanziato per l’80% con i fondi raccolti dall’associazione.
Negli anni l’associazione ha instaurato un ottimo rapporto con la classe docente e con la comunità: i due plessi in Vigentino possono infatti contare sulla partecipazione delle mille famiglie dei ragazzi e questo rappresenta da sempre la loro forza. La massima espressione di questa partecipazione è rappresentata dalla festa di fine anno, in cui i genitori si mettono in gioco con l’organizzazione di attività e laboratori : dai “papà para rigori” che si mettono a disposizione a parare i rigori dei bambini, al laboratorio di origami tenuto da un papà giapponese designer, al laboratorio di scienza tenuto da una mamma ricercatrice. La lotteria ha inoltre permesso di raccogliere oltre diecimila euro, distribuiti in cento premi da spendere nei commerci di quartiere come i centri estetici, le palestre, etc.
Rispetto alla comunità del Vigentino, è un quartiere che ha ancora delle logiche da paese, con una sua limitazione geografica, costituita dal Parco a Sud e dal ponte delle ferrovia a Nord, ed una sua identità che si è sviluppata molto attorno alla Chiesa della Madonna di Fatima. Molti dei genitori attuali hanno a loro volta frequentato le scuole qui: non sono infatti poche le persone che, nate e cresciute in quartiere, mettono poi su famiglia qui. Molti sono anche gli ex alunni che mantengono un legame con la scuola mettendosi a disposizione per attività di volontariato. Una qualità del quartiere sono poi i moltissimi spazi verdi ed il forte senso civico dei genitori, attenti alla cura degli spazi comuni, così come la presenza di esercenti storici che danno un’identità al quartiere. Per il futuro l’auspicio è una maggiore attenzione alla viabilità ed un rafforzamento del trasporto pubblico: visti i numerosi progetti per il quartiere e le poche vie di collegamento alla circonvallazione, il rischio è che le arterie di scorrimento diventino molto trafficate, come la via Ripamonti. Ci vorrebbe quindi una maggiore attenzione con zone a velocità 30 nei pressi delle scuole, trattandosi di un quartiere con molti bambini e famiglie.
Progetto Formagiovani - Gruppi di Volontariato Vincenziano
Progetto Formagiovani - Gruppi di Volontariato Vincenziano
Bianca Reina è la direttrice dei Gruppo di Volontariato Vincenziano, realtà storica del territorio che dispone attualmente di 10 centri di ascolto e di 5 centri di aggregazione giovanile. Nella sede di Via Neera sono ospitati diversi servizi:
- Centro di ascolto in collaborazione con la Caritas e il Centro Formagiovani
- Centri educativi
- Servizio podologia per il territorio
- Servizio infermieristico
Tra sei mesi inizierà il progetto New Varietà nel quartiere Stadera, su ispirazione di un progetto attivato a Baggio. Dal taglio interculturale e intergenerazionale con focus sulle famiglie, il progetto si rivolge agli anziani ma anche a tutte le persone in situazioni di solitudine, emarginazione e fragilità, e si avvale della collaborazione anche di altre realtà del territorio (es. Piccolo Principe e lo Scrigno).
Il Formagiovani, nato nel 2013, è un servizio del Centro Educativo coordinato da Marco Savio da ormai tre anni. Marco racconta come il servizio all’inizio si occupasse principalmente dei NEET e con il tempo si sia poi sviluppato di fatto come centro di aggregazione che accoglie ragazzi dai 10 ai 20 anni. Tra le attività proposte vi sono proposte di aiuto-compiti (all’interno del progetto Batti5 in rete con altre associazioni del territorio) ma anche iniziative di azioni individuali (come laboratori di lingua e laboratori di narrazione). Educatori, tirocinanti e volontari sono i professionisti che accompagnano l’evoluzione del lavoro.
All’interno del progetto Formagiovani, i compiti sono uno strumento simbolico, il contenitore di una domanda nascosta che può essere esplorata e accolta. Il centro è quindi un luogo aperto al territorio che offre opportunità di studio e di relazioni, all’interno di una cornice più flessibile di quella scolastica.
Oltre al sostegno scolastico il Centro Educativo di via Neera si occupa anche di promuovere gite e progetti sportivi.
Il quartiere Stadera si caratterizza per una grande eterogeneità culturale, una propensione al lavoro di rete, una divisione socio-economica tra fragilità e ricchezza.
Bianca e Marco concordano nel descrivere il senso di comunità: un girotondo tutti insieme, mettersi in cerchio e coinvolgere, accogliere tutte le persone che hanno bisogno di incontrarsi.
Per il futuro Bianca si augura che il Progetto The New Varietà possa trovare successo e accoglienza tra gli abitanti del quartiere; Marco desidera invece che il Centro diventi presto accreditato come luogo di aggregazione per ampliare il ventaglio di servizi e prospettive all’interno del territorio.
Atelier Teatro
Atelier Teatro
Giulia è la presidente dell’Associazione Atelier Teatro; Ruggero si occupa della coordinazione artistica della compagnia. Atelier nasce nel 2008 e attualmente porta avanti due attività prevalenti:
1) l’atelier dei ragazzi: un progetto di spettacoli interattivi nelle scuole (primarie e superiori)
2) Il Festival le mille e una piazza: nato nel 2020 durante periodo Covid, si tratta di un festival di teatro popolare gratuito aperto a tutti che si svolge nei luoghi di aggregazione spontanea e, per questo motivo, si configura come profondamente radicato nell’identità e nella quotidianità dei territori.
Gli obiettivi fondanti del lavoro di Atelier teatro hanno un profilo chiaro, potente: portare in giro per la città un’offerta culturale facilmente accessibile e incentivare, rafforzare, i momenti di comunità. La relazione appassionata con il contesto territoriale emerge in maniera evidente: Atelier non dispone di una sede fissa e questo ha consentito alla compagnia di esplorare, attraversare i municipi e i quartieri che li compongono, entrando nei luoghi significativi e incontrando le persone all’aperto, senza confini. È forse per questa posizione privilegiata e speciale che Giulia e Ruggero, quando parlano di comunità e di territorio lo fanno con uno sguardo ampio, capillare, dettagliato. Con l’esperienza accumulata negli anni hanno imparato a riconoscere gli oratori e i mercati comunali come incubatori di relazioni comunitarie, ma al contempo si sono confrontati con realtà molto diverse tra di loro anche se geograficamente limitrofe. Nel Municipio 5 si respira in generale una forte propensione al lavoro di rete. Ma al suo interno ci sono sfumature spesso anche molto differenti: dai contesti privilegiati, sicuri e puliti in prossimità di parco Guareschi, alla trasformazione di luoghi in passato inaccessibili e trascurati come i Giardini di Via Boeri, dalla sofferenza attuale di quartieri come Gratosoglio (che richiederebbe maggiori risorse e che, dal punto di vista di Ruggero, sta andando incontro ad un graduale peggioramento delle condizioni generali) alla tranquillità di Chiesa Rossa e alle impressioni globalmente positive suscitate dal Vigentino.
Un elemento di fragilità nello sviluppo e nella crescita dei quartieri è, sempre secondo Ruggero, nell’imposizione artificiale di trasformazioni urbanistiche radicali che non considerano e non si integrano con il naturale evolversi dei quartieri ma che al contrario frammentano i territori. Ma anche il generale scarso investimento rivolto alle comunità delle periferie è un aspetto critico che alimenta la marginalizzazione dei più poveri e l’estraneità tra le persone. In questo senso il teatro può diventare un’occasione di incontro e familiarizzazione in cui riscoprirsi e conoscersi.
Per Giulia e Ruggero il senso di comunità si esprime in modo di guardare agli altri e al mondo: comunità significa guardare al bene comune e non agli interessi strettamente individuali. Significa coltivare l’interesse verso qualcosa che sia di tutti, predisporsi all’incontro e allo scambio (le comunità del condominio ad esempio, racconta Giulia, sono piccole esperienze di condivisione dal respiro globale). Comunità è possibile solo trattando tutti i cittadini con la stessa dignità e la stessa cura.
Problemi: scarso investimento delle comunità delle periferie, marginalizzando settori più poveri. Investimento sulla bellezza, sulla pulizia degli spazi,
Per il futuro si augurano che <<sia innanzitutto un pensiero: il futuro non di domani ma quello dopo di noi>>, che diventi un progetto a lungo termine attraverso la capacità di interrogarsi e porsi domande. Per l’Associazione desiderano continuare il progetto del teatro itinerante, così come fare cultura in un movimento di crescita e cultura integrata e generalizzata.
Il mondo, come il teatro, è fatto di tante voci e tutte devono avere il diritto e l’opportunità di esprimersi.
La Strada - Progetto Casa Mia
La Strada - Progetto Casa Mia
Tre anni fa circa, la Cooperativa La Strada ha colto l’opportunità offerta dal bando aperto da Fondazione Housing Sociale per richiedere l’assegnazione di appartamenti a 5Square per l’accoglienza di mamme con bambini e neomaggiorenni.
Il Servizio Casa Mia è stato pensato per mamme che arrivano da comunità di prima accoglienza su segnalazione dei servizi sociali e dei comuni. In buona parte queste donne hanno intrapreso un percorso di uscita da situazioni di maltrattamento, per cui, da una prima accoglienza, passano poi ad alloggi di autonomia a bassa soglia, che prevedono sei ore educative a settimana in cui vengono affiancate dagli operatori sociali della cooperativa nei loro progetti per il futuro, come trovare lavoro, una soluzione abitativa a lungo termine e ricostituirsi una rete di sostegno. In questa fase diventa quindi fondamentale la conoscenza del territorio e delle sue risorse, per orientarle nella ricerca di servizi come il doposcuola, i campi estivi, i corsi sportivi ... L’aspetto della socializzazione è ugualmente fondamentale, in quanto si tratta di donne che spesso non hanno alle spalle una rete familiare o amicale, motivo per cui l’inserimento in condomini solidali dove si organizzano feste ed eventi, o iniziative come gli orti comuni, rappresenta una grande opportunità. La risocializzazione, l’uscita da uno stato di isolamento, può essere talvolta un percorso faticoso, in quanto implica l’abituarsi a relazionarsi con persone che non sono operatori specializzati. Anche per i bambini, che nelle comunità si interfacciano principalmente con professionisti, come gli educatori e gli operatori, può avere un impatto estremamente positivo il relazionarsi con i vicini, con figure maschili positive che li facciano giocare. Attualmente la cooperativa ha inserito due nuclei familiari, incoraggiando le donne a partecipare alle iniziative comuni, con un riscontro molto positivo. Per i bambini ad esempio, il doposcuola organizzato nello spazio comune e le diverse feste hanno rappresentato un’occasione per conoscere altri bambini del condominio.
Per quanto riguarda l’accoglienza dei neomaggiorenni, sono ugualmente importanti lo sviluppo di progetti di vita individuali e l’aspetto della socializzazione. A tal proposito, la nascita spontanea di iniziative, con la creazione di gruppi di interesse tra condomini, è estremamente incoraggiante. Attualmente le attività comuni hanno riguardato principalmente momenti conviviali, come aperitivi e feste, e attività sportive, anche se la contaminazione del condominio con il quartiere esterno genererà sicuramente altre iniziative che possano intercettare anche fasce d’età che oggi trovano meno risposta. Per questo è necessario tuttavia del tempo, perché le persone abbiano modo di conoscersi, di scoprire e farsi scoprire. Anche una maggiore conoscenza del territorio e delle realtà qui presenti sarà utile per capire quali proposte si potrebbero avanzare anche con gli altri enti, partendo da una lettura dei bisogni.
Per chiudere con un auspicio, l’augurio è che l’entusiasmo iniziale non si esaurisca ma che restino costanti la partecipazione delle persone alle iniziative comuni e la creatività delle proposte: cosa che richiederà impegno e costanza. Il desiderio è anche quello che Antegnati non diventi una piccola comunità chiusa in se stessa, ma che invece si integri al quartiere che la circonda.
Klisman
Klisman
- Vigentino
- AL
- Via Neera, 20141 Milano MI, Italia
- 10-2023
Klisman ha 25 anni, è di origini albanesi e, arrivato in Italia, dopo aver vissuto in provincia di Padova per un breve periodo si è poi trasferito in zona Chiesa Rossa. Milano e nello specifico questo quartiere sono per lui realtà stimolanti e comode, in grado di offrire diverse opportunità a chi vi abita. << C’è una bella comunità ed è una bella zona >>, dice, ricca di servizi e senza particolari elementi da migliorare.
Klisman Studia statistica all’Università Bicocca e frequenta ormai da diversi anni l’associazione UILDM, occupandosi in particolare del tempo libero e dello sport. Pratica infatti hockey in carrozzina da 10 anni, coltivando personalmente questo interesse e cercando di condividere con i ragazzi più giovani la bellezza di questo sport, coinvolgente ed inclusivo.
Attraverso lo sport Klisman sente di aver lavorato sulla propria timidezza e alimentato la proattività verso gli altri, grazie anche alle responsabilità verso i più piccoli di cui si occupa. Anche i videogiochi e i giochi da tavolo (come monopoli e risiko) sono attività che lo interessano e lo divertono molto.
Per lui UILDM è come membrana di contatto e relazione tra realtà eterogenee presenti sul territorio.
Tra i sogni e i progetti per il futuro, Klisman vorrebbe continuare la vita associativa all’interno di UILDM per poter aiutare sempre più persone grazie all’esperienza accumulata negli anni. Crescere e diventare un punto di riferimento per le future generazioni. A loro Klisman suggerisce di non soffermarsi sulle difficoltà e sui limiti della vita ma di guardare sempre, con ottimismo, agli orizzonti di possibilità che ci circondano << darsi da fare perché tutto si può fare>>.
Il senso di comunità, osservato attraverso la lente dello sport, per Klisman trova potente espressione nella determinazione condivisa dalla collettività, nell’armonia positiva e nella solidarietà, mentre si discosta dalla competizione negativa, dall’indifferenza e dalla separazione rigida tra le persone.
Per il futuro del quartiere si aspetta un continuo sviluppo in direzioni sempre più positive.
Atir Teatro di Ringhiera
Atir Teatro di Ringhiera
Massimiliano è il referente pedagogico delle attività sociali di ATIR e socio dell’omonima compagnia da circa 3 anni. Max nasce come educatore e ha lavorato per molto tempo in una cooperativa sociale. Il suo percorso inizia attraverso i laboratori teatrali per giovani e adulti all’interno delle cooperative << con il teatro emergevano elementi inediti della relazione>> racconta. Il Teatro è uno strumento potente per ampliare lo sguardo introspettivo anche verso l’altro.
ATIR ha portato avanti la formazione degli educatori con gli attori della compagnia e si occupa ancora oggi di una serie di progetti rivolti al sociale, oltre e all’interno delle sue rassegne: lavoratori di teatro integrati (per persone con fragilità fisiche e psicologiche) e laboratori di gruppi misti, per anziani, adulti e realtà sociali che si avvalgono del teatro come strumento di cura. La prerogativa della compagnia è infatti la cura dell’altro e della relazione, attraverso l’incontro e la valorizzazione della diversità e della fragilità. Un punto di svolta significativo coincide con la vincita di un bando che affida ad ATIR la gestione di un teatro di ringhiera immerso tra Chiesa Rossa, Stadera e Gratosoglio, dove “la piana”, il piazzale di via Boifava 17 rappresenta un crocevia di storie, territori ed identità. << Un paesaggio lunare>> è come Max descrive il primo impatto con il piazzale trascurato di fronte alla sede, luogo che ha ospitato non solo la crescita della compagnia ma anche un movimento di rigenerazione urbana, sociale e culturale a cui in moltissimi hanno partecipato.
Per Max il quartiere è un contesto ricco di iniziative, volontari, spinte artistiche e culturali. È caratterizzato da orientamento al lavoro di rete che bene si esplica nei tavoli territoriali del Municipio 5. Il teatro si è inserito in questo tessuto, lo ha nutrito ed è diventato incubatrice di relazioni e incontri.
Nel 2017 il teatro è stato chiuso permanentemente per lavori di ristrutturazione, anche se alcuni ex uffici vengono ancora oggi adoperati per il proseguimento di alcuni laboratori. Nel lavoro della compagnia convivono sempre l’etica della relazione e dell’inclusione e l’estetica del gesto artistico. Arte non si ferma e si spende sempre per l’altro.
Per descrivere il senso di comunità Max rievoca un ricordo del passato, quando insieme ad una ragazza con disabilità – dall’energia strabordante – si prese un caffe in compagnia di una drag queen. <<Stare in ascolto, prendersi cura, senza giudizio e con responsabilità profonda>>.
Per il futuro Max spera nella riapertura della sede del teatro ma, soprattutto, in una sempre maggiore apertura verso la diversità come un elemento di ricchezza.
Salotto Culturale Caracci
Salotto Culturale Caracci
Roberto si definisce uno scrittore che come hobby fa l’insegnante.
La passione per la scrittura è nata alle scuole elementari dall’ascolto che ha trovato in famiglia, in quanto per essere scrittore devi avere qualcuno che ti legge in cui riporre la tua fiducia. Così, quando c’erano ospiti a casa, Robertino poteva leggere qualcosa: spesso un racconto satirico sulla famiglia, in parte inventato e in parte basato su cose reali.
Figlio di un maresciallo dei carabinieri, Roberto ha vissuto in diverse regioni d’Italia: motivo per cui, parlando bisiacco, ebolitano, napoletano e un po’ di milanese, ha un accento difficilmente identificabile … a parte quando si arrabbia, in quel caso vien fuori il dialetto napoletano. Dopo aver passato l’infanzia in Friuli e l’adolescenza in una piccola città campana, è sbarcato nella grande città di Napoli a quindici anni, dove è rimasto fino alla fine degli studi universitari. Di Napoli ha apprezzato la dimensione cittadina e la vivacità culturale, per cui Napoli può vantare ancora oggi un istituto di studi filosofici tra i più importanti d’Italia. Tuttavia, attratto dalle grande case editrici del Nord, una volta conseguita la laurea in Filosofia e Lettere Moderne, Roberto si è trasferito qualche anno sul Lago di Garda e infine a Milano.
Da quando si è trasferito a Milano, oltre ad occuparsi di sé e dei suoi romanzi e racconti, nel novantaquattro Roberto ha fondato un Salotto letterario: un cenacolo di intellettuali, poeti, narratori, filosofi e psicologi che si riuniscono due volte al mese per la presentazione di un libro, cui segue un convivio con dibattito e cena. Il Salotto si tiene nell’intimità della casa, dove Roberto ha ospitato personaggi quali Giuseppe Pontiggia, Massimo Recalcati, Giampiero Neri. L’idea di costituire un salotto è nata dalla consapevolezza che per uno scrittore non è facile farsi conoscere : devi infatti trovare uno sponsor che ti pubblicizzi, oltre ad un editore che ti pubblichi il libro. C’è quindi un sottobosco di scrittori in erba che desiderano essere letti e ascoltati, cosa sempre più difficile in una contemporaneità in crisi di ascolto, dove tutti parlano e scrivono ma pochi ascoltano quello che hanno da dire gli altri. Vi sono altri salotti letterari a Milano, come il Salotto Augusto Bianchi, ma a Milano c’è più sete di cultura che acqua da bere, per cui il Salotto Caracci negli anni si è consolidato fino a diventare una realtà conosciuta a Milano. Il Salotto ha continuato a riunirsi anche durante la pandemia con degli incontri online: se da un lato questo ha permesso a persone distanti geograficamente di partecipare – per la prima volta il Salotto ha avuto una persona collegata dal Texas!- un convivio in cui si mangia e chiacchiera davanti ad uno schermo perde la sua ragion d’essere, motivo per cui si è tornati a riunirsi in presenza appena possibile.
Rispetto al suo hobby di insegnante, Roberto ci racconta di come la scuola sia cambiata in questi anni, di come si sia burocratizzata, motivo per cui gli insegnanti di oggi sono meno sereni di quelli di una volta. Roberto ci racconta anche di un progressivo disinteresse dei ragazzi per la lettura, motivo per cui nei primi anni di insegnamento consigliava le letture, mentre oggi dà letture obbligatorie.
Rispetto al Vigentino Roberto ricorda che quando si è trasferito qui anni fa lo ha trovato un quartiere meno caotico di molti altri a Milano. Lo definisce quindi un quartiere tranquillo in cui si è sempre trovato bene, anche se a viverlo manca qualcosa: forse dei luoghi culturali e delle attività nelle zone più decentrate rispetto a Porta Romana, per cui ben vengano tutte le iniziative che facciano da carburante culturale e coagulino le persone. Rispetto alla comunità, Roberto pensa di aver dato il suo contributo con il Salotto letterario e desidererebbe poter accogliere più persone se trovasse uno spazio grande, aperto e accessibile … come questo del Living a 5Square! Per chiudere, Roberto ci regala la sua immagine di comunità: un convivio con cultura e divertimento, una festa con musica e ballo, dove si balla la mazurca tutti insieme, grandi, giovani e piccoli.
Gianfranco
Gianfranco
- Vigentino
- IT
- Via Bernardino Verro, 20141 Milano MI, Italia
- 10-2023
Incontriamo Gianfranco dietro al bancone del bar dell’oratorio di Santa Maria Liberatrice. Gianfranco fa il volontario in parrocchia dal 2017 ed una volta a settimana viene qui al bar a servire bibite, bevande e snack alle tante famiglie che frequentano i corsi sportivi e ai tanti anziani che qui in oratorio si ritrovano a giocare a carte.
Gianfranco è nato e cresciuto nel Vigentino, come anche sua mamma che è nata nel Comune del Vigentino, in quanto a inizio novecento il Vigentino faceva ancora comune a sé. Già suo nonno abitava in Via Ripamonti, dove teneva anche un orticello. I suoi primi ricordi del quartiere sono quindi i campi (prima c’erano molte meno case), i fossi d’acqua dove ci si faceva il bagno, perché l’acqua era pulita, e il cinema all’aperto. Il tram 24 c’era già, anche se faceva capolinea in via Noto, e in Via dell’Assunta c’era una fabbrica di vetro con attorno delle casette abitate dai dipendenti. Negli anni sessanta la fabbrica ha chiuso, le case sono state demolite e sono stati costruiti i palazzi. Con i suoi amici si ritrovavano nella piazzetta vicina alla Forza e Coraggio, dove prima c’erano tanti negozietti: il ciabattino, il salumiere, l’ortolano … e poi c’era una latteria che era il ritrovo di loro ragazzi.
Del quartiere di oggi Gianfranco apprezza soprattutto il verde: dove abita suo figlio ad esempio, hanno fatto un bel parco giochi per i bambini, per cui quando tiene lui i nipoti li porta sempre ai giardinetti a giocare. La mattina invece va al bar a bere un caffè e fare due chiacchiere con qualche amico che incontra. Altrimenti sta a casa oppure esce con sua moglie per delle commissioni. Sa che c’è in quartiere un posto per anziani che però non ha mai frequentato, mentre in parrocchia ci viene volentieri: per uscire e non stare sempre a casa sul divano o davanti al pc. Oltre a fare volontariato al bar dell’oratorio, Gianfranco dà anche una mano a preparare i pacchi per le persone che hanno bisogno.
Per Gianfranco la comunità è un posto dove regnano armonia e rispetto reciproco, un posto dove si ha cura del bene comune e si rispettano delle regole di buona convivenza. Il suo auspicio per il quartiere è che continui ad attirare i giovani e che la parrocchia continui ad essere un centro di aggregazione perché non prendano cattive strade. Vorrebbe vedere anche un maggior presidio da parte dei vigili di quartiere perché c’è esigenza di una maggiore sicurezza in seguito ad alcuni casi di scippo.
Georama Esplorazioni Contemporanee
Georama Esplorazioni Contemporanee
Carmelo è guida escursionistica con una passione per la fotografia e il videomaking. Di Catania, si è trasferito a Milano nel duemiladodici, dove si occupa di esplorazione metropolitana. Gianluca è architetto e guida montana, ha viaggiato il mondo a piedi e da qualche anno collabora con Carmelo, avendo creato uno studio che si occupa di esplorazioni di metropoli in sinergia con altre realtà europee. Georama è nata ufficialmente un anno fa, anche se il processo che ha portato alla sua costituzione è partito quarant’anni fa. La pandemia ha rappresentato una svolta, in quanto ha generato l’occasione per lasciare il precedente lavoro e dare concretezza ai propri progetti personali.
Georama è un laboratorio di geografia e biografia che si interroga sulla metropoli, da intendersi come un Ambiente al cui interno si intrecciano natura e relazioni, raccogliendo oggetti e storie che costituiscono la narrazione di un luogo. Quando viaggiamo infatti, andando a curiosare in altri luoghi, creiamo delle relazioni per cui lasciamo un po’ di noi e ci portiamo via un po’ di quanto abbiamo raccolto, sotto forma di oggetti souvenir oppure storie e biografie.
Georama non ha ambiti territoriali, in quanto vi sono metropoli in tutto il mondo, anche se si rivolge principalmente al limitrofo: anche Milano permette esperienze esotiche! Bisogna infatti interrogarsi sul significato di esplorare al giorno d’oggi: c’è chi esplora posti lontani, dove per arrivare deve prendere aerei, bus, treni. “E’ un po’ come prendere un libro e cominciare dal ventitreesimo capitolo. Cosa succederebbe se invece cominciassi dal primo capitolo: apro la porta di casa e inizio il mio viaggio”. E’ stato quindi interessante percorrere a piedi la strada dalla città all’aeroporto, luoghi che generalmente attraversiamo ignorandoli e che sono invece ricchi di comunità vegetali e animali, oppure andare a piedi da Milano a Genova, passando per il passo dello Spluga. E’ stata una rivelazione esplosiva camminare fino a Genova in undici tappe e poi tornare in treno in meno di mezza giornata: sperimentare con il proprio corpo che la velocità cambia lo spazio è stata una rivelazione. Interrogarsi sulle relazioni che tengono insieme una metropoli significa anche interrogarsi su da dove venga l’elettricità che alimenta il nostro frigo: oggi in pochi sanno dove sono le raffinerie che alimentano il Nord, eppure è responsabilità di noi che abitiamo in questa città interrogarci sulle relazioni che garantiscono l’apporto energetico di cui abbiamo bisogno nel quotidiano.
Altra necessità fondamentale è rallentare e per chi abita in metropoli come Milano rallentare è contro natura. Eppure proprio in queste città generarsi del tempo significa acquisire benessere : oggi si parla infatti della città dei quindici minuti, immaginando che si debba tornare ad un equilibrio tra le diverse mobilità, a piedi o con i mezzi, che ci permetta di abitare il limitrofo e spostarci in altri luoghi quando lo desideriamo. Quest’anno hanno lavorato molto con i bambini, in quanto è grazie a loro se avverrà la mutazione della metropoli: il futuro è ricchissimo di possibilità se riusciamo a trovare un equilibrio tra mondo naturale e minerale, tra la velocità imposta dalla modernità e dai suoi schemi economici e la necessità di prenderci del tempo per perderlo, per capire. Viviamo infatti in una complessità che non capiamo, in quanto la velocità fa restare in superficie. La lentezza riacquisita va quindi di pari passo con l’esplorazione della complessità, la quale lentezza diventa altrimenti un esercizio fine a se stesso: se ci limitiamo a rallentare la domenica per trasportarci in un’altra dimensione dove poter fruire della lentezza, stiamo consumando un prodotto che è l’idea stessa di natura. Invece natura è relazioni e complessità, come la complessità delle radici che si snodano sotto terra tessendo relazioni con l’ecosistema circostante.
Rispetto a 5Square, è un luogo di ricchezza incredibile in quanto frutto di uno sviluppo edilizio che ha calpestato la realtà agricola ma al contempo di borghi storici tra i più antichi d’Italia. Se chi abita qui imparerà a conoscere questo luogo e farlo proprio, allora avrà cura di quello che rimane di un presidio mondiale dell’agricoltura urbana, acquistando ad esempio frutta e verdura a kilometro zero. Questa è anche una terra di confine, da intendersi non come una demarcazione, ma come uno spazio dove le cose si uniscono trasformandosi. Una opportunità quindi dove possono nascere nuovi paradigmi dell’abitare del futuro, in cui rimangono visibili le tracce dello sviluppo precedente. Interessante è anche l’esperienza di abitare collaborativo di 5Square in un luogo come Milano, che vive di un centro in cui tutto si concentra ma che allo stesso tempo espelle verso la marginalità. Con questi interventi sociali, le marginalità, chiamate periferie, riacquistano centralità, scombussolando le dinamiche percettive di Milano, per cui se vado a 5Square sto andando in una centralità dove ci sono dinamiche di coinvolgimento comunitario a cui mi interessa partecipare. La comunità deve quindi essere policentrica, policomunitaria, con continue relazioni non solo tra gli abitanti umani ma anche tra comunità umane, animali e vegetali, costruendo un modello non più basato sulla verticalità ma sull’orizzontalità, muovendosi come fanno le radici, con una forza pacifica, curiosa, esploratrice, che ci impone di ricavarci del tempo per esplorare con gli altri il proprio territorio e incappare in altre comunità.
Mercato Dei Guarneri: Gastronomia, Polleria, Ortofrutta
Mercato Dei Guarneri: Gastronomia, Polleria, Ortofrutta
- Vigentino
- IT
- Via dei Guarneri, 11, 20141 Milano MI, Italia
- 10-2023
Un venerdì mattina facciamo una passeggiata al Mercato dei Guarneri, mercato storico del Vigentino che si tiene settimanalmente in Via dei Guarneri. Cerchiamo di parlare con diversi commercianti, per farci raccontare come è cambiato il loro lavoro negli anni e quali cambiamenti hanno visto nel quartiere.
Davide frequenta il mercato da una decina di anni e vende prodotti di gastronomia. In questi anni il mondo è cambiato: con i rincari dei prezzi ed un sostanziale appiattimento delle pensioni e degli stipendi, le persone spendono meno e con fatica, perché i soldi non bastano più. Prima di fare acquisti quindi, le persone ci pensano bene, motivo per cui il lavoro è calato un po’ a tutti nel mercato. Prima i loro migliori acquirenti erano i pensionati, ma ora anche loro spendono meno. Davide pensa che per trovare il contatto umano si debba uscire da Milano ed andare nei piccoli paesi dove vi è ancora la propensione ad aiutarsi a vicenda, mentre nelle città si fatica a salutare il proprio vicino di casa.
Poco più avanti troviamo invece una polleria. Davide frequenta il mercato da tredici anni e la sua attività è quindi storica. Lui è di fuori Milano e frequenta il quartiere solo in occasione del mercato settimanale. Dal suo punto di vista, il quartiere è come un piccolo paese all’interno di Milano, un paese nella città quindi, dove ci si conosce, le persone si salutano … un posto dove si vede che ci sono ancora dei legami comunitari. Lui frequenta diversi mercati e questo è uno dei migliori: il livello culturale è più alto degli altri mercati e i suoi clienti parlano tutti un buon italiano, per cui quando si ha a che fare con persone del genere il lavoro diventa più facile. L’auspicio per il futuro è quello di star bene e che il lavoro vada bene.
Gianfranco ha invece un banco di ortofrutta. Anche lui è di fuori Milano e frequenta il quartiere solo in occasione del mercato il venerdì mattina. Il quartiere sembra un paesino in cui ci si conosce un po’ tutti e per questo si trova bene e gli piace lavorare in questo mercato … averne di mercati così! I mercati centrali oramai sono mal frequentati- ci dice. Prima il quartiere non era una bella zona: la sera era un po’ pericoloso e si aveva maggiormente l’impressione di trovarsi in periferia. Negli anni il Vigentino si è molto riqualificato, con case nuove e belle persone. Lui frequenta il mercato fin da bambino, per cui molti clienti anziani lo hanno visto crescere, anche se purtroppo alcuni sono venuti a mancare nel tempo. Vorrebbe quindi vedere più giovani frequentare il mercato, anche se da quando si è diffuso il lavoro ibrido, ha ampliato la sua clientela grazie agli smart workers. Gianfranco vive in campagna e gli piace la quiete, per cui per lui la qualità della vita è legata al fatto di avere i propri spazi, la propria privacy, la libertà di non dover avere le tende in casa perché fuori c’è la campagna. Non apprezza quindi la vita nei condomini, dove alle volte tra vicini manca il rispetto reciproco. Per lui la comunità ideale è quindi quella in cui ognuno sta a casa propria: dovendosi alzare alle tre della mattina, la quiete e il riposo sono per lui fondamentali. L’auspicio è che ci sia benessere un po’ per tutti, da intendersi sia come benessere materiale si, ma anche come benessere mentale.
Associazione Sportiva Dilettantistica Oratorio della Madonna di Fatima
Associazione Sportiva Dilettantistica Oratorio della Madonna di Fatima
Giorgio ha sessantatre anni ed abita nel Vigentino da quando si è sposato nel 1985. Allora, dove ora c’è l’oratorio, c’erano i campi: poi la Diocesi è riuscita ad acquisire i terreni circostanti alla Chiesa ed han potuto costruire l’oratorio come lo vediamo ora, con i campi sportivi e gli appartamenti per i sacerdoti.
Giorgio è stato dapprima educatore in parrocchia, poi l’otto marzo del 2006 ha deciso di creare un’associazione sportiva assieme ad un gruppo di mamme: non a caso la data scelta è la giornata internazionale della donna. L’associazione è infatti nata da un gruppo affiatato di ragazze che si trovavano a giocare a pallavolo e dall’occasione colta dalle mamme di proporre degli allenamenti e fornire occasioni di incontro per le ragazze e i ragazzi del quartiere. Se quindi la pallavolo femminile è rimasta il cuore dell’associazione, nel tempo l’offerta sportiva si è allargata al basket e al calcio. Dal 2006 l’associazione si è ampliata, passando da sessanta a quasi quattrocento tesserati nel periodo pre-covid.
Durante i due anni di pandemia, l’associazione è venuta incontro alle difficoltà delle famiglie, proponendo una quota di iscrizione di cinquanta euro per l’intera annualità. Le attività sono state discontinue, con continui ‘stop and go’, ma le famiglie hanno apprezzato l’impegno dei volontari, che hanno proposto allenamenti online come anche corsi di pittura e cucina pur di star vicini ai ragazzi in un momento così delicato. Finite le restrizioni, la voglia di partecipare è stata grandissima, così come il desiderio di ritrovarsi e stare assieme.
Giorgio è presidente dell’associazione dal 2009 e si occupa prevalentemente della parte burocratica, che negli anni è diventata sempre più asfissiante per le piccole associazioni. Tuttavia, quando può sostituisce volentieri gli allenatori di basket costretti ad assentarsi, in quanto il sorriso dei ragazzi è quello che da sempre lo motiva ad impegnarsi per l’associazione. L’associazione può contare oggi sulla motivazione di una cinquantina di volontari in quanto nessuno, dagli allenatori agli arbitri e al segretario, percepisce uno stipendio.
L’offerta sportiva va dall’ultimo anno d’asilo, con il mini basket e i primi calci, fino agli over sessanta. Recentemente l’associazione ha infatti allargato l’offerta ad una squadra di genitori che portavano i figli qui, anche se la maggior parte dei corsi è per i giovani delle elementari e delle medie: alle superiori si fa infatti più fatica a coinvolgere i ragazzi nelle attività sportive, anche se ci sono attualmente due squadre di pallavolo per i ragazzi sopra i diciotto anni. L’auspicio è quello di far crescere umanamente e tecnicamente i ragazzi, perché raggiungano risultati sportivi come sta avvenendo e diffondere un agonismo positivo.
Per Giorgio la parrocchia Madonna di Fatima rappresenta un po’ il cuore del quartier Vigentino. La parrocchia organizza infatti momenti di convivialità, come la festa di fine anno della scuola che si teneva qui fino a due anni fa. Se pensa ad una comunità, Giorgio pensa quindi alla convivialità e ad uno spazio che include invece di buttare fuori: come si ripropone l’associazione nel suo statuto. L’auspicio è anche quello di prepararsi ad accogliere le nuove famiglie che arriveranno nel quartiere con una propensione all’ascolto e a dare una mano in caso di bisogno, con un’attenzione ai più piccoli e alle persone più fragili.
L'Impronta
L'Impronta
Laureato in economia, Andrea ha deciso di dedicarsi al sociale fin da ragazzo, avendo lavorato per anni in progetti di cooperazione internazionale in diversi paesi dell’Africa Occidentale e dell’America Latina. In questi anni ha imparato molto dalle comunità locali con cui lavorava, in quanto l’aiuto non è mai unidirezionale ma reciproco. Quattro anni fa ha incontrato il Gruppo L’Impronta e ha deciso di cogliere la sfida di lasciare il contesto internazionale per lavorare a progetti sociali qui in Italia. Andrea si occupa attualmente di comunicazione e fundraising e progettazione sociale, lavorando nelle periferie e nell’hinterland di Milano. Quello che lo appassiona del suo lavoro attuale è l’attenzione per il tema etico che il Gruppo ha saputo portare nel mondo aziendale, coinvolgendo diverse realtà profit del territorio nelle loro progettazioni.
All’interno dell’esperienza del Gruppo L’impronta hanno preso avvio diverse imprese sociali, caratterizzate tutte dall’attenzione alla qualità dei prodotti e all’inserimento lavorativo di persone con fragilità. A breve aprirà un’attività commerciale nel complesso di Housing Sociale di 5Square, che avrà una forte connessione con la cooperativa sociale agricola Agrivis, situata a Macconago nel Parco Agricolo Sud, che si occupa di agricoltura biologica e trasformazione dei prodotti agricoli. L’idea è quindi, vista la vicinanza del complesso residenziale con l’azienda agricola, di far fare agli abitanti delle esperienze in cooperativa, la quale dispone anche di un laboratorio di trasformazione e di un’aula polifunzionale.
L’auspicio per la nuova attività commerciale è che diventi un luogo di aggregazione vero all’interno del quartiere, dove vorrebbe veder nascere un bel clima di collaborazione anche grazie alle numerose associazioni presenti. Per il futuro vorrebbe anche che il complesso residenziale di 5Square fosse meglio collegato urbanisticamente con l’area verde adiacente per una maggiore fruizione degli spazi verdi da parte degli abitanti.
Maschile Plurale
Maschile Plurale
Maschile Plurale nasce nel 2006 con la sottoscrizione del primo appello nazionale firmato da gruppi di uomini in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne del venticinque Novembre. Si tratta del primo appello pubblico, sottoscritto da molti uomini, che prende posizione rispetto alla responsabilità maschile nel sistema patriarcale e maschilista, di cui la violenza fisica e i femminicidi sono solo la punta dell’iceberg. Per la prima volta gli uomini hanno quindi deciso di esporsi contro questa cultura diffusa, dicendo di sentirsi altro rispetto al modello di maschilità proposto.
Nel corso degli anni novanta in Italia sono nati diversi gruppi di autocoscienza maschile impegnati sul tema della violenza contro le donne. Si tratta di gruppi eterogenei tra loro, tra cui ci sono gruppi più informali, che si ritrovano per discutere di determinate tematiche, e gruppi più professionali, che lavorano con progetti finanziati, fanno attività educative nelle scuole o si occupano di uomini maltrattanti. In totale in Italia esistono attualmente una ventina di questi gruppi.
Maschile Plurale è quindi una rete di uomini appartenenti a questi diversi gruppi. Tra i suoi fondatori vi è Stefano Ciccone, che ha scritto la prefazione al libro “Maschilità smascherata” pubblicato recentemente dal gruppo milanese GNAM, Gruppo di Autocoscienza Maschile. Tra le personalità di spicco vi è anche Lorenzo Gasparrini, filosofo femminista autore di diversi libri, quali “Perché il femminismo serve anche agli uomini”, “Diventare uomini. Relazioni maschili senza oppressioni”, “Non sono sessista ma…”, "No. Del rifiuto, di come si subisce e di come si agisce e del suo essere un problema essenzialmente maschile".
Negli anni Maschile Plurale ha anche sviluppato rapporti e collaborazioni con la galassia dei gruppi femministi e con femministe di rilievo come Lea Melandri. Uno o due volte l’anno l’associazione organizza delle assemblee nazionali in cui ci si confronta e si danno vita e diverse iniziative e progetti condivisi.
Prima di congedarsi, chiediamo a Marco e Michele la loro opinione sul termine “femminicidio” e sulla necessità di mantenere un termine distinto da quello generico di omicidio. A questo proposito Marco e Michele ci spiegano dell’importanza delle parole e quindi di utilizzare il termine “femminicidio” che in sé chiarisce l’esistenza di una cultura maschile violenta nei confronti delle donne e che si poggia su di un retroterra culturale di possesso nei confronti delle donne. Relazioni di potere nelle quali, se la donna cerca di sfuggire, l’uomo maschilista si sente in diritto di esercitare la sua forza fisica per impedire alla donna di esercitare la sua libertà, perché, come dicono le statistiche, la stragrande maggioranza dei femminicidi è perpetrata da compagni o ex compagni che non accettano la fine di una relazione.
Anasse
Anasse
- Vigentino
- MA
- Via Antegnati, 20141 Milano MI, Italia
- 09-2023
Anasse è nato in Marocco ed è in Italia dal 2018. Ha sempre vissuto a Milano: prima con la famiglia a Corvetto ed ora in una comunità a 5Square, dove condivide l’appartamento con altri ragazzi.
Originario di Casablanca, torna in Marocco tutte le estati : la sua famiglia infatti è qui a Milano mentre i parenti sono rimasti in Marocco. Della sua nuova vita in comunità apprezza di poter avere un stanza tutta per sé e anche di poter partecipare a dei momenti di convivialità nello spazio condiviso Living, come mangiare e ballare … la musica italiana gli piace infatti molto. Apprezza anche l’aspetto comunitario dell’Housing, per cui si è offerto di fare la spesa per una persona anziana che non può camminare, e desidera in futuro partecipare all’iniziativa degli orti condivisi. Nel tempo libero va a giocare a calcio, frequenta il centro di riabilitazione ed il sabato gli piace andare a ballare.
Dopo che è arrivato in Italia ha frequentato la scuola per due anni ma ora non sta più studiando e gli piacerebbe invece lavorare e imparare a fare il parrucchiere: per ora ha fatto pratica in casa, ma vorrebbe lavorare in un negozio. Anasse parla Arabo e Marocchino, un pochino il Francese e l’Italiano, anche se ancora non sa leggere bene. Tra qualche anno vorrebbe comprarsi casa qui a Milano perché gli piace vivere qui.
VigentiAmo
VigentiAmo
Francesca abita nel quartiere Vigentino da trentadue anni. Prima di avere figli si occupava di ufficio stampa per aziende e organizzava congressi. Con l’arrivo dei figli ha smesso di lavorare e si è dedicata di più al suo quartiere, con diverse iniziative di volontariato. Da qualche anno ha anche ripreso l’attività lavorativa facendo la tata.
Tra le associazioni per cui Francesca fa volontariato da più tempo vi è Opera Cardinal Ferrari, che ha l’unico centro diurno a Milano per senza fissa dimora e persone fragili, con servizio docce e guardaroba. Lei si occupa di smistare i vestiti che le persone donano assieme ad altre volontarie. In seguito è stata tra le fondatrici del Comitato Vigentino per Milano, per il quale ha seguito l’iniziativa di bookcrossing, che è diventata un momento importante di aggregazione nel quartiere. Cinque anni fa ha poi deciso di costituire un gruppo informale di persone con l’obiettivo di coinvolgere più cittadini e far vivere il suo quartiere. Il gruppo si chiama VigentiAmo, un’abbreviazione di “Vigentino ti amo” che ha dato vita ad un nuovo verbo, una sorta di esortazione a prendersi cura del quartiere.
Tra le iniziative promosse da VigentiAmo in questi anni vi è il baratto di giochi per bambini di elementari e medie che si tiene al CAM Verro ogni due mesi e durante il quale i bambini possono donare dei loro giochi e prenderne degli altri. Nella scelta dei giochi viene chiesto ai genitori di non intervenire, perché i bambini fanno una scelta emotiva, senza dare un prezzo alle cose. Recentemente hanno provato uno swap party alla festa delle medie, in cui i ragazzi potevano scambiarsi dei vestiti. Hanno poi aderito all’iniziativa “Viva Vittoria,” per cui si ritrovano per lavorare ai ferri o all’uncinetto dei quadrotti che poi raccolgono e cuciono assieme per realizzare delle coperte colorate. Oltre ad essere una bellissima occasione di aggregazione, quella di ritrovarsi e sferruzzare insieme a maglia, il ricavato viene devoluto ad un’associazione che si occupa di donne maltrattate. Organizzano poi dei momenti di fitwalking, in cui camminano assieme per tenersi in forma e conoscere meglio il quartiere. Hanno anche aderito a diverse edizioni di “Puliamo il mondo”, giornate che solitamente riscuotono un grande successo, e organizzato dei workshop ai giardinetti di Via Verro con un’associazione che si occupa di aggiustare biciclette. Hanno anche creato un gruppo di lettura che però, non avendo una sede fissa e non essendoci una libreria, si ritrova a casa.
Francesca si ricorda ancora delle prime volte che è venuta nel Vigentino: lei abitava in un quartiere centrale di Milano e veniva qui a trovare una sua compagna del liceo che abitava in zona. Allora le sembrava di venire nel nulla, mentre quando poi si è trasferita qui ha apprezzato moltissimo le grandi aree verdi, dal parco del Ticinello al cammino nel verde per Chiaravalle. Quando aveva i bambini piccoli che portava a spasso in carrozzina, munita di stradario si prefiggeva ogni giorno di scoprire un nuovo pezzo di quartiere e così pian piano ha imparato a conoscerlo. E’ inoltre un quartiere con una sua storia, di cui chi è nato e cresciuto qui è molto orgoglioso. Si è anche molto espanso – trent’anni fa molte case non c’erano – e Francesca vorrebbe capire quanto sarà gentrificato in futuro con l’arrivo delle grandi aziende della moda ed i progetti per le olimpiadi. Un aspetto critico secondo Francesca è che si è continuato a costruire nel quartiere pur senza ampliare i servizi: non c’è una metropolitana ma solo il tram ventiquattro e mancano luoghi di cultura. “Siamo però pieni di supermercati … per cui di fame non moriremo, semmai moriremo di cultura” scherza Francesca. La chiusura di molti negozi che non hanno riaperto dopo il Covid pone anche dei problemi di sicurezza in un quartiere in cui non ci sono luci accese la sera. Vorrebbe quindi veder nascere centri di aggregazione, come delle biblioteche o semplicemente degli spazi dove poter bere un caffè e sferruzzare con altre persone. In alcune zone di Milano esistono delle Case delle Associazioni … qui hanno solo un CAM che però pone problemi di agibilità per cui hanno dovuto interrompere il cineforum estivo.
Per Francesca una comunità dovrebbe essere aperta a tutti e laica. Una comunità per tutti quindi: trasversale per ceto ed età, dove i bambini possano interagire con gli anziani, dove non ci siano conflitti generazionali per cui ci si lamenta che “i giovani fanno casino”, dove ci si sente a casa e dove poter fare attività assieme ad altre persone.
L’auspicio per il futuro è di continuare con questo entusiasmo, che si riesca a collaborare con altre realtà anche trovando una sede condivisa perché la mancanza di luoghi fisici rappresenta un freno per le attività.
Fare Assieme
Fare Assieme
La storia di Ignazio e Pina inizia quando loro figlia si è ammalata di un disturbo psichiatrico all’età di diciannove anni e, assieme ad altri familiari, hanno intrapreso un percorso al fine di capire la malattia e sapere come comportarsi in modo adeguato con loro figlia, oltre ad aprire un dialogo permanente con i servizi del territorio. Così è nata l’associazione, di cui entrambi sono fondatori.
“Fare assieme” è il nome dell’associazione ma è anche un principio fondamentale per loro, ovvero la necessità di creare un intreccio tra comunità competente per esperienza, quindi i familiari e le persone prossime, e comunità competente per professione, ovvero i professionisti che erogano le cure. E’ fondamentale che queste due comunità dialoghino, in quanto negli ultimi dieci anni la famiglia è stata riconosciuta come parte integrante dei processi di cura. La persona con disturbi psichiatrici vive infatti in famiglia ed è quindi necessario lavorare con essa in un percorso di consapevolezza, che richiede costanza e assiduità. La salute mentale è infatti impegnativa anche per i familiari, che talvolta fanno fatica ad accettarla e devono in primis imparare a gestire se stessi e le proprie aspettative, perché più esternalizzano la loro frustrazione e disperazione, più il malato si percepirà come perdente. E’ infatti dimostrato che minore è l’emotività negativa espressa dai familiari e maggiore sarà la possibilità di recupero del malato. In questo il mutuo aiuto tra famiglie è un altro principio cardine dell’associazione, al fine di trasformare il dolore dei familiari in energie positive e combattere l’isolamento in cui molte famiglie si chiudono in ragione dello stigma sociale legato alla malattia. In questo l’associazione si definisce un modello di welfare generativo collaborativo, in cui le persone portatrici di problemi e sofferenze diventano protagoniste del proprio percorso di recupero del benessere.
Si rifanno alla psichiatria territoriale del Basaglia, ovvero l’idea che si possa curare la malattia mentale in spazi di libertà e non di contenzione, in quanto la contenzione porta alla regressione. Ognuno di noi è portatore di energie resilienti che ci aiutano a far fronte ai problemi e che devono essere facilitate ad emergere. Il loro è quindi un luogo che permette di far emergere le risorse resilienti delle persone e dar spazio alle passioni schiacciate dalla malattia. La psichiatria inglese degli anni settanta già spingeva a creare dei luoghi di socializzazione gestiti da familiari e utenti con degli operatori che vengono di tanto in tanto, in quanto chi ha una malattia mentale necessita di avere un piede dentro il sistema ospedaliero ed uno fuori, per ritrovare equilibrio e autostima. Altro elemento fondamentale già sperimentato da anni con successo in Trentino, Toscana ed Emilia Romagna, è quello di responsabilizzare gli utenti. Nei servizi di queste regioni lavorano infatti dei familiari e degli utenti esperti che, avendo vissuto la problematica, hanno una maggiore empatia e sanno come comportarsi. Anche l’associazione nel suo piccolo cerca di responsabilizzare alcuni utenti a cui dà anche un compenso economico quando si vincono dei progetti. In generale il loro è uno spazio amicale, in cui ci si sente in famiglia, al punto che parlano di “adozione”, ovvero l’idea che ci sia un prendersi cura collettivo degli utenti in quanto alcuni non hanno nessuno.
Il servizio pubblico infatti ha visto nel tempo un restringimento significativo delle risorse, per cui gli utenti vengono seguiti fino ai trentacinque/ quarant’anni e poi vengono abbandonati: proprio nella fascia d’età più critica in cui i loro care givers, che sono spesso i genitori, vengono meno. Nel Municipio Cinque, dove ci troviamo ad esempio, loro sono l’unica associazione che si occupa di salute mentale e si stima che ci siano circa duemila cittadini con una malattia psichiatrica cronica. C’è quindi molta ospedalizzazione e pochi servizi sul territorio: loro si occupano di seguire le persone nel tempo fuori dall’ospedale, organizzando dei momenti di convivialità, delle attività come l’arteterapia e recentemente anche un coretto. Possono offrire questi servizi grazie al lavoro dei volontari perché i progetti non assicurano la continuità delle risorse, oltre a richiedere che ci siano persone specializzate dedicate al lavoro di raccolta fondi.
Il loro auspicio è quindi quello di far sapere nel territorio che ci sono associazioni che si occupano di salute mentale e far conoscere quello che fanno, in modo da avere più volontari e poter assicurare i loro servizi gratuiti.
C.I.A.O. Onlus
C.I.A.O. Onlus
Elisabetta è la presidente dell’Associazione C.I.A.O. “Camminare Insieme con Amore verso Opera”, fondata da sua mamma nel 1995 assieme ad altri volontari del carcere di Opera. Sua mamma faceva infatti la volontaria all’interno del carcere e negli anni di volontariato si è resa presto conto della necessità di disporre di spazi dove i detenuti potessero recarsi durante i permessi premio, da cui l’idea di costituirsi in associazione. Dal 2000 l’associazione ha sede in una vecchia scuola concessa dalla parrocchia dei santi quattro evangelisti a loro adiacente, edificio che l’associazione è riuscita a ristrutturare ricavandone degli appartamenti. Oltre agli appartamenti nella sede principale, che accolgono mamme detenute con bambini, l’associazione dispone di altri quattro appartamenti in zona Giambellino, Porta Genova e 5Square, che ospitano mamme in condizioni di fragilità. Elisabetta spiega come il vivere in comunità sia fondamentale per il reinserimento in società di mamme ex detenute con bambini. A 5Square, un Housing Sociale in cui si sperimentano delle forme di abitare collaborativo volte alla costruzione di legami comunitari, è stato inoltre possibile inserire le mamme all’interno di un contesto di solidarietà e condivisione e l’associazione stessa si è fatta promotrice di iniziative di quartiere quali il gioco danza, laboratori di fiabe per bambini e dei momenti di convivialità come delle merende il sabato pomeriggio. Per Elisabetta una comunità si basa sull’accoglienza, che passa per il conoscersi, il condividere dei momenti assieme e l’accettarsi al di là dei percorsi passati. Comunità è anche aiuto reciproco e reciprocità, per cui anche le mamme possono essere d’aiuto portando la loro esperienza e mettendo a disposizione le loro competenze. Comunità è quindi l’immagine di un abbraccio, da intendersi anche come il sentirsi parte di qualcosa.
Elisabetta ha iniziato a lavorare per l’associazione nel 2007, occupandosi della gestione dei detenuti in permesso premio e visura alternativa che venivano accolti nelle strutture per poter trascorrere del tempo con i loro familiari. Si è poi occupata di progettazione, raccolta fondi e amministrazione e dal 2016 è presidente dell’associazione, anche se mantiene una forte operatività.
In questi anni Elisabetta ha fatto tesoro di molte storie. Molte sono le immagini di gioia delle mamme che arrivano in detenzione domiciliare e che finalmente sono libere di uscire. Molti sono anche i momenti di fatica e debolezza: momenti in cui generalmente si crea una forte solidarietà tra le mamme della comunità e ci si fa coraggio a vicenda, nonostante le diversità caratteriali e culturali. Elisabetta ricorda ancora molto nitidamente la prima mamma detenuta che lei ha seguito. Questa mamma viveva all’Icam, l’Istituto di Custodia Attenuata per Madri, una sorta di sezione distaccata di San Vittore per mamme con bambini. Aveva dodici ore di permesso e la sua bimba, che stava per compiere tre anni, non era mai uscita con la mamma. Per cui sono andate al supermercato a comprare le cicche e una pizza da mangiare in struttura: quello che per noi rappresenta la normalità, per loro rappresentava l’eccezionalità. In quel momento Elisabetta e le altre operatrici han deciso di affrontare la sfida, in primis economica, di prendere in carico le mamme con bambini. Ricorda anche di una mamma che è dovuta tornare in carcere, per cui han dovuto dire al bambino che lo avrebbero riportato in carcere perché l’appartamento di C.I.A.O. doveva essere ristrutturato. Quando è stato possibile riportare la mamma e il bambino da loro in struttura, lui ha esclamato: “Finalmente son tornato a casa”!
Elisabetta confessa che il suo lavoro non è sempre facile, eppure anche nei momenti di fatica, c’è sempre qualcosa che spinge loro operatori ad andare avanti: l’affetto e la passione per le mamme e i bambini, il senso del lavoro che stanno facendo che è quello di dare la possibilità ai bambini con mamme detenute di uscire dal carcere e vivere la normalità.
L’auspicio è di riuscire a proseguire la loro attività aumentando le proprie capacità, in quanto di case famiglia protette per mamme detenute con bambini ne esistono solo due in tutta Italia.
Tiziana
Tiziana
- Vigentino
- IT
- Via Bernardino Verro, 20141 Milano MI, Italia
- 09-2023
Tiziana è insegnante di scuola primaria da oltre quarant’anni. Di formazione scientifica, la passione per l’insegnamento l’ha spinta poi a prendere da privatista l’abilitazione magistrale, in quanto le piace il mondo dell’infanzia. Ha iniziato ad insegnare in Barona, in un contesto di famiglie che abitavano in case occupate. Poi nell’ottantatre ha iniziato a lavorare nel Vigentino: prima nella scuola di Via Antonini e poi in quella di Wolf Ferrari. Dopo qualche anno si è poi trasferita qui nel Vigentino, che definisce il suo quartiere di elezione. Qui infatti ha conosciuto così tanti bambini che sente di avere un’identità in questo posto, per il quale ha un legame emotivo e dove pensa di aver inciso, spera positivamente. Tiziana ha iniziato a lavorare molto giovane ed ha preso la laurea in Scienze Politiche con indirizzo sociologico quando già aveva avuto una figlia. Il suo lavoro continua ad appassionarla dopo tanti anni, anche se sente di dover rallentare e dedicarsi maggiormente a sé stessa: tra un po’ andrà in pensione ed ha tanti progetti.
Quello che l’appassiona del suo lavoro è l’idea di poter incidere positivamente sulla vita delle persone e di poter diventare un punto di riferimento in molte situazioni problematiche. A scuola si è occupata tre anni di lotta alla dispersione scolastica nella zona di Vaiano Valle, dove si trova un campo Rom. Ha iniziato quindi a frequentare il campo per riportare i bambini a scuola ed ha scoperto un mondo. In alcuni casi lei e le sue colleghe sono riuscite a riportare i bambini a scuola: alcuni hanno poi completato la scuola secondaria di primo grado, sono diventati cittadini italiani ed hanno trovato un lavoro. Insegnare è un lavoro di relazione sempre nuovo, in quanto gli alunni cambiano e per cui non si fanno mai le cose allo stesso modo. E’ anche un lavoro creativo: vi è infatti un margine per proporre cose nuove e metterci del proprio. In questo è un lavoro molto gratificante, anche se negli ultimi anni si è troppo burocratizzato. E’ però un lavoro che ti porti a casa, perché si prendono a cuore le storie dei bambini e, con loro, delle loro famiglie. E’ un lavoro che ti mantiene giovane, perché essere sempre in contatto con i giovani è un bel modo di tenersi al passo con i tempi.
Tiziana ha iniziato a frequentare il Vigentino dall’età di quattordici anni, quando veniva qui a giocare a basket. Il suo primo ricordo del quartiere è quindi di quando i ragazzi venivano all’uscita degli allenamenti per vedere loro ragazze nella divisa in pantaloncini corti. Allora era un quartiere popolare, con molte case popolari. I bambini crescevano all’aperto giocando nei cortili: dopo il pranzo, i ragazzi facevano i compiti nell’ora del riposino e poi scendevano a giocare, con i genitori che davano un occhio dal balcone di tanto in tanto. Negli anni in cui ha insegnato qui, Tiziana ha visto tre fasi: una prima fase di case popolari di ringhiera che avevano i bagni comuni nei ballatoi, abitate principalmente da famiglie dal Sud, con la presenza di alcune famiglie in situazioni di disagio; una seconda fase in cui è diventato un quartiere di gente semplice, che vive del proprio lavoro ; una terza fase in cui è diventata visibile la presenza di famiglie straniere di madre lingua non italiana, a cui è seguita una fase recente di bambini nati in Italia e di madrelingua italiana anche se da famiglie straniere.
Il Vigentino è un quartiere che ha tutti i servizi a portata di mano: la comodità è importante per poter dedicare il tempo libero ai propri interessi. E’ un quartiere in cui vi è un connubio tra la vivacità della città e delle iniziative culturali, che è il motivo per cui a Tiziana piace Milano, e il verde e la campagna. E’ poi un quartiere che ha una storia, abitato ancora oggi da persone che hanno dei ricordi antichi del luogo. A lei piace molto la campagna andando verso Chiaravalle e si sposta volentieri in bici. A questo proposito la Via Ripamonti è un po’ pericolosa perché stretta e molto trafficata. Le piace fare una vita di quartiere, per cui va volentieri in un bar sotto casa dove è possibile giocare a scacchi. Per le attività culturali, a parte il salotto letterario Caracci che è diventato una realtà importante nel quartiere, bisogna spostarsi in zona Barona e Corvetto, dove ci sono teatri e il Centro Internazionale di Quartiere. Anche per trovare delle biblioteche bisogna spostarsi a Corvetto oppure in Chiesa Rossa o in Viale Tibaldi. Ultimamente sta pensando di riprendere a giocare a basket nella nazionale over ciquantacinque e le piacerebbe trovare qualcuno in zona con cui fare due tiri.
Per Tiziana una comunità dovrebbe essere solidale e creativa. Un luogo dove ognuno mette in gioco le proprie competenze al servizio degli altri, in cui ha di più da di più. Un luogo anche organizzato, altrimenti il rischio è che si rimanga nell’astratto. Luogo spirituale ma anche fisico, in quanto perché le persone si incontrino e nascano dei legami è necessario ritrovarsi fisicamente.
Per il futuro l’auspicio di Tiziana è quello di poter conoscere in zona persone con interessi a lei comuni e che la comunità sappia integrare le persone nuove nel quartiere al di là della loro provenienza. Rispetto al quartiere invece, le piacerebbe ci fosse una libreria e dei luoghi di socialità e aggregazione, dove leggere, organizzare feste e incontrarsi in momenti conviviali.
Cooperativa Agrivis
Cooperativa Agrivis
Andrea si occupa di inserimento al lavoro di persone fragili ed è il responsabile della cooperativa sociale agricola Agrivis. La cooperativa esiste già da qualche anno, anche se i lavori della cascina sono stati completati meno di due anni fa, permettendo alla cooperativa di far decollare a pieno le proprie attività. Agrivis si occupa di agricoltura biologica ed ha ottenuto la certificazione BIO nel gennaio 2019. Si coltivano principalmente orticole- con oltre quaranta tipologie di verdure- ed in piccola parte frutti destinati principalmente al laboratorio di trasformazione - come fragole, lamponi e more. Nel complesso Agrivis dispone di quattro ettari di terreno di sua proprietà e mezzo ettaro di terreno in comodato d’uso, la maggior parte dei quali dedicati a coltivazione in pieno campo ed in piccola parte alla coltivazione in serre non riscaldate.
La cooperativa si trova all’interno del Parco Agricolo Sud, nel Municipio 5 di Milano. La posizione è ideale in quanto si è immersi nel verde ma il centro città dista solo una ventina di minuti. Agrivis fa parte del gruppo L’Impronta, motivo per cui tutte le sue attività hanno come missione l’inserimento al lavoro di persone fragili. Oggi l’équipe di Agrivis è coordinata da un agronomo e si compone di sei ragazzi fragili tra migranti, detenuti a fine pena e ragazzi con disabilità fisica o psichica. A questi si aggiungono al bisogno borse lavoro e tirocini per quanti vogliano imparare il mestiere nel campo o in laboratorio.
Il completamento della cascina ha permesso anche di allestire al primo piano due appartamenti in grado di accogliere dieci ragazzi in situazione di precarietà e che non potrebbero quindi accedere al mercato degli alloggi : oltre alla casa, i ragazzi ricevono assistenza nell’espletamento di pratiche burocratiche quali l’ottenimento del permesso di soggiorno e della tessera sanitaria. Ia cascina ha inoltre permesso di avviare un nuovo ramo d’impresa, con l’apertura di un laboratorio per la trasformazione dei prodotti freschi in conserve, confetture e succhi: oltre ad utilizzare i prodotti del proprio campo, che per forma e dimensioni non sono atti alla vendita, la cooperativa ha avviato un dialogo con l’ortomercato di Milano in ottica di contrasto allo spreco alimentare, in quanto si calcola che ogni giorno vengano buttate al mercato tra le nove e le dieci tonnellate di frutta e verdura.
La cooperativa dispone anche di un’aula polifunzionale dove ospitare le scuola per laboratori a tema agricolo e sostenibilità ambientale e sociale. Inoltre, il sabato la cascina è aperta a tutti quanti desiderino venire ad acquistare i prodotti freschi, offrendo anche la possibilità di raccoglierli direttamente dal campo. A breve la cooperativa aprirà anche un punto vendita all’interno dell’Housing Sociale di Via Antegnati, a pochi kilometri dalla cascina, dove L’Impronta sarà presente con un panificio pasticceria. Fondamentale per Agrivis come per tutte le attività del gruppo L’Impronta sarà il raggiungimento di una sostenibilità economica dopo una prima fase di start up. A tal proposito fondamentale è la relazione che L’Impronta ha saputo instaurare negli anni con molte aziende del territorio milanese.
La Strada Cooperativa Sociale
La Strada Cooperativa Sociale
La Cooperativa Sociale La Strada nasce una quarantina di anni fa per rispondere al grave problema delle tossicodipendenze di quegli anni. Inizialmente si trattava di un gruppo di giovani animati da Don Giancarlo Cereda che poi si è strutturato dando vita alla cooperativa. Nel tempo La Strada si è specializzata in alcune macroaree: quello della domiciliarità, con operatori ed educatori che si recano a domicilio da persone che necessitano di un intervento sociale ed educativo; l’area della territorialità, con servizi legati ai bisogni del territorio dove La Strada ha sede, come centri diurni e di aggregazione per i giovani, l’assistenza ai minori in situazioni di fragilità, percorsi formativi per contrastare l’abbandono scolastico, lo Sportello WeMi ed il Centro per i Servizi al Lavoro; la residenzialità, con servizi di accoglienza abitativa negli housing e con le comunità per sieropositivi; i servizi di cura a supporto di minori e adulti che presentano una sofferenza post-traumatica grazie al supporto di psicologi e psicoterapeuti.
Lia è arrivata in cooperativa nel 2005, lavorando inizialmente nel centro diurno per le comunità per sieropositivi e malati di aids di cui è diventata coordinatrice, e poi nell’area dell’accoglienza abitativa. Prima di arrivare qui, Lia aveva già fatto esperienza in comunità di mamme con bambini, comunità per persone con disagi psichici e nelle scuole, essendo lei educatrice. Quello che ha fatto sì che decidesse di restare a lavorare per La Strada è il fatto di sentire di poter fare la differenza e di poter dare effettivamente risposta alle emergenze dal punto di vista sociale. In questo, la cooperativa ha saputo cogliere l’evoluzione dei bisogni ed adattare la propria offerta di servizi. Ad esempio, anni fa il tema abitativo non rappresentava un bisogno importante, mentre oggi rappresenta una vera emergenza in città come Milano in ragione della difficoltà ad accedere ad un alloggio dignitoso e sostenibile economicamente. L’emergenza abitativa oggi non riguarda infatti solo gli anziani soli e le persone sfrattate, la prima accoglienza delle mamme che escono dalle comunità e le case rifugio per donne maltrattate, ma sempre più quanti non hanno semplicemente i mezzi per poter pagare un affitto. Anche l’area dell’orientamento al lavoro è diventata particolarmente rilevante ed ha portato la Strada ad aprire un Centro per i Servizi al Lavoro accreditato. In ogni caso, il principio che guida il lavoro della cooperativa è quello di fornire gli strumenti perché le persone possano trovare la loro strada in autonomia, con uno sguardo ed un’attenzione ai bisogni del singolo, quindi senza uniformare la risposta.
Rispetto al periodo del Covid, Lia ricorda l’impegno degli operatori nel raggiungere le persone accompagnate per accertarsi che padroneggiassero le informazioni sanitarie e nel sostenere i ragazzi e le famiglie rispetto ai nuovi bisogni emersi con la DAD, fornendo ad esempio device per il lavoro scolastico. Nel caso delle donne maltrattate poi, il periodo del Covid è stato particolarmente drammatico in ragione della coabitazione forzata e della maggiore difficoltà nei percorsi di autonomia. Con il ritorno alla ‘normalità’, la cooperativa è stata poi particolarmente attiva nel sostenere le persone a reimmettersi nel mercato del lavoro.
Rispetto al quartiere Corvetto, si tratta di un territorio ricco di associazioni e quindi vivace. Alcune di queste associazioni hanno una storia radicata nel quartiere e con queste la cooperativa ha sviluppato una relazione consolidata. L’arrivo di nuove realtà ha permesso invece di sviluppare progettualità innovative, con esperienze in cascina nelle aree verdi della Vettabbia e di Chiaravalle. In ogni caso, la tendenza crescente tra le associazioni di quartiere è quella di sviluppare collaborazioni e di lavorare in rete. Negli ultimi tempi si è vista anche una maggiore attenzione alle zone periferiche da parte del Comune, con la nascita di piste ciclabili ad esempio, anche se rimangono delle situazioni di forte disagio nei quartieri popolari.
Filippo
Filippo
- Vigentino
- IT
- Via Antegnati, 20141 Milano MI, Italia
- 09-2023
Filippo si occupa di sicurezza e per molti anni ha lavorato nell’azienda di famiglia. Ha dovuto iniziare a lavorare quando è mancato suo papà, portando avanti allo stesso tempo gli studi. Da scienze politiche ha deciso di cambiare percorso di studi per poter disporre di strumenti giuridici e economici per lavorare in azienda ed ha concluso gli studi con un master in corporate governante. Dopo dodici anni ha poi deciso di cambiare vita, lasciando l’azienda di famiglia e iniziando a lavorare in Confcommercio.
Prima di trasferirsi qui viveva a Buccinasco, dove è presidente di una onlus che si occupa dei bisogni delle famiglie con servizi di ostetricia a domicilio, un gruppo di acquisto solidale, un Alzheimer caffè per gli anziani, e molto altro. A Buccinasco abitava in una grande casa abitata da più famiglie, per cui è abituato a condividere gli spazi e gli piace l’idea di abitare collaborativo dell’housing sociale di 5Square. Ha fatto domanda appena uscito il bando, in quanto i prezzi delle case a Milano sono abbastanza proibitivi. Con i vicini ha fatto amicizia velocemente, avendo trovato persone disponibili e cordiali. Diverse sono poi le occasioni di incontro: oltre all’iniziativa degli orti condivisi che hanno sul tetto, a cui molti condomini hanno aderito, la sua scala organizza regolarmente degli aperitivi nello spazio condiviso Living e con alcuni si ritrovano anche per delle cene a casa. Al Living si organizzano diverse attività, a cui non sempre riesce a partecipare per motivi di tempo: come il coworking, lo yoga, l’allenamento funzionale e recentemente degli incontri volti alla costituzione di una associazione di quartiere. Rispetto al Living, lo immagina come un luogo aperto anche a chi viene da fuori purché si dia priorità a chi vive a 5Square, trattandosi dell’unico spazio grande condiviso di cui dispongono i condomini per ritrovarsi. A breve il quartiere si completerà di negozi e servizi per cui inizierà ad essere vissuto anche da persone esterne.
Rispetto al Vigentino, Filippo non ha ancora avuto modo di percorrerlo a piedi, anche se gli piacerebbe farlo e conoscerlo meglio, in primis gli spazi verdi e le cascine di cui in molti gli hanno parlato. Frequenta comunque alcuni negozi, come la tintoria e il supermercato. Gli sembra comunque sia un quartiere dove si possano trovare i commerci e servizi che servono nel quotidiano anche se, da celiaco, gli piacerebbe trovare un posto che faccia prodotti per celiaci nelle vicinanze.
Per Filippo una comunità è innanzitutto condivisione, da intendersi anche come condivisione degli spazi per attività comuni, ed inclusione, sia delle diverse culture ma anche delle diverse esperienze, dalla cui condivisione possono nascere occasioni di crescita personale. Comunità è quindi un luogo per tutti: coppie, single, famiglie.
Comitato Vigentino per Milano
Comitato Vigentino per Milano
Marco è il Presidente del Comitato Vigentino per Milano, associazione nata tredici anni fa con l’obiettivo di sviluppare socialità nel quartiere, con l’organizzazione di iniziative volte a far incontrare le persone attorno a tematiche culturali e sociali.
Il Comitato organizza infatti il bookcrossing: un baratto di libri che si tiene una volta al mese presso la scuola elementare di Via Antonini. Si tratta di un’iniziativa consolidata, che in tredici anni è cresciuta diventando un appuntamento fisso per le persone del quartiere: un momento di socialità per famiglie, anziani e persone che amano leggere in generale. Ad ogni evento partecipano infatti dalle centocinquanta alle duecento persone.
Una volta al mese il Comitato organizza anche delle conferenze che si tengono al CAM Verro, unico punto di aggregazione per il quartiere oltre alle parrocchie. Nel CAM si tengono infatti diverse attività, come corsi di ginnastica dolce per anziani, bische di carte e doposcuola per ragazzi. Le conferenze posso riguardare la presentazione di libri, temi sociali come la salute pubblica, le migrazioni, le elezioni europee, oppure temi culturali come conferenze sul continente africano o sulle tradizioni popolari, essendo un membro del comitato un appassionato del tema. L’idea del Comitato è comunque quella di stimolare la partecipazione degli abitanti e una cittadinanza attiva in generale.
Marco si è trasferito nel Vigentino appena laureato, quando ha trovato il suo primo lavoro. Si è trasferito in una casa di edilizia convenzionata che quando è arrivato lui era ancora in costruzione. Tra gli abitanti è nata subito una coesione che raramente gli è capitato di vedere a Milano: il palazzo dispone infatti di una sala comune dove si tengono assemblee, feste e corsi di fotografia e ballo. Di quando si è trasferito ricorda che Via Verro era quasi in campagna e poi negli anni il quartiere si è sviluppato con la costruzione di nuovi palazzi. E’ un quartiere sicuro e tranquillo, che rimane prossimo alla campagna, anche se si è persa quella dimensione tipica di paese. A Marco piace fare delle passeggiate verso Chiesa Rossa o Chiaravalle passando per il Parco della Vettabbia, dove c’è anche una bella pista ciclabile. Nel quartiere mancano dei luoghi di socializzazione soprattutto per i giovani, che si ritrovano per lo più al bar o ai giardinetti. Gli piacerebbe che anche nel Vigentino nascesse un posto come a Chiesa Rossa, con una biblioteca o un altro spazio dove poter fare delle iniziative culturali e sociali, coinvolgendo i giovani per non abbandonarli ai giardini (il CAM è infatti molto piccolo). A tal proposito lo Spazio Living di 5Square è un posto molto interessante e l’auspicio è che si riempia di contenuti e che si sviluppi qualcosa che dia un contributo a tutto il quartiere, non solo a 5Square.
Scacco Matto Società Cooperativa Sociale
Scacco Matto Società Cooperativa Sociale
Paola è architetto ed ha lavorato per molti anni nel settore pubblicitario. E’ entrata poi in contatto con Scacco Matto nel momento in cui è stato aperto il centro diurno a San Donato. A San Donato vi è infatti un’associazione di familiari molto attiva, per cui l’associazione è partita lavorando con questo gruppo e si è poi ampliata accogliendo persone da tutta Milano. Paola è molto sensibile al settore della salute mentale in ragione della sua storia familiare, motivo per cui ha colto volentieri la sfida di aprire una sede dell’associazione nella provincia di Milano.
Jacopo invece è arrivato a Scacco Matto circa un anno fa occupandosi di lavori manuali legati alla ristrutturazione dello spazio, mentre oggi sta imparando il lavoro da copyrighter e sta lavorando in ufficio gestendo le persone e facendo promozione. “Scacco Matto non è per tutti, ma è per le persone pronte per Scacco Matto”, ci dice. Lui è arrivato qui dopo aver fatto un percorso in comunità e nel centro diurno si è subito trovato bene, in quanto ha trovato persone con cui passare la giornata, ritrovando una dimensione di normalità. La vita in comunità è stata per lui “de socializzante”, in quanto si ha a che fare con persone in terapia e con un malessere molto accentuato, per cui era difficile instaurare dei rapporti umani sani. Qui ha quindi riesercitato la sua capacità di interagire e socializzare con gli altri: “Saper instaurare dei rapporti di amicizia con le altre persone necessita infatti di tempo, dedizione e volontà. Ogni luogo ha la sua peculiarità”, ci spiega. La comunità serve a far fronte ad un momento di disturbo, il percorso ospedaliero crea un equilibrio che, una volta raggiunto, mette le persone in misura di intraprendere poi un percorso come quello con Scacco Matto, in cui si ridiventa protagonisti della propria vita, scoprendo e facendo emergere le proprie attitudini ed il proprio carattere. Chi arriva qui ha quindi superato la fase più acuta della malattia ed entra in una nuova fase di uscita dall’isolamento a cui spesso la malattia porta, e di risocializzazione.
Quando Jacopo è arrivato qui per la prima volta, gli è stato chiesto cosa gli piacesse fare. A lui piace scrivere per cui ha aiutato gli altri ragazzi a esprimere le loro esperienze e a fare teatro, scrivendo anche degli articoli. “Mentre in comunità cumulavo una piramide di piccole sconfitte, qui sto cumulando una piramide di piccole vittorie. Per le persone con un disagio mentale è importante essere riconosciute e riconoscersi in qualcosa che ha valore”. A tal proposito Paola ricorda di quando hanno partecipato ad un corteo con le associazioni di Corvetto, in cui i ragazzi e le ragazze di Scacco Matto si sono rivelati una risorsa utile: “Il passaggio da chi necessita di essere accudito a chi può invece essere un aiuto importante è stata una presa di coscienza importante anche per loro”. Tra le altre soddisfazioni vi è anche la vincita, lo scorso anno, di un concorso sul racconto di episodi autobiografici: Jacopo ha infatti una grande propensione all’ascolto per cui persone anche reticenti si sono aperte con lui raccontando la propria vita. “Raccontarsi ha rappresentato un momento importante di presa di consapevolezza rispetto al proprio passato”. Jacopo cita un paio di esempi di persone con mutismo selettivo e agorafobia che qui hanno ritrovato la loro dimensione.
Recentemente Scacco matto ha aperto un centro diurno anche in zona Corvetto, dove, grazie alla partecipazione ai patti di sussidiarietà, ha instaurato collaborazioni con altre associazioni che si occupano di fragilità. Attualmente loro si autofinanziano con le rette di iscrizione, per cui l’auspicio è quello di poter ricevere aiuti in modo da poter fornire il servizio gratuitamente.
Liliana
Liliana
- Vigentino
- IT
- Via Bernardino Verro, 20141 Milano MI, Italia
- 09-2023
Liliana è cresciuta in Via Macconago e ricorda di quando andava e veniva da scuola in Via Noto a piedi, tornando a casa nel pomeriggio con una fame tremenda. Ha cominciato la scuola a otto anni, perché prima c’era la guerra. Liliana aveva tre anni quando è cominciata la guerra e di quegli anni si ricorda ancora di quando c’erano i tedeschi nelle campagne. Era infatti una zona limitrofa alla campagna: suo papà faceva il mungitore e la sua famiglia lavorava i campi di grano. Dopo la quinta elementare Liliana è andata a lavorare. Ha però sempre continuato a leggere e si è fatta una cultura da sola, perché è una persona di natura curiosa e le piace imparare cose nuove. A sedici anni ha conosciuto suo marito e a ventidue anni si è sposata. Suo marito abitava nelle case popolari di Via Ghini, in un monolocale con otto persone. Da sposata si è poi trasferita a Gratosoglio per poi tornare in Vigentino, dove ha vissuto fino ad oggi.
Liliana ha lavorato per un importante importatore di vini e liquori dall’estero, per cui spedivano Cognac, Whisky e Champagne provenienti da Francia e Inghilterra in tutta Italia. Ha anche viaggiato molto per passione: le piace infatti visitare posti nuovi, vedere come vivono le persone, perché ogni paese ha le sue caratteristiche. Ha fatto quindi ben trentacinque crociere in giro per il mondo: dalla Tunisia – la sua prima vacanza all’estero, al Brasile, al Sud Africa e ai Caraibi. Ha fatto poi la commessa in un panificio del quartiere, motivo per cui ha conosciuto moltissime persone che ancora oggi la salutano se la incontrano per strada.
Di quando era giovane ricorda che c’era una fiera dove loro ragazzi andavano a divertirsi. Ricorda anche di quando sono arrivati in quartiere i primi tram … una vera rivoluzione! La vita in quartiere è cambiata: prima ci si conosceva e tra vicini ci si aiutava. Questa dimensione di paese le manca e pensa che si vada sempre più perdendo con le nuove generazioni. Ricorda anche di quando in quartiere c’era un cinema … poi ha chiuso, probabilmente perché da quando si è diffusa la TV i film si vedono anche a casa. Del quartiere le piace il verde, per cui nel tempo libero esce a fare delle passeggiate. Il suo posto di ritrovo preferito ora è l’oratorio, dove nel pomeriggio viene a giocare a carte per passare la giornata in compagnia. Prima seguiva anche un corso di ginnastica in oratorio che ora purtroppo non organizzano più. Viene però in occasione dei pranzi che alle volte organizzano … essendo rimasta sola, preferisce venire qui e stare in compagnia, per non restare tutto il giorno davanti alla tv. Si dispiace delle tante persone sole che passano le giornate in casa e vorrebbe che si facesse di più per raggiungere queste persone e farle uscire. Rispetto all’idea di comunità, rimpiange le comunità di una volta, in cui si era più uniti. Ora le sembra che le persone non si ritrovino più come una volta, a parte forse le persone di una certa età.
Officina Lavoro & WeMi Giovanola
Officina Lavoro & WeMi Giovanola
Djurdja, o Giorgia, è psicologa e lavora da tre anni per la cooperativa Officina Lavoro. Quando è arrivata qui erano in otto: ora sono più che raddoppiati e la cooperativa si è allargata moltissimo. Inizialmente lavorava come operatrice sociale e si occupava di progetti per i giovani e varie fragilità psico-sociali ed economiche. Prendeva quindi in carico dei giovani con varie fragilità che poi accompagnavano con dei percorsi a misura di persona della durata di uno o due anni. Questi percorsi prevedevano un sostegno psicologico, formativo e di orientamento al lavoro. Ora Giorgia è responsabile della sede di Milano e, in quanto cooperativa, ciascun socio può proporre ed avviare delle nuove progettualità: in questo vi è un forte spirito imprenditoriale che viene molto apprezzato dai soci che sono per lo più giovani under trentacinque.
Nel loro lavoro si rivolgono al Municipio cinque e non solo: fanno infatti parte di diversi tavoli territoriali, tra cui il tavolo lavoro, e di diverse reti, come la rete di QuBì Gratosoglio, che si occupa di povertà minorile. Sono quindi uno spazio aperto a tutta la cittadinanza: vocazione che si è rafforzata con l’apertura dello sportello WeMi, anche se il loro target primario rimane quello dei giovani adolescenti e adulti con diverse fragilità. Un esempio sono i laboratori per i giovani sulla motivazione, l’autostima e la gestione delle emozioni oppure il progetto “Officina dell’io” per minori con messa alla prova dell’area penale e che loro accompagnano in percorsi di volontariato e riabilitazione. Hanno poi sei sportelli di orientamento situati in diversi comuni, in cui si occupano di accompagnamento e inserimento lavorativo, e dispongono di un appartamento dove possono ospitare temporaneamente persone in grande difficoltà.
Dal gennaio 2022 hanno aperto una Spazio WeMi nella loro sede di Via Giovanola nel Municipio Cinque, uno spazio in cui confluiscono tutte le persone che han bisogno di orientamento rispetto ai servizi del territorio oppure supporto per delle pratiche online. All’interno di questa proposta hanno lanciato un corso di cittadinanza digitale per over sessanta che è stato molto apprezzato ed ha permesso alla cooperativa di capire meglio le esigenze di questa fascia d’età ed aprire a delle nuove proposte ad hoc. Altri esempi riguardano il supporto per l’espletamento di diverse pratiche del comune, come il sostegno al reddito, il voucher zero diciotto, la richiesta di case popolari o la misura B2. Fanno anche orientamento rispetto alle associazioni ed alle attività commerciali del quartiere e ricevono molte richieste rispetto alla necessità di trovare colf e badanti, richieste che trattano riorientando al WeMi specializzato. Trattandosi di uno spazio aperto a tutta la cittadinanza, seguono quindi gli utenti nelle loro diverse esigenze: da un accompagnamento per la richiesta di soggiorno, all’iscrizione all’università, alla richiesta di dote scuola e dote sport, all’assistenza nelle traduzioni per i cittadini stranieri.
Rispetto al quartiere, Giorgia apprezza che le associazioni abbiano una forte predisposizione a fare rete e lavorare assieme, così come la presenza di spazi molto vissuti dalla cittadinanza come la Biblioteca a Chiesa Rossa e lo spazio antistante. Apprezza anche la voglia di fare dei cittadini che si fanno portatori di proposte, per cui le associazioni non sono chiamate solo a fornire assistenza ma anche a mettere a disposizione le proprie risorse per delle iniziative. L’auspicio per il futuro è che i cittadini e le associazioni del quartiere riescano a portare avanti le istanze dei giovani di cui oggi c’è grande necessità.
Bar My Way
Bar My Way
- Vigentino
- IT
- Via Gallura, 1, 20141 Milano MI, Italia
- 09-2023
Pietro è originario di Matera. E’ venuto a Milano nell’ottantacinque ed ha iniziato a lavorare nel quartiere Vigentino da quando aveva venticinque anni. Una decina d’anni fa ha deciso di comprare casa qui: il quartiere è tranquillo, abitato da persone oneste.
Da qualche anno è diventato imprenditore del Bar per cui lavorava da dipendente e, con l’abolizione delle licenze dei bar prima e con il Covid poi, si è sentito poco tutelato. Durante il Covid hanno infatti ricevuto pochissimo sostegno: seicento euro al mese nonostante avessero dei dipendenti con famiglia a cui han deciso di continuare comunque a pagare lo stipendio. Ha quindi sentito sulle proprie spalle il peso della responsabilità, al punto da non riuscire a dormire la notte. Pensa quindi di abbandonare l’imprenditoria prima di arrivare alla pensione. I politici dovrebbero girare maggiormente il quartiere, per capire le difficoltà delle persone, e passare meno tempo alla scrivania. Le attività come la sua vanno infatti tutelate in quanto sono un presidio di legalità: il fatto di camminare la sera e vedere le luci accese dei locali nelle strade è una sicurezza per tutti gli abitanti del quartiere. Prima si vedevano dei poliziotti che giravano e passavano anche da lui a prendersi un caffè, mentre da qualche anno di poliziotti in giro non se ne vedono più.
Dispiace vedere che molti negozi di quartiere han chiuso in ragione della concorrenza delle grandi catene e dell’aumento degli affitti dei locali. Negli anni ottanta era diverso, si trovava facilmente lavoro. Oggi invece si convive con la precarietà, che però non permette di fare progetti o di metter su famiglia. Pietro lamenta anche una sempre minore partecipazione: qualche volta è andato a delle manifestazioni ma ha visto poche persone, diversamente da quando era giovane lui. “D’altronde anche io cosa faccio per migliorare le cose?”- si chiede. “Sono sempre stanco, sempre al lavoro”… Il suo lavoro comunque gli piace perché sta a contatto con le persone. Ogni tanto si trova però a dover gestire situazioni difficili, con persone che si ubriacano, anche se la maggior parte dei clienti sono persone cordiali per cui si trova bene.
Del quartiere Pietro apprezza il verde ed i negozi di quartiere che ancora resistono. E’ un quartiere che forse non offre molte attrattive ma è vicino al centro ed è un quartiere tranquillo. Il quartiere sta comunque cambiando, con i progetti per le olimpiadi di Milano Cortina e l’arrivo di aziende della moda come Prada e Moncler, e presto un grattacielo della A2A. Ci vorrebbe però una metropolitana, in quanto hanno solo una linea di tram. Mancano poi dei luoghi di aggregazione in quanto anche i bar la sera chiudono, per cui bisogna spostarsi verso il centro. Se pensa ad una comunità, dovrebbe essere basata sulla democrazia, sul rispetto, il confronto, il dialogo. L’auspicio per il futuro è che si continui a poter vivere bene: lui ha dei figli ed ha un po’ di pensieri... “cosa gli lasciamo”? Un lavoro precario, i debiti … bisogna quindi investire sui giovani ed offrire maggiori sicurezze, altrimenti molti ragazzi continueranno ad andare via.
Mattia
Mattia
- Vigentino
- IT
- Via Antegnati, 20141 Milano MI, Italia
- 09-2023
Mattia è preparatore atletico professionista per il calcio e da quest’anno insegnante di educazione fisica alle superiori. Nel ‘tempo libero’ fa il personal trainer e nella palestra condivisa di 5Square si è proposto di tenere un corso gratuito di allenamento funzionale a corpo libero rivolto agli abitanti del quartiere: un’occasione per stare insieme e tenersi in forma.
Nato e cresciuto a Lodi, si ritiene fortunato ad aver trovato casa qui: il quartiere gli è infatti piaciuto subito, non solo per l’architettura ma anche per l’atmosfera che si sta creando tra gli inquilini. Ha infatti trovato delle persone aperte, con spirito di gruppo e iniziativa: questo lo ha invogliato a mettersi in gioco e proporre lui stesso delle attività. Il fatto di sapere di tornare a casa la sera e trovare delle persone piacevoli e poter contare su di una rete di amicizie per Mattia è un valore aggiunto.
Diverse sono le attività comuni a cui Mattia ha partecipato: oltre allo yoga e ai momenti conviviali, hanno organizzato momenti di pulizia del quartiere e attività di cucina. Rispetto allo spazio condiviso Living, è molto ben arredato e vi sono molte belle attività, per cui dovrebbe rimanere un posto principalmente ad utilizzo degli abitanti. Rispetto alle attività che vi vorrebbe veder nascere vi sono, oltre ai corsi di cucina, dei laboratori di chitarra e di lettura.
Per Mattia una comunità dovrebbe essere innanzitutto solidale: una solidarietà delle piccole cose, che va dal prestarsi il sale all’offrirsi per accudire il gatto o le piante. Il suo contributo alla comunità è quello di mettere a disposizione le sue conoscenze in materia di preparazione atletica e la sua simpatia.
Il Vigentino Mattia lo ha conosciuto durante il lockdown: ne apprezza il verde e le campagne che ha imparato a conoscere, gli orti condivisi, i negozietti in Val di Sole dove poter fare dei buoni aperitivi e i locali in zona Prada.
Il suo auspicio per il quartiere è quello che sia meglio collegato al centro città, magari con una metro, e che nasca una casa dell’acqua. Per la comunità invece il desiderio è che rimanga lo spirito di adesso e che con il tempo gli abitanti non si chiudano in se stessi.
Hikikomori Italia Genitori Onlus
Hikikomori Italia Genitori Onlus
Francesca è architetto, ha due figli, dedica molto tempo al lavoro ma è da sempre anche molto attiva nel suo quartiere: ha infatti fatto parte del comitato genitori ed è stata tra le fondatrici della compagnia dei geniattori. Quando alle medie suo figlio ha avuto un forte disagio sociale, ha scoperto l’associazione Hikikomori Italia Genitori e capito l’importanza di avere un’associazione di riferimento in una situazione del genere.
Il termine Hikikomori viene dal Giappone e significa restare in disparte. Le cause possono essere molte: dal bullismo, alla paura a rapportarsi con un gruppo, allo stato d’ansia derivante dall’ipersensibilità di fronte alle notizie della guerra, alla perdita di una persona cara o al trauma di una separazione dei genitori. Cause differenti ma che portano tutte all’isolamento, all’innalzamento di uno scudo di protezione da un dolore fortissimo. Marco Crepaldi è stato il primo ad approfondire questo argomento in Italia dandogli un nome, in quanto prima era classificato come depressione, ansia sociale o fobia scolastica.
L’associazione è esclusivamente su base volontaria ed è costituita da psicologi che affiancano le famiglie e i ragazzi e da molti genitori che hanno vissuto questa esperienza di isolamento con i figli, si sono avvicinati all’associazione e hanno poi deciso di fare sensibilizzazione. L’associazione non vuole essere un’alternativa all’approccio clinico, perché l’isolamento può portare a delle patologie per cui diventa necessaria una terapia farmacologica, ma si pone come un supporto alle famiglie, che diventa fondamentale in quanto rappresentano il primo anello attorno al ragazzo. Il primo lavoro da fare è quindi di consapevolezza con la famiglia perché cambi atteggiamento e riduca le aspettative. La prima reazione è infatti spesso quella di forzare: a venire a tavola, ad andare a scuola … perché non si capiscono i motivi per cui il ragazzo smette di fare quello che faceva prima. Se la famiglia riesce a creare la condizione ideale, di accettazione che il ragazzo in questo momento non può e non è obbligato a far niente, si crea il presupposto perché il ragazzo si apra e pian piano ritorni alla vita sociale. Nei ragazzi in età adolescenziale è forte il desiderio di fare felici mamma e papà, per cui se si vede nei genitori l’aspettativa rispetto a quello che loro dovrebbero essere in quel momento, il senso di colpa sarà devastante per non riuscire a farli contenti. Se invece i genitori si limitano a dire che ci sono e vogliono bene ai figli a prescindere da quello che riescono o non riescono a fare in quel momento, alleggerendo le aspettative, questo significa aiutarli ad alzarsi da soli. E’ quindi importante alleggerire il clima in casa, mostrarsi sereni, perché vedere il dolore e la delusione nei genitori, il loro mostrarsi affranti, aumenta i sensi di colpa dei ragazzi. Viviamo in una società molto prestazionale e individualista, in cui ognuno deve mostrare di essere intelligente, bravo, bello e i ragazzi più fragili non riescono ad avere questa prestanza. Forse quando eravamo giovani noi c’erano ragazzi meno bravi a cui non piaceva andare a scuola ma non era un problema, si poteva imparare un mestiere ed andare a lavorare. Non c’erano neanche i social, per cui i ragazzi di ora vedono cosa fanno gli altri anche quando loro sono chiusi in casa e quindi soffrono ancora di più a non uscire. D’altro canto però, i social sono anche uno strumento che permette ai ragazzi in isolamento di mantenere una socialità e interagire con i coetanei anche in questi periodi di chiusura.
Si stima che in Italia ci siano centomila ragazzi in isolamento sociale volontario. Chiediamo se ci sono dei primi segnali che i genitori devono stare attenti a cogliere. Francesca ci spiega che i primi segnali possono essere un cambiamento delle abitudini per cui i ragazzi vanno a letto più tardi, trovano delle scuse per non andare alle attività sportive o alle feste, oppure anche un disagio fisico, in quanto i ragazzi possono somatizzare con mal di pancia, emicranie, vomito, dermatiti, per cui è importante saper cogliere questi messaggi e chiedere aiuto. L’associazione può essere contattata via email a info@hikikomoriitalia.it oppure chiedendo di essere inseriti nel gruppo chiuso di Facebook.
L’auspicio è che tutti conoscano questo disagio, che sappiano che è reversibile e che prima ce ne si accorge e meno si cronicizza il desiderio di isolamento. L’auspicio è anche che nessuno si senta solo e che la scuola sappia intervenire tempestivamente con le famiglie per supportare i ragazzi. A lei personalmente vivere questa esperienza ha fatto scoprire un rapporto bellissimo con i propri figli perché si impara a guardare oltre, al bene che vogliamo ai figli e a chi sono come persone. Grazie a suo figlio ha capito anche quante pressioni riceviamo dall’esterno e che potremmo gestire in modo diverso, vivendo meglio.
Spazio Pensiero
Spazio Pensiero
Maurizio è sociologo dell’infanzia e dell’adolescenza e lavora per la società cooperativa Spazio Pensiero dal 2015. Spazio Pensiero è stata fondata nel 2006 occupandosi principalmente della gestione di asili nido e scuole materne e poi ampliando anche con uno spazio clinico, uno spazio formazione ed uno spazio biblioteca. Nel 2015 è stato avviato un nuovo percorso con la collaborazione del Comune di Milano, per promuovere la partecipazione dei bambini e dei ragazzi. Maurizio è il referente di questa progettualità che ha coinvolto ottanta scuole tra primarie e secondarie di primo grado di tutti i Municipi di Milano. A questa iniziativa ne è poi seguita una seconda dal nome “Idee bambine e pensieri bambini”, sostenuta da Fondazione Cariplo all’interno del programma La Città Intorno, di cui il Comune è partner istituzionale.
L’idea soggiacente a tutte queste iniziative è quella di promuovere la partecipazione sociale dei bambini, considerati a tutti gli effetti dei cittadini con dei diritti e dei doveri. Particolarmente significativa è stata l’esperienza all’interno della scuola Fabio Filzi, dove è stato chiesto ai bambini di intervenire nel parco adiacente alla loro scuola e di immaginare una riqualificazione di questo spazio sia fisica, con il rifacimento del campo da basket e da calcio, che sociale, attraverso una nuova concezione dello spazio pubblico. Questa esperienza dimostra non soltanto la capacità dei bambini di immaginare, ma anche la concretezza delle proposte emerse. Dal percorso avviato con i bambini del Fabio Filzi è infatti nata l’idea di poter rafforzare l’unione dei tre plessi facenti parte dell’istituto e situati in due quartieri differenti tramite la scrittura di un libro in comune, di una storia condivisa, ma anche con un corridoio che potesse unire le comunità scolastiche attraverso il Parco della Vettabbia.
Nel 2019 è stata quindi avviata una progettualità che ha portato alla firma di un patto di collaborazione del sentiero della biodiversità nel maggio del 2023. Progettualità nata per l’appunto dall’idea di un sentiero che potesse unire i tre plessi scolastici attraversando il Parco. Questa progettualità ha creato delle sinergie con associazioni dei Municipi 4 e 5 come Labsus e Italia Nostra e con il Politecnico di Milano, che si occupa di creare delle oasi di biodiversità in diverse parti della città. Sono quindi state create due oasi in due sedi della scuola ed è stato studiato un percorso che unisse i due quartieri. Attorno a questa iniziativa si sono poi aggregate altre associazioni del territorio che si occupano di educazione, biodiversità, promozione della cultura, salute mentale … una varietà di attori che si è unita per dar vita ad un progetto in grado di accrescere la conoscenza del territorio ed arricchirlo di nuove iniziative.
Spazio Pensiero promuove la conoscenza del territorio partendo dai luoghi familiari ai bambini, quelli circostanti la scuola e l’abitazione, i luoghi commerciali, i giardini. In un quartiere come il Vigentino, che può vantare di molte aree verdi, vi è infatti la necessità di rendere questi spazi pienamente fruibili e nelle progettazioni con i bambini è emerso molto chiaramente il desiderio di scoprire i luoghi di prossimità. L’autonomia di scoperta dei bambini è infatti sempre più ristretta, come la loro autonomia di movimento nel quartiere. Si stima che in Italia solo il 7% dei bambini percorra in autonomia il percorso da casa a scuola, contro il 70% della Germania. L’auspicio è quindi che il progetto avviato al Parco della Vettabbia si allarghi anche ad altre zone del quartiere, come anche 5Square dove ci troviamo, in modo da far conoscere questo luogo e farne fruire non solo chi vive qui, perché diventi uno spazio aperto.
Silvia
Silvia
- Vigentino
- IT
- Via Antegnati, 20141 Milano MI, Italia
- 09-2023
Silvia è biologa e lavora attualmente in ambito farmaceutico. Si è trasferita da Roma a Milano dopo il dottorato con il sogno di lavorare nella ricerca scientifica. E’ poi entrata in azienda e del suo lavoro le piace l’idea di contribuire a migliorare la salute dell’uomo.
Nel tempo libero si dedica al volontariato per un’associazione che si occupa di mamme in difficoltà, oltre che ai suoi interessi: i viaggi, la fotografia e la cucina. Il volontariato le ha permesso di entrare in contatto con molte storie, alcune delle quali tristi, ma anche con i sorrisi di molti bambini. Da questa esperienza ha anche imparato l’importanza di dare una seconda possibilità alle persone. Le persone sono poi al centro dei suoi interessi, in quanto le piace fotografarle cogliendole in momenti di spontaneità, così come le piace la cucina in quanto strumento di condivisione e aggregazione.
Silvia si è trasferita qui un anno fa, dopo aver vissuto dodici anni in affitto. Le piaceva l’idea del cohousing, per cui ha subito fatto domanda. Il quartiere le ha fatto fin dall’inizio una buona impressione, ne ha infatti apprezzato il verde e la quiete. Lei è stata una delle prime persone ad arrivare, per cui ha visto il quartiere popolarsi e pian piano sono arrivati i vicini. Il Vigentino ha iniziato a conoscerlo e frequentarlo per necessità, non avendo all’inizio la cucina in casa. Del quartiere apprezza i negozietti in zona Fatima, anche se vorrebbe ci fosse una libreria e un piccolo supermercato di prossimità. Rispetto a 5 Square invece, c’è molta attesa rispetto all’apertura del bar.
Rispetto alle attività organizzate nello spazio condiviso Living, Silvia ha partecipato a diverse attività: dai corsi di yoga e allenamento funzionale, alle iniziative di pulizia del quartiere, allo swappami e agli aperitivi. Essendoci la cucina, vorrebbero si organizzassero più momenti conviviali oppure semplicemente ritrovarsi per un caffè. Vorrebbe poi condividere i suoi interessi con i propri vicini, con delle iniziative di bookcrossing, delle serata di musica jazz e classica, delle serate cinema, delle uscite per fotografare la natura o semplicemente dei momenti dove scambiarsi consigli sulle piante.
Per Silvia una comunità dovrebbe essere aperta, inclusiva di ogni età, genere e cultura, basata sulla fiducia e sul rispetto reciproco e soprattutto in grado di fornire una rete di sostegno e supporto reciproco. Comunità implica poi la capacità di gestire il conflitto. Per questo è importante l’ascolto e la predisposizione a conoscersi, ognuno con la propria storia, senza pregiudizio. Il suo contributo per la comunità potrebbe essere quello di rendersi disponibile per delle commissioni, come andare in farmacia, dar da mangiare ai gatti … la sua porta di casa è sempre aperta. L’auspicio è che l’entusiasmo iniziale rimanga nel tempo, che si creino dei legami più stretti tra abitanti e che si crei una comunità vera e partecipata che non si riduca ad un numero ristretto di persone.
Spazio Gio
Spazio Gio
Maria Cristina è una psicoterapeuta e si occupa di gioco d’azzardo dagli anni novanta, quando ancora se ne parlava poco. Dalla costatazione che nei SerD, i servizi per le Dipendenze patologiche, arriva meno popolazione di quanta risulti avere dipendenze da gioco d’azzardo, è nata l’idea di aprire uno Sportello in un luogo neutro come l’ospedale, un luogo di cura e un luogo di passaggio, dove le persone entrano senza avere il timore di essere visti come in un servizio per le dipendenze. Attualmente ci sono tre sportelli aperti: al San Carlo, dove ci troviamo, al Niguarda e al Fatebenefratelli. Lo sportello è aperto da Aprile, dal lunedì al venerdì, e ci si può rivolgere in persona, oppure contattarlo via email o telefono per una maggiore privacy. I colloqui individuali avvengono in una sede riservata, in seguito ai quali la persona accetta di fare un percorso per cui verrà contattata dal SerD.
Lo Sportello è rivolto a tutti e, trovandosi in un luogo di passaggio, si prefigge di raggiungere in particolare i giovani e le donne, che sono la popolazione che più difficilmente arriva ai SerD. Sono infatti in aumento le donne e i giovani che sviluppano una dipendenza dal gioco d’azzardo. Se poi spesso gli uomini arrivano accompagnati da un familiare o dalla compagna, le donne vengono spesso sole, adducendo delle giustificazioni, come una crisi in famiglia o la solitudine. Lo stigma sociale è infatti ancora oggi più forte nei confronti delle donne, che nell’immaginario comune sono coloro che salvaguardano l’economia familiare. Anche il numero dei ragazzi che gioca è elevato, tra cui il numero di minorenni in quanto, sebbene il gioco sia vietato sotto i diciotto anni, per il gioco online è facile aggirare i controlli.
In questo il lockdown ha portato ad un grande cambiamento, perché ha aumentato di molto le giocate online ed il trend è rimasto in crescita anche con la riapertura delle sale. Al momento dell’intervista non erano ancora stati pubblicati i dati per il giocato del 2022 ma si possono stimare sui centoquaranta miliardi di euro giocati, di cui oltre la metà giocati online. Purtroppo da alcuni anni i dati non vengono più divisi per provincia ma si ha solo il dato nazionale: questa suddivisione era molto utile per sapere in quali province si concentrasse il maggior numero di giocatori ed adottare delle politiche conseguenti. Per cui l’auspicio è che si ritorni ai dati suddivisi per provincia.
Chiediamo a Maria Cristina se vi sia una differenza tra i termini gioco d’azzardo e ludopatia. Maria Cristina ci spiega che il termine ludopatia indica la dipendenza da qualsiasi gioco: anche per la dipendenza da videogiochi si può quindi parlare di ludopatia. Il gioco d’azzardo invece è stato proibito negli anni trenta in quanto può portare a grandi sofferenze con il dilapidarsi dei risparmi di una vita. Vi sono però state diverse deroghe e si è poi stabilito che il gioco diventasse monopolio di stato per sottrarre i soldi all’illegalità, anche se vi è un mercato parallelo illegale immenso in cui le mafie sono ben inserite. Rispetto al gettito nelle casse dello stato, si pensa quindi che non arrivi neanche al 10% del giocato … una cifra che non serve neanche a coprire le spese dello stato per far fronte alle conseguenze, fisiche e psicologiche, di chi sviluppa una dipendenza. I dati ci dicono che dei venti milioni di Italiani circa che giocano, circa cinque milioni giocano in maniera problematica e a rischio. I servizi di assistenza sono gratuiti e garantiscono l’anonimato, anche se spesso non si è a conoscenza di questi servizi e vi ci si rivolge quando ci si è già rovinati.
Spesso la dipendenza è legata ad una vincita iniziale e viene alimentata dai nostri errori cognitivi che sono usati per farci giocare di più: ad esempio l’idea di avere “quasi vinto” se escono dei numeri contigui al nostro oppure piccole vincite che in realtà non coprono neanche il nostro giocato. A tal proposito sono state avanzate numerose proposte, come delle interruzioni del gioco che non facciano perdere oltre ad una certa cifra, dei messaggi di allerta oppure l’obbligo di giocare con la tessera sanitaria. Ad oggi queste richieste sono rimaste inascoltate. La dipendenza è trasversale alle classi sociali, anche se è dimostrato che nei periodo di crisi e di difficoltà economica, di disperazione in cui si sente di non avere niente da perdere, si gioca di più. Per i cari, i campanelli di allarme sono dei cambi di umore, un atteggiamento di chiusura e delle bugie volte a coprire delle assenze al lavoro o problemi economici.
Lo Sportello sta portando avanti un’importante campagna informativa, con presentazioni in tutti i municipi e con sessioni di formazione rivolti agli assessori e agli operatori sanitari, inclusi i CPS. Molti disturbi infatti, dalle gastriti al forte stress, fino a dei tentati suicidi, sono riconducibili alla dipendenza da gioco d’azzardo. In questi primi due mesi hanno avuto un ottimo afflusso, con persone che quotidianamente si fermano a chiedere informazioni. Maria Cristina ci lascia quindi con un messaggio di speranza, per dire che loro sono qui e non danno giudizi e che l’importante è fare il primo passo e chiedere aiuto, in quanto con l’aiuto del personale esperto si può uscirne.
UILDM Nazionale
UILDM Nazionale
Marco è laureato in economia e commercio e nella sua vita ha fatto di tutto: organizzazione di eventi, progettazione, attività nelle scuole, corsi di teatro e ripetizioni private. E’ entrato in contatto con UILDM per la prima volta a nove anni, perché i suoi vicini di pianerottolo avevano la distrofia muscolare. E’ stato prima coinvolto in alcune attività, come l’hockey in carrozzina, e poi ha fatto il servizio civile ed è rimasto. Ora Marco è il Presidente di UILDM e in quanto tale si occupa di coordinare le sessantasei sezioni, così come di tessere collaborazioni con altre associazioni e di fare advocacy presso le istituzioni. In quanto figlio unico ha sempre apprezzato stare in compagnia, motivo per cui si è sempre occupato del sociale. Nel tempo libero gli piacciono il cinema, la lettura, il canto e in generale lo stare assieme agli altri.
UILDM, l’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, segue le persone con distrofia muscolare dalla diagnosi alla morte, che oggi è più lontana grazie ai progressi scientifici. Accompagnano quindi le persone nelle diverse fasi della malattia, dando informazioni su come affrontarla e sui centri e servizi di riferimento, ma si occupano anche fornire un sostegno per le piccole cose del quotidiano, per esempio gli spostamenti oppure le commissioni. A Milano c’è anche l’Agenzia per la Vita Indipendente che si occupa di accompagnare le persone con qualsiasi tipo di disabilità in percorsi di vita indipendente. Recentemente UILD ha acquisito degli appartamenti nell’housing sociale di 5Square, dove ora ospitano due studenti universitari fuori sede. In estate, grazie all’aiuto di volontari, organizzano anche delle vacanze con i ragazzi.
Un altro importante filone di attività riguarda le attività di sensibilizzazione nelle scuole, dalle elementari alle superiori. Innanzitutto si presentano e lasciano che i ragazzi facciano domande in modo di abbattere le barriere: la distrofia muscolare è infatti una malattia poco conosciuta. Poi organizzano dei giri per le strade per sensibilizzare sulle barriere architettoniche oppure diverse attività in cui i ragazzi sono portati a calarsi nei loro panni: come chiedere ai bambini di disegnare con la mano sinistra oppure far giocare ai ragazzi l’hockey in carrozzina contro di loro. Hanno poi delle collaborazioni con diverse università a Milano per formare il personale a saper accogliere una persona con disabilità. Il lavoro di sensibilizzazione che loro fanno serve a tutti, perché educa ad un mondo inclusivo di tutte le diversità, non solo le disabilità.
Marco abita a Cenni e si ritiene fortunato in quanto durante il lockdown il condominio aveva fatto una chat in cui ci si metteva a disposizione e ci si aiutava a vicenda. E’ un modo di vivere un po’ come al tempo dei suoi nonni, dove ci si conosce e ci si interessa dell’altra persona, non è quindi solo un relazionarsi da “ho finito lo zucchero”. Guarda perciò con interesse alla comunità che si sta creando a 5Square, dove si aspetta partecipazione e inclusione delle persone con distrofia ospitate nei loro appartamenti. Sarebbe anche bello che i condomini si mettessero a disposizione per delle piccole commissioni. Dal canto suo, vorrebbe invece organizzare degli incontri con i bambini oppure delle partite di hockey in carrozzina. Rispetto allo spazio comune, è un grande spazio che deve quindi essere utilizzato al massimo per guardare assieme le partite, fare delle feste, dei corsi di teatro, delle attività con i bambini, una cena etnica o semplicemente una partita di scacchi. La comunità che si sta venendo a creare dovrebbe quindi essere vivace, positiva – deve migliorare la vita delle persone e non peggiorarla- e anche comprensiva e che si pone in ascolto.
Del suo lavoro a Marco appassiona il poter aiutare le persone, in quanto rivede se stesso da piccolo. Se dovesse però formulare un auspicio sarebbe quello di scomparire, in quanto vorrebbe dire che non c’è più bisogno dell’associazione perché la società è già sufficientemente inclusiva.
Antonio
Antonio
- Vigentino
- IT
- Via Antegnati, 20141 Milano MI, Italia
- 09-2023
Antonio è nato alle porte di Milano da genitori di origini lucane. Si è poi trasferito a Milano Sud quando le sue due sorelle si son stabilite qui con i mariti e sono nati i nipotini. Ha quindi colto l’occasione per fare domanda per un appartamento nel nuovo quartiere di 5Square in modo da poter essere più vicino alla sua famiglia. Trasferitosi a 5Square da circa un anno, non ha ancora avuto modo di esplorare a piedi il quartiere Vigentino: motivo per cui per le commissioni ricorre frequentemente agli acquisti online, anche se preferirebbe conoscere e frequentare i negozi di quartiere. Del quartier Vigentino tuttavia apprezza molto le aree verdi, elemento per lui fondamentale per una buona qualità della vita, e vorrebbe scoprire le diverse cascine dove si producono prodotti a kilometro zero. Ha anche colto una certa storicità del Vigentino e una dimensione di quartiere, in cui le persone si conoscono e si salutano, che gli piacciono : il Vigentino è quindi un quartiere con un’anima, un luogo da esplorare.
Da libraio con una vera passione per i libri, pensa che una libreria sarebbe un bel servizio per un quartiere popoloso come il Vigentino. Vorrebbe anche ci fossero degli spazi di socializzazione per persone di tutte le età, per attività diurne e serali: dei presidi gestiti dalle associazioni in grado di intercettare le persone in difficoltà, ma anche dei posti dove poter passare la serata ascoltando musica dal vivo ma che siano economicamente accessibili.
La passione per i libri Antonio ce l’ha da quando era giovane e gli piaceva leggere le storie di persone, mosso da una naturale curiosità e anche da un desiderio di evasione dal presente. Lo appassionano poi la musica tradizionale, le feste popolari e i riti del Centro e Sud Italia e lui stesso suona i tamburi a cornice e vorrebbe imparare a suonare la zampogna. Alla domanda su come vorrebbe utilizzare lo spazio condiviso di 5square, il Living, Antonio risponde che vorrebbe vederlo colmo di libri che gli abitanti possano prendere in prestito e animato da corsi di danze popolari o altre attività, in ogni caso un luogo aperto, accessibile e dove poter venire a passare del tempo e fare due chiacchiere.
La sua idea di comunità è di un posto inclusivo, aperto e unito nonostante le diversità, così come solidale e che non lascia le persone sole, perché c’è molta solitudine in tutte le fasce d’età. Antonio è rappresentante di scala ed ha avuto modo di incontrare i suoi condomini: molti si trovano qui in ragione del canone calmierato vista la situazione di emergenza abitativa a Milano. Il desiderio però è che si realizzi a pieno quella dimensione sociale, anche se investirsi per la propria comunità richiede sacrifici di tempo. Per sé invece l’auspicio è di continuare quella evoluzione personale interiore che porti ai cambiamenti auspicati.
Gestore Sociale - Federica
Gestore Sociale - Federica
Federica lavora al Gestore Sociale di 5Square e segue anche lo Sportello di Spazio Aperto Servizi, uno sportello di orientamento ai servizi del territorio. Di formazione amministrativa, ha iniziato a lavorare qui a 5Square da circa un anno in quanto le interessa il settore dell’abitare.
Lo Sportello ha visto in questi mesi una maggiore utenza da parte degli abitanti di 5Square in ragione della prossimità fisica, ma i suoi servizi si rivolgono anche a quanti abitano nei quartieri limitrofi. Lo Sportello offre principalmente assistenza nell’espletamento di pratiche burocratiche, per esempio i diversi bandi e bonus della Regione Lombardia. L’idea è poi quella di adeguare l’offerta ai bisogni, allargando ad esempio a servizi di orientamento alla ricerca del lavoro.
Del suo lavoro a Federica piace l’ambiente familiare ed il rapporto di vicinanza con gli abitanti degli housing, per cui chi si rivolge al Gestore per questioni amministrative si ritrova poi a chiedere assistenza anche su altri livelli. Sta quindi scoprendo l’aspetto legato alla gestione della community all’interno dell’housing che nel condominio dove abita lei a Milano non esiste. Quello che si sperimenta qui è quindi un modello da replicare, in cui gli abitanti si fanno promotori di iniziative, come le attività sportive di yoga, zumba, allenamento funzionale e hip hop che si tengono in palestra, oppure gli aperitivi, lo spazio compiti e altre iniziative che si tengono nello spazio comune Living.
In questo luogo prima vi erano solo edifici abbandonati da decenni: si è trattato quindi di un notevole progetto di riqualificazione e di edilizia responsabile, per cui al posto di demolire si è voluto ristrutturare gli edifici esistenti. Il progetto deve ancora essere completato con la ristrutturazione degli edifici mancanti, l’ampliamento del verde, l’installazione di locker e di una casa dell’acqua. La recente deviazione della linea trentaquattro ha permesso una migliore connessione urbanistica tra 5Square ed il quartiere Vigentino. E’ quindi un quartiere in evoluzione, in cui presto apriranno degli spazi commerciali, come una panetteria, un bar, una cartolibreria, e dei servizi, come un asilo nido ed una scuola materna ed uno studio dentistico … oltre ai servizi già attivi come il poliambulatorio ed il consultorio.
L’auspicio è quindi che i lavori finiscano presto restituendo agli abitanti un quartiere bello e vivibile. Per la comunità invece il desiderio è che ancora più persone partecipino alle attività, nonostante tra gli abitanti vi sia già una buona partecipazione e voglia di mettersi in gioco.
Gerardo Damian
Gerardo Damian
- Vigentino
- EC
- Via Neera, 20141 Milano MI, Italia
- 09-2023
Damian ha 29 anni, è originario dell’Ecuador ed è arrivato in Italia quasi 16 anni fa. È nato con Spina bifida e Meningocele, patologia che colpisce la parte neuronale della schiena e che lo ha portato nel corso degli anni a svolgere una serie di interventi, l’ultimo dei quali lo ha compromesso sulla sedia a rotelle.
Inizia così il racconto di Damian, con voce squillante e sguardo sereno. Si ritiene fortunato, spiega subito. L’esperienza della sedia a rotelle è stata un’opportunità che gli ha consentito di scoprire altri mondi e conoscere ad esempio diverse discipline sportive a cui si è appassionato.
Si è sempre sentito libero, anche se nel suo paese di origine <<bellissimo, che consiglio a tutti di visitare>> aggiunge, ha spesso incontrato diverse barriere architettoniche e psico-culturali che hanno alimentato in lui il desiderio di trasferirsi e raggiungere la mamma che già viveva in Italia, << una mentalità diversa è già un grandissimo cambiamento>>.
Arrivato in Italia il processo di integrazione è stato impegnativo, segnato anche da esperienze di bullismo all’interno delle mura scolastiche. Vive nel quartiere di Chiesa Rossa ormai da 15 anni, dopo un primo periodo vissuto vicino ai Navigli. Si dice soddisfatto e profondamente affezionato a questa zona in cui, spiega, << sembra di essere fuori città invece sei ancora a Milano ma con un sacco di verde>>. Si descrive come una persona che ha bisogno di rimanere costantemente attivo e in movimento, << in casa non ci so stare>> dice; al di là dei numerosi spazi verdi e dei servizi di prima necessità presenti nel quartiere, secondo Damian mancherebbero però alcuni servizi e luoghi dedicati allo sport.
La sua famiglia gli è sempre stata accanto, esortandolo a fare qualsiasi cosa, senza esitazioni e senza timori: <<dalla vita in su non ho problemi, posso fare quello che voglio>>. Forse anche per questo il ventaglio di interessi e passion di Damian è particolarmente ricco: dalle uscite con gli amici, all’andare a ballare, dalla pasticceria allo sport. Di quest’ultimo si è dedicato principalmente al basket in carrozzina, alla pallanuoto, al rugby, al tennis, all’hockey e recentemente anche al sollevamento pesi (di cui è stato 5 volte campione italiano).
Lo sport per Damian è espressione di costanza e impegno; è uno spazio di condivisione gruppale ma anche di cura e valorizzazione individuale.
Pensando a quale contributo potrebbe offrire alla sua comunità, Damian sottolinea il suo animo intraprendente e stacanovista. Da quando è piccolo coltiva l’amore per la cucina e la pasticceria, passioni che durante gli anni delle superiori viene esortato ad abbandonare << perché le cucine non erano pensate e fornite per una persona in carrozzina>>. In assenza di strumenti e risorse Damian ha avuto la pazienza e la perseveranza di specializzarsi in una disciplina economica lontana dai suoi interessi e di coltivare contemporaneamente la passione per la cucina tra le mura di casa. Il suo sogno è aprire un giorno un ristorante e una pasticceria, offrendo alle persone con disabilità le risorse e gli strumenti con cui perseguire il loro sogno di lavorare in cucina. Il dolce con cui si descriverebbe è una torta al cioccolato con mousse e bignè di crema e cioccolato
Per il futuro si augura di poter aiutare sempre più persone che come lui stanno vivendo una situazione di disabilità; essere per loro un punto di riferimento, continuando a condividere l’entusiasmo, la passione e la motivazione a realizzare i propri sogni in piena libertà.
Matteo
Matteo
- Vigentino
- IT
- Via Antegnati, 20141 Milano MI, Italia
- 08-2023
Matteo ha terminato da poco gli studi di Geometra e in pochissimo tempo ha trovato lavoro presso l’Azienda Delta Ecopolis che segue diverse iniziative tra le quali anche 5Square in Via Antegnati. Matteo lavora principalmente nell’area di competenza del Gestore Sociale, in particolare per quanto riguarda la manutenzione e la consegna degli appartamenti. Percepisce continuità tra il suo percorso accademico e la realtà professionale in cui opera. Del suo lavoro apprezza molto poter aiutare la gente a risolvere i problemi, così come le occasioni di confronto e partecipazione; in generale si dice soddisfatto e con il desiderio di dare il massimo: non ha ancora incontrato elementi problematici di complessità.
Matteo è operativo a 5Square da 6 mesi, un periodo di tempo recente rispetto all’arco di vita del progetto: “altri colleghi erano qui dai tempi del cantiere” ci tiene infatti a precisare. Rispetto alle “fondamenta” teoriche dell’iniziativa Matteo ci racconta come il complesso abitativo di 5Square abbia l’obiettivo di sostenere un vivere di comunità e non tra singoli individui separati: lo spazio living in questo senso rappresenta un luogo concreto di incontro “pensato per i cittadini e aperto a tutti”, dove si svolgono già attività come yoga e danza hip hop. Parlando di sport, anche Matteo ne è un appassionato: per molti anni ha praticato tennis, nuoto e calcio. Tra le altre passioni che porta avanti c’è anche il cinema, con i generi horror e d’azione.
Per Matteo il senso di comunità si esprime nell’aiutarsi a vicenda, non pensando solo a sé stessi ma tenendo sempre a mente anche il bagaglio interiore degli altri.
Alle future generazioni consiglia di seguire le proprie passioni già dal percorso di studi e poi anche nel lavoro, senza lasciarsi condizionare eccessivamente dalle aspettative dei genitori. Pensando metaforicamente a 5Square come esempio di processo trasformativo in cui potenzialità e sviluppo possono accompagnarsi anche all’incertezza per il futuro, Matteo ritiene che di fronte agli orizzonti inesplorati il miglior atteggiamento da mantenere sia sempre di apertura, calma e fiducia.
Marco
Marco
- Vigentino
- IT
- Via Antegnati, 20141 Milano MI, Italia
- 07-2023
Marco ha 26 anni, è il build manager di Via Antegnati presso la Cooperativa Delta Ecopolis. Dopo un percorso accademico come Geometra e 4 anni di università entra nell’azienda e arriva così a 5Square durante la fase di cantiere: si occupa inizialmente del controllo qualità e successivamente della consegna, della manutenzione e della valutazione degli appartamenti. Attualmente segue la gestione delle problematiche e di tutte le esigenze degli abitanti rispetto alle abitazioni.
La prima consegna (la condivisione cioè del prodotto con i clienti) è stato per Marco un momento emozionante, ma molte sono le attività interessanti che si svolgono e che richiedono cura e costanza. 5Square si propone come un’alternativa di qualità capace di offrire servizi con alti standard anche alle fasce più sensibili: si tratta di un progetto che unisce il concetto di casa a quello di comunità, attraverso il recupero e la riqualificazione di un’area dalle grandi possibilità. Intorno ad Antegnati infatti vi sono molti elementi di ricchezza: dalla tangenziale che garantisce connessioni e modernità, al Parco Agricolo del Ticinello con le sue grandi aree verdi immerse nella tranquillità.
Per Marco il senso di comunità si esprime nel supporto e nella condivisione di tempo e idee. A 5Square questo si esplica attraverso la partecipazione attiva e condivisa degli abitanti.
Per il futuro si augura di chiudere tutte le attività in corso e di consegnare ai clienti un prodotto funzionale che accompagni la quotidianità. Desidera inoltre che si riesca ad allargare questa concezione dell’abitare collaborativo anche in altre zone di Milano.
Come consiglio alle future generazioni che fossero interessate al suo stesso percorso professionale, suggerisce: avere pazienza, motivazione e voglia di apprendere, perché il mondo dell’edilizia è complesso, ricordandosi sempre di proteggere i propri confini personali e professionali.
Consultorio Famigliare Consorzio SIR
Consultorio Famigliare Consorzio SIR
- Vigentino
- IT
- Via Antegnati, 20141 Milano MI, Italia
- 07-2023
Ivana lavora all’interno del Consultorio dal 2010 e opera nella struttura dall’87 all’interno di ANFFAS (rivolta a disabili e riabilitazione) fin quando il Consorzio SIR ha acquisito le aree del Consultorio e della Riabilitazione Minori.
“Mi occupo di persone” spiega con grande semplicità, evidenziando come nella sua esperienza all’interno del Consultorio il tema dell’inclusione verso ogni sfumatura umana sia sempre stata il cuore pulsante di tutto il lavoro. Il Consorzio ha infatti moltissime realtà al suo interno e porta avanti un approccio basato sul lavoro di equipe e di rete nel trattamento delle situazioni.
Tra le aree e i servizi principali è possibile individuare: percorsi individuali, di coppia, famigliari e gruppali. Tutte le diverse aree socio-sanitarie sono fornite di competenze e operatori di eccellenza: ginecologia, ostetricia, psicologia, psicoterapia, pedagogia, logopedia, etc.
L’iter di accesso al Consultorio segue un percorso prestabilito:
- 2 Colloqui di accoglienza in cui viene valutata la pertinenza della domanda. I casi di tossicodipendenza o quelli psichiatrici importanti vengono inviati alle strutture di competenza, almeno nella fase iniziale di presa in carico. Successivamente si possono poi avviare lavori di equipe anche in questi casi.
- Colloqui di consultazione alla fine dei quali può iniziare la presa in carico
- Un percorso di 1 anno suddiviso in 26 accessi: se il percorso non dovesse bastare ci può essere il passaggio all’interno di gruppi (centrati su specifiche tematiche).
I percorsi di lavoro possono essere CLINICI (Individuali con 1 o 2 operatori) o GRUPPALI (con soggetti anziani, disabili, genitori, tematiche sessuali, gruppi di parola e diversi operatori).
Tra i temi emergenti più significativi intercettati all’interno dei vari percorsi, Ivana pone l’accento soprattutto su problematiche post-covid, ansie generalizzate, tematiche sessuali e relazionali, fragilità emotive in particolare tra i giovani, uso e abuso di sostanze, formazione e prevenzione circa la salute mentale e la corporeità, fluidità di genere/sessuale e malattie trasmissibili, l’equilibrio tra le nuove tecnologie e la quotidianità.
Per tutte queste dimensioni Ivana considera il gruppo un elemento fondamentale nella costruzione del confronto e nel mantenimento del supporto. Ritiene infatti che affrontare e gestire la complessità sia possibile solo grazie al lavoro d’equipe, alla forza e alla fiducia tra gli operatori, all’approccio condiviso e partecipativo nel lavoro di cura. Inoltre, rispetto agli effetti sul benessere psicosociale, Il lavoro di gruppo è “profondo e permanente” spiega Ivana. Per il futuro desidererebbe infatti attivare dei gruppi mamma-bambino.
A 5Square c’è una grandissima partecipazione, racconta Ivana, da parte di utenti e famiglie. Oltre quindi ad una migliore disponibilità di risorse e di spazi per le prestazioni sanitarie, si respira una vivissima risposta positiva nel nuovo contesto. Per questo motivo le principali esigenze rintracciate dal Consultorio sono l’aumento di personale e una mappatura più approfondita dei bisogni e delle caratteristiche della popolazione di 5Square.
Per Ivana il senso di comunità si esprime nella forza, nella condivisione e nell’alleanza.
L'Impronta
L'Impronta
Claudia lavora per L’Impronta fin dai primi anni di attività dell’associazione. Laureata in pedagogia, ha iniziato come educatrice, per poi diventare coordinatrice dei servizi e recentemente Direttrice dell’area sociale.
L’Impronta è nata dall’iniziativa di un gruppo di giovani volontari del quartiere Gratosoglio che hanno deciso di investire il loro tempo libero in attività diurne con coetanei con disabilità. Negli anni l’associazione è cresciuta e offre oggi diversi servizi a persone con fragilità, come centri diurni, iniziative di inserimento lavorativo e percorsi di autonomia abitativa per persone con disabilità, centri pomeridiani e spazi compiti per adolescenti e diversi servizi di sostegno alla persona. L’associazione ha anche avviato della attività produttive che si occupano di inserimento lavorativo di persone con fragilità, come un’azienda agricola, dei punti ristoro ed un panificio che aprirà a breve nel complesso di Housing Sociale di 5 Square, nel Vigentino.
L’esperienza dell’associazione nel complesso di 5 Square risponde all’esigenza di accompagnamento alla residenzialità di persone con fragilità, esigenza che ha portato L’Impronta ad avviare già dai primi anni 2000 delle case, o comunità sociosanitarie, che accolgono persone con disabilità media e medio grave, prevedendo al loro interno degli educatori professionali. Nel pre-pandemia l’associazione ha inoltre avviato delle esperienze di appartamenti protetti per persone con fragilità o disabilità lieve e che hanno una loro autonomia nel quotidiano pur necessitando di figure di riferimento.
L’auspicio per il quartiere è che vi sia un maggiore collegamento con l’esterno, per esempio con un potenziamento dei mezzi pubblici, e che questo possa rendere il quartiere partecipato anche dall’esterno.
Ass. Parco del Ticinello
Ass. Parco del Ticinello
Kristina viene dal Belgio e vive a Milano da più di 30 anni. Fa parte dell’Associazione Parco del Ticinello che è nata nel 1989 e di cui ha voluto farsi portavoce durante il nostro incontro. Lavora inoltre, sempre come volontaria, anche per l’Associazione La Baia del Re (nel quartiere Stadera) come insegante nella scuola d’italiano per stranieri.
L’Associazione Parco del Ticinello si configura agli albori come un insieme di persone appartenenti alla parrocchia ma si è oggi spogliata di ogni appartenenza politica e religiosa. Spinta dal desiderio di tutelare i terreni circostanti al Parco (che avrebbero dovuto ospitare la costruzione di nuovi palazzi) tra gli anni ’80 e ’90 l’Associazione ha sostenuto il processo di riacquisizione da parte del comune delle aree verdi del quartiere, le quali ora costituiscono la grande vegetazione del Parco Agricolo del Ticinello. Finite le lotte per la preservazione del territorio, molte sono le attività che l’Associazione continua a portare avanti attraverso il lavoro gratuito e appassionato dei volontari: laboratori didattici con le scuole, iniziative culturali (anche presso la Cascina Campazzo) tra cui concerti e spettacoli teatrali, feste di quartiere (ad esempio: la Festa degli Aquiloni del mese di Aprile, la Festa dell’associazione nel mese di Maggio e la Festa di Sant’Antonio nel mese di Gennaio) e attività ecologiche di cura del territorio (con Fauna Viva organizza le passeggiate naturalistiche).
All’interno del Parco si possono incontrare diversi luoghi e strutture con funzioni specifiche: gli Orti del comune, spazio di condivisione e socialità; l’area didattica gestita dalla Cooperativa L’impronta; e il Vivaio Condiviso di cui si occupa l’Associazione Progetto Persona.
Stare insieme, inclusione, uguaglianza sono alcuni dei valori fondanti dell’Associazione. La cura del verde è una missione concreta <<per far toccare con mano l’agricoltura>>, per preservare quella dimensione agricola che è innanzitutto custode della stagionalità, della relazione con la natura, di un sapere antico e prezioso portato avanti dai contadini della zona.
Il Parco Agricolo del Ticinello è un luogo speciale, spiega Kristina, perché per quanto sia vicino alla metropolitana e al traffico cittadino mantiene ancora quella bellezza incontaminata rara per un ambiente urbano come Milano, dove le persone possono riscoprire la calma e il benessere della natura. Nonostante le dimensioni e la presenza storica nel quartiere, il parco è ancora una realtà poco conosciuta all’interno della città meneghina.
Il senso di comunità per Kristina è un valore prezioso orientato alla condivisione. Condivisione e partecipazione sono processi che hanno bisogno di risorse e di spazi. Intorno a lei nel periodo attuale coglie una mancanza di luoghi di aggregazione che facilitino l’incontro e la crescita condivisa, soprattutto per i giovani. L’Associazione in questo senso vuole configurarsi anche come spazio, occasione, in cui incontrare nuove persone e prendersi cura delle relazioni. Per farlo ha bisogno di un maggiore numero di volontari che diano una mano nell’organizzazione delle diverse iniziative.
Per il futuro Kristina si augura di portare avanti il suo lavoro di insegnante nella scuola di italiano per stranieri e di riuscire a coinvolgerli maggiormente nelle attività dell’Associazione del Parco Ticinello rafforzando ponti di dialogo e connessione. Per l’Associazione del Parco Ticinello desidera veder crescere l’insieme di progetti e attività esistenti grazie all’aiuto di nuovi partecipanti, desiderosi di spendersi per la comunità e per il bene della natura.
UILDM - Anna
UILDM - Anna
- Vigentino
- IT
- Via Lampedusa, 11/A, 20141 Milano MI, Italia
- 05-2023
Anna, appassionata giocatrice di hockey in carrozzina elettronica, è la presidente della sezione di Milano di UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Entra in questa realtà nello stesso periodo in cui arriva a Milano. Da studentessa, spinta dal desiderio di sperimentarsi nell’esperienza di fuori sede, decide infatti di lasciare la famiglia d’origine per trasferirsi da Verona al capoluogo lombardo. In UILDM incontra innanzitutto sostegno e motivazione: nella realizzazione dei propri sogni e della propria libertà, UILDM le offre strumenti e compagni di avventura con cui elaborare e rafforzare gioie e fatiche di un nuovo percorso. Inizia così la sua avventura come utente, poi come volontaria e infine come Presedente di Sezione, sempre animata dal desiderio di mettersi a disposizione per gli altri.
L’associazione UILDM è attiva dal 1968. Molti i servizi e le attività che porta avanti, tra cui il trasporto degli utenti per ospedali, terapie, segretariato sociale, commissioni e tempo libero (dimensione questa di grande valore, spiega Anna, perché fortemente connessa all’autodeterminazione, alla crescita, alla progettualità e al benessere dei ragazzi). Dal tempo libero si passa poi a progetti di vita indipendente, dentro e fuori il nucleo familiare, consulenza alla pari, housing sociale, laboratori, tirocini, percorsi di inserimento lavorativo. Ma anche la centralità dello sport e dei campi estivi.
UILDM si configura insomma come uno spazio innanzitutto relazionale, volto ad alimentare il senso di autodeterminazione e di libertà dei ragazzi attraverso il sostegno, il confronto e lo scambio di conoscenze e consapevolezze (da un punto di vista socio-sanitario e di vita quotidiana). Si caratterizza per una certa proattività verso il territorio e le istituzioni con cui intesse progetti di collaborazione e condivisione, a partire da iniziative scolastiche, educative, sportive e di cittadinanza attiva. Anche il volontariato è un elemento cardine dell’associazione.
Per Anna UILDM rappresenta un tornare a casa, un sentirsi in famiglia in cui l’idea di benessere si traduce nell’amare ciò a cui ci si dedica.
Per il futuro dell’Associazione Anna desidera “fare casa di più”: migliorare cioè la capacità della sede di Via Lampedusa di rispondere alle sempre nuove esigenze degli utenti e del contesto circostante. Alimentare uno scambio di vicinato, una condivisione con la comunità attiva e concreta. Far sì che la struttura <<diventi tanto flessibile quanto lo sono oggi le nostre giornate>> spiega Anna, con un approccio maggiormente polifunzionale e rimodernato. Su larga scala il suo auspicio è che tante delle attività svolte dall’associazione diventino sempre meno necessarie, cosicché <<quello che oggi ci chiedono diventi via via più automatico e insito nel tessuto sociale. […] Che si raggiunga non solo una cura alla patologia, ma un tempo più inclusivo che sappia dare valore alle diversità”
Inclusione non solo in termini di barriere e accessibilità ma anche di sguardi, relazione, comunicazione. In questo senso all’interno di UILDM lo sport viene vissuto come strumento d’eccellenza nel percorso di presa in carica della persona con disabilità e nel lavoro più ampio di integrazione sociale e culturale. Oltre allo sport anche musica, arte e teatro rappresentano linguaggi universali capaci di unire e valorizzare le differenze.
La Dea Cooperativa Sociale
La Dea Cooperativa Sociale
- Vigentino
- IT
- Via Cesare Isotta, 20142 Milano MI, Italia
- 05-2023
Anna, chiamata da molti anche con il soprannome di Alice, ha iniziato a lavorare prima nella comunicazione ed è poi approdata nell’ambito educativo con i bambini. Con una socia fonda del 2004 l’Asilo dei Girasoli inizialmente dentro ad un centro pediatrico e poi in una sede vera e propria. Il nome della Cooperativa è stato scelto in onore della Dea Madre Terra, come celebrazione della generatività, della femminilità e della famiglia.
Moltissimi sono i temi vivi e pulsanti che sostengono il lavoro della Cooperativa e i suoi valori:
- La musica (prima) e l’arte astratta (dopo) sono fondamentali nel lavoro con i bambini soprattutto come veicolo per gli apprendimenti
- Le attività psicomotorie rappresentano uno strumento d’elezione nel processo di crescita. Molto spesso, sottolinea Anna, viene data troppa importanza al cognitivo e troppo poca alla corporeità: per questo stanno emergendo molte carenze di propriocezione e consapevolezza di sé stessi.
- Il rapporto con le famiglie è una dimensione centrale: gli asili nido sono sempre state delle comunità, centrate sul sostegno alla genitorialità e su attività di condivisione e partecipazione (es. laboratori d’arte presso il Parco Agricolo del Ticinello)
- Le attività con il territorio sono in continua evoluzione: la Cooperativa si pone anche come luogo dove si incontrano e coesistono tante realtà eterogenee
- Il lavoro di rete: insieme alla Comunità Progetto Persona e all’Associazione del Parco del Ticinello, la Cooperativa fa parte dell’associazione Semina, centrata su arte e fare insieme. C’è ad esempio una classe (2-6 anni) che svolge lezione sempre all’aperto; vengono organizzati laboratori di Musicoterapia, Yoga, Arteterapia; viene data grande attenzione all’equilibrio tra sostegno e autonomia (nelle dinamiche familiari e nelle dinamiche sociali); si prediligono linguaggi complessi anche con i bambini
Attraverso i linguaggi universali artistici Anna racconta di aver incontrato, all’interno del contesto in cui opera, un ventaglio molto ampio di emozioni: l’arte, secondo lei, avvicina e mette in contatto le persone, promuove il fare insieme, il fluire di pensieri ed emozioni attraverso i materiali e i colori.
Tra i bisogni principali emergenti nel territorio, secondo Anna c’è una grande richiesta di sostegno alla genitorialità, di spazi per i più piccoli, e di migliori equilibri famigliari nell’ autonomia-individuazione-vicinanza con i figli. La comunità può diventare una risorsa di fronte alle solitudini, alle fragilità e alle paure che attraversano il contesto sociale più ampio.
Tra le risorse più forti del contesto, Anna individua immediatamente il sostegno e la collaborazione dimostrati ogni giorno dal tessuto sociale del quartiere.
Per favorire incontro e dialogo tra le persone, Anna suggerisce di attivare e lavorare innanzitutto con la leggerezza: propone infatti di abbandonare la rigida tendenza a riflettere e analizzare i fenomeni per dare invece più spazio agli incontri spontanei, alle produzioni immaginative e gioviali che secondo lei rappresentano delle ottime occasioni di scambio e vicinanza. L’arte diventa così un vero e proprio strumento di espressione per chi ha voglia di stare insieme.
Per Anna il senso di comunità è l’appartenenza ad un gruppo che condivide problemi e sostegno reciproco.
Per il futuro guarda innanzitutto all’imminente apertura di un nuovo spazio nido presso 5Square e in generale si auspica un cambiamento sostanziale nel sistema scolastico italiano, così come la diffusione di un approccio alla conoscenza e alla natura che formi le future generazioni alla sensibilità e alla consapevolezza.
Gianluca
Gianluca
- Vigentino
- IT
- Via Giuseppe Ripamonti, 20141 Milano MI, Italia
- 03-2023
Gianluca ha lavorato per molti anni come barista ma la sua passione è il disegno. Diplomato al liceo artistico, aveva iniziato lavorando in delle agenzie di pubblicità. Dopodiché ha trovato lavoro come disegnatore di fotogrammi per i cartoni animati, tra cui menziona la serie animata di Lupo Alberto. Il disegno è la sua passione da quando era bambino e continua ad esserlo ancora oggi. Il suo sogno è infatti quello di poter realizzare un cartone animato da lui ideato. Gli piace infatti l’idea di creare un progetto suo piuttosto che lavorare come dipendente per qualcun altro.
Nato e cresciuto in zona San Siro, ora abita in fondo a Via Ripamonti. Di dove vive ora apprezza la tranquillità, il verde e la dimensione di paese. Gli piace infatti fare delle passeggiate al parco e a casa si prende cura del giardino. Tuttavia la sua occupazione preferita nel tempo libero rimane il disegno.
Per Gianluca una comunità dovrebbe essere inclusiva e accogliente e dovrebbe avere degli spazi aggregativi per stare insieme. In passato ha tenuto dei laboratori per bambini sulla creazione di animali in carta pesta in cui si è molto divertito. Il contributo che immagina poter dare alla comunità è quindi quello di svolgere delle attività artistiche con i bambini. Il suo auspicio per il futuro è quello di fare un lavoro che lo appassiona e che faccia divertire gli altri.